Partigiano "Funno", l'ultimo "bandito" di Gropparello
di Pierlino Bergonzi
di Pierlino Bergonzi
Qualche giorno fa una delle mie figlie mi ha fatto vedere la foto del partigiano Ugo Magnaschi sulla pagina dei necrologi del quotidiano “Libertà” e mi ha chiesto se lo conoscevo. Le ho risposto che lo conoscevo da sempre. Subito ribatte: “Come da sempre?”. “Sì da sempre!”. Ugo era una persona che dopo cinque minuti che ci stavi insieme avevi la certezza di averlo frequentato come un familiare stretto, da sempre appunto. Entrare in intimità con lui era obbligatorio, non c’era nessun ostacolo nel rapporto, ti mostrava subito la sua anima. Qualsiasi modo tu la pensassi, con Ugo non potevi schierarti, ti vinceva subito con la sua empatia, col suo comportamento disarmante. Con lui si poteva solo essere amici.
Ci si poteva anche chiedere come avesse potuto un carattere così assumere le responsabilità di un combattente partigiano, ma poi, quando lo vedevi infervorato prendere di mira qualche ingiustizia sociale del presente, si capiva subito che le due personalità potevano benissimo coesistere.
Era capace d’accendersi e parlare senza mai stancarsi per lungo tempo e sempre con l’entusiasmo alla massima potenza. Come facesse solo lui lo sapeva. E sì che la situazione personale non era proprio da gridare contentezza: da solo, con gli acciacchi obbligatori dell’anagrafe, con i ricordi dei tempi belli che non sarebbero mai più ritornati... Niente, quando lo incontravi, mica ti parlava di cosa gli aveva detto lo specialista della prostata, di qualche nuovo dolorino che lo aveva messo in ansia o di quante pasticche doveva assumere ogni giorno, e neanche si lamentava che la pensione era bassa e le spese per mangiare alte, le bollette aumentavano e gli introiti al palo.
Ugo guardava al pratico, all’essenziale. Tutto quello che eccedeva il necessario era di troppo. Io credo che la visione della società ideale di Ugo si possa riassumere nella bellissima frase di un suo collega partigiano francese e uomo delle istituzioni, Abbé Pierre: «La politica consiste nel sapere a chi si prendono i soldi e a chi li si debbano dare. Tutta la politica si riduce a questo: come effettuare la ripartizione e ristabilire la giustizia». (1)
No, trovarsi con Ugo non era mai ansiogeno, ma consolatorio, non seguiva l’approccio di un incontro comune, anche se erano passati anni pigliava a parlare come se ci si fosse visti cinque minuti prima. Non ti diceva come stava e nemmeno chiedeva a te come andava, né si parlava di cose basse e vili, ma sempre e solamente di principi, di giustizia sociale, “che ancora manca”, ripeteva come un mantra. Ti raccontava le sue partecipazioni alle manifestazioni, dove quasi sempre lui era il più “giovane”, e diceva che lo faceva per emanciparsi e farsi copiare. Poi seguitava mostrandoti le sue future iniziative, sempre di trincea... Insomma un ventenne pieno di santi ideali in un corpo di novantenne. Un entusiasmo così forte e spiccato io lo vedo solo nei miei nipotini.
Ugo questo era: un bambino. Ma non un uomo non cresciuto e rimasto infantile, no, era lui che si faceva piccolo. Piccolo proprio come i bambini citati da Matteo: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”
E per questo suo essere “piccolo” sono sicuro che si sarà già accomodato, accolto con gli onori dovuti, “nel regno dei cieli”. E, vista la sua incapacità di stare fermo, non oso pensare cosa stia combinando...
Ciao amico Ugo! Grazie per l’esempio che ci hai dato!
(1) Verità scomode di Abbé Pierre, Edizioni San Paolo 1996, p. 119
Ci si poteva anche chiedere come avesse potuto un carattere così assumere le responsabilità di un combattente partigiano, ma poi, quando lo vedevi infervorato prendere di mira qualche ingiustizia sociale del presente, si capiva subito che le due personalità potevano benissimo coesistere.
Era capace d’accendersi e parlare senza mai stancarsi per lungo tempo e sempre con l’entusiasmo alla massima potenza. Come facesse solo lui lo sapeva. E sì che la situazione personale non era proprio da gridare contentezza: da solo, con gli acciacchi obbligatori dell’anagrafe, con i ricordi dei tempi belli che non sarebbero mai più ritornati... Niente, quando lo incontravi, mica ti parlava di cosa gli aveva detto lo specialista della prostata, di qualche nuovo dolorino che lo aveva messo in ansia o di quante pasticche doveva assumere ogni giorno, e neanche si lamentava che la pensione era bassa e le spese per mangiare alte, le bollette aumentavano e gli introiti al palo.
Ugo guardava al pratico, all’essenziale. Tutto quello che eccedeva il necessario era di troppo. Io credo che la visione della società ideale di Ugo si possa riassumere nella bellissima frase di un suo collega partigiano francese e uomo delle istituzioni, Abbé Pierre: «La politica consiste nel sapere a chi si prendono i soldi e a chi li si debbano dare. Tutta la politica si riduce a questo: come effettuare la ripartizione e ristabilire la giustizia». (1)
No, trovarsi con Ugo non era mai ansiogeno, ma consolatorio, non seguiva l’approccio di un incontro comune, anche se erano passati anni pigliava a parlare come se ci si fosse visti cinque minuti prima. Non ti diceva come stava e nemmeno chiedeva a te come andava, né si parlava di cose basse e vili, ma sempre e solamente di principi, di giustizia sociale, “che ancora manca”, ripeteva come un mantra. Ti raccontava le sue partecipazioni alle manifestazioni, dove quasi sempre lui era il più “giovane”, e diceva che lo faceva per emanciparsi e farsi copiare. Poi seguitava mostrandoti le sue future iniziative, sempre di trincea... Insomma un ventenne pieno di santi ideali in un corpo di novantenne. Un entusiasmo così forte e spiccato io lo vedo solo nei miei nipotini.
Ugo questo era: un bambino. Ma non un uomo non cresciuto e rimasto infantile, no, era lui che si faceva piccolo. Piccolo proprio come i bambini citati da Matteo: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”
E per questo suo essere “piccolo” sono sicuro che si sarà già accomodato, accolto con gli onori dovuti, “nel regno dei cieli”. E, vista la sua incapacità di stare fermo, non oso pensare cosa stia combinando...
Ciao amico Ugo! Grazie per l’esempio che ci hai dato!
(1) Verità scomode di Abbé Pierre, Edizioni San Paolo 1996, p. 119
Il funerale
Foto sopra: ingresso del feretro nella chiesa del Corpus Domine il 25 settembre 2024. Foto sotto: l'uscita dopo la funzione.
Il funerale di Ugo è stato celebrato il 25 settembre 2024 nella chiesa del Corpus Domine in Piacenza. La cerimonia funebre è stata officiata dal reverendo don Giovanni Cacchioli, il quale durante l’omelia ha ringraziato Ugo per aver resistito all’oppressore e combattuto per la libertà. Il don si è mostrato molto riconoscente nei confronti dei partigiani, confessando che anche il suo babbo è stato un “bandito” che ha operato con le formazioni partigiane del parmense, le più agguerrite, insieme alle piacentine, del nord-Italia.
Se uno fosse capitato li per caso avrebbe di sicuro pensato che si trattava di un funerale di un “pezzo grosso”, tanto era la chiesa gremita di gente e la partecipazione emozionata dei presenti. Molte persone erano anziane come me, ma ho visto anche molti giovani, presenza inusuale, e per il giorno lavorativo e anche per la scarsa sensibilità che si riserva ad un funerale oggigiorno. Alcuni di questi giovani ho notato che avevano gli occhi umidi. E non mi risultavano come parenti stretti. Erano presenti molti stendardi delle associazione ANPI, mai visti così tanti a un funerale di un ribelle. È stato un evidente segno di quanto fosse amato Ugo, forse proprio per la sua capacità di schierarsi sempre con gli ultimi e gridare insieme a loro “vogliamo giustizia sociale!” In un intervista riportata tempo fa e riproposta per l’occasione in questa pagina si sente Ugo denunciare il “raggiro” a danno dei partigiani autentici come lui da parte dei soliti notabili i quali dopo guerra hanno ripreso in mano le redini e continuato come prima, facendo finta che nulla fosse accaduto.
“Cambiare tutto per non cambiare niente!” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”. Fatto! Le “cose buone” si devono perpetuare!
E Ugo ribatte amaramente: “Dai nostri capi abbiamo avuto troppe delusioni.” Aggiungerei che anche i "capi partigiani" di oggi sono portatori di delusioni; specie quando rifiutano l’aiuto ai partigiani ucraini. Ma questa è un’altra tristissima storia.
Per finire vorrei aggiungere che Ugo, con la preparazione che aveva, la sua intraprendenza, la sua intelligenza e il suo coraggio, se avesse voluto poteva sicuramente sedersi su qualche “cadreghino”. Non lo ha fatto, e questo ritorna a suo onore.
"Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia" e non di poltrone...
Se uno fosse capitato li per caso avrebbe di sicuro pensato che si trattava di un funerale di un “pezzo grosso”, tanto era la chiesa gremita di gente e la partecipazione emozionata dei presenti. Molte persone erano anziane come me, ma ho visto anche molti giovani, presenza inusuale, e per il giorno lavorativo e anche per la scarsa sensibilità che si riserva ad un funerale oggigiorno. Alcuni di questi giovani ho notato che avevano gli occhi umidi. E non mi risultavano come parenti stretti. Erano presenti molti stendardi delle associazione ANPI, mai visti così tanti a un funerale di un ribelle. È stato un evidente segno di quanto fosse amato Ugo, forse proprio per la sua capacità di schierarsi sempre con gli ultimi e gridare insieme a loro “vogliamo giustizia sociale!” In un intervista riportata tempo fa e riproposta per l’occasione in questa pagina si sente Ugo denunciare il “raggiro” a danno dei partigiani autentici come lui da parte dei soliti notabili i quali dopo guerra hanno ripreso in mano le redini e continuato come prima, facendo finta che nulla fosse accaduto.
“Cambiare tutto per non cambiare niente!” scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”. Fatto! Le “cose buone” si devono perpetuare!
E Ugo ribatte amaramente: “Dai nostri capi abbiamo avuto troppe delusioni.” Aggiungerei che anche i "capi partigiani" di oggi sono portatori di delusioni; specie quando rifiutano l’aiuto ai partigiani ucraini. Ma questa è un’altra tristissima storia.
Per finire vorrei aggiungere che Ugo, con la preparazione che aveva, la sua intraprendenza, la sua intelligenza e il suo coraggio, se avesse voluto poteva sicuramente sedersi su qualche “cadreghino”. Non lo ha fatto, e questo ritorna a suo onore.
"Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia" e non di poltrone...
Funerale di Ugo Magnaschi. Momento dell'uscita dalla chiesa del Corpus Domini.
Funerale di Ugo Magnaschi. Sosta nel sagrato della chiesa del Corpus Domini con saluti e canti della Resistenza.
L'intervista al partigiano "Funno"
Intervista a Ugo condotta da Silvana Caroli, Silvia Parmigiani e Pierlino Bergonzi.
I tre facevano parte di un gruppo di ricerca storico che ha ricostruito la vita di don Giuseppe Borea, crudelmente assassinato dai fascisti a seguito di un processo farsa. Nell’occasione il gruppo di ricerca ha intervistato decine di persone che si stimava avessero avuto a che fare con il cappellano della Divisione partigiana “Val d’Arda. Ugo, da testimone prezioso, è stato sentito più volte, e non solo sul caso Borea. Qui di seguito si riportano tre video effettuati durante l’“interrogatorio” fatto a Ugo nella fredda mattina del 21 febbraio 2019 a casa sua in Piacenza.
I tre facevano parte di un gruppo di ricerca storico che ha ricostruito la vita di don Giuseppe Borea, crudelmente assassinato dai fascisti a seguito di un processo farsa. Nell’occasione il gruppo di ricerca ha intervistato decine di persone che si stimava avessero avuto a che fare con il cappellano della Divisione partigiana “Val d’Arda. Ugo, da testimone prezioso, è stato sentito più volte, e non solo sul caso Borea. Qui di seguito si riportano tre video effettuati durante l’“interrogatorio” fatto a Ugo nella fredda mattina del 21 febbraio 2019 a casa sua in Piacenza.
Sotto alcune istantanee scattate durante l'"interrogatorio" del "bandito", avvenuto il 29 febbraio 2019.
Ugo, l'indefettibile combattente per la giustizia sociale
Località Chiesa Vecchia di Gropparello, 3 luglio 2011. Commemorazione dei partigiani caduti in combattimento o fucilati dai nazi-fascisti... E dopo gli interventi delle Autorità, il sindaco di Gropparello Ghittoni, l'onorevole De Micheli e il presidente dell'ANPI provinciale Pronti, arriva l'ora di Ugo. Non si possono per ragioni varie confrontare i discorsi, ma di gran lunga il più coinvolgente è stato quello di Ugo. Il più appassionato e vivo dei quattro.
Partigiani in cattedra
Gropparello, 24 marzo 2012. Scuola Media Statale di Gropparello.
Da "reietto" della società alla cattedra, mica male è. Caro Ugo ti sei tolto delle gran belle soddisfazioni dai. Grazie prima a te stesso e a gente come te, ma anche grazie alla lungimiranza degli attuali insegnanti che amano la libertà a tal punto che non temono di cedere la loro cattedra, sia pure per qualche ora, a un "bandito".
Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti da quando alla stessa ora in tutte le scuole del Regno d'Italia venivano somministrate le medesime lezioni e studiato con gli stessi libri scelti da uno solo "insegnante"...
Anche le copertine dei quaderni richiamavano un alto contenuto patriottico da versare nelle piccole coscienze per trasformarle in peggio: per farne degli automi pronti all'obbedienza "cieca e assoluta".
Nulla doveva essere lasciato alla decisione dei singoli, tanto più se questi erano insegnanti.
"Nel 1931 fu imposto a tutti i professori universitari di giurare fedeltà al regime fascista. Solo 12 professori su 1225 rifiutarono di prestare giuramento: Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzatto.
Tutti furono destituiti dalla cattedra universitaria di cui erano titolari." (1)
(1) I dodici professori che non hanno giurato, Paolo Valabrega 6 maggio 2014, (Politecnico di Torino, www,swas.it)
Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti da quando alla stessa ora in tutte le scuole del Regno d'Italia venivano somministrate le medesime lezioni e studiato con gli stessi libri scelti da uno solo "insegnante"...
Anche le copertine dei quaderni richiamavano un alto contenuto patriottico da versare nelle piccole coscienze per trasformarle in peggio: per farne degli automi pronti all'obbedienza "cieca e assoluta".
Nulla doveva essere lasciato alla decisione dei singoli, tanto più se questi erano insegnanti.
"Nel 1931 fu imposto a tutti i professori universitari di giurare fedeltà al regime fascista. Solo 12 professori su 1225 rifiutarono di prestare giuramento: Francesco Ruffini, Mario Carrara, Lionello Venturi, Gaetano De Sanctis, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Ernesto Buonaiuti, Giorgio Errera, Vito Volterra, Giorgio Levi della Vida, Edoardo Ruffini Avondo, Fabio Luzzatto.
Tutti furono destituiti dalla cattedra universitaria di cui erano titolari." (1)
(1) I dodici professori che non hanno giurato, Paolo Valabrega 6 maggio 2014, (Politecnico di Torino, www,swas.it)
Nelle fotografie qui sopra si vede Ugo che parla, col suo solito fervore, ai ragazzi della Scuola Media di Gropparello, i quali, ben preparati dai loro insegnanti, avevano messo a punto tantissime domande per il "nonno resistente". Il "giovane ribelle" non li ha delusi anzi, li ha coinvolti a tal punto che sarebbero stati lì oltre al tempo stabilito. Cosa alquanto strana nei ragazzi che frequentano i banchi di una scuola, di solito aspettano il trillo della campanella come una liberazione. Ciò dimostra, se ce ne fosse ancor bisogno, che sono gli insegnanti che possono destare gli entusiasmi nelle giovani menti... E, di contro, dimostra che se non avviene sono gli insegnanti non all'altezza del compito che abbiamo assegnato a loro. Aggiungerei un esempio, mio personale, di una docente non all'altezza del compito che la Repubblica le aveva assegnato. Primi anni Sessanta, Scuola Media di Gropparello, quando ancora le aule erano nell'attuale canonica. Io bimbetto sedevo proprio dove ora ha l'ufficio don Lodovico Groppi. Il primo giorno di lezione di storia si presenta la nostra insegnante e ci parla per le intere due ore dei suoi incontri intimi, che a suo dire aveva ciclicamente, con la Vergine Santa. E la Storia? Di sera raccontai tutto a mio padre "Tobruk", che aveva militato nella stessa Brigata di Ugo. Uomo di pochissime parole, mio papà scosse la testa senza aggiungere una sillaba. Io capii al volo il messaggio di "Tobruk": "Prendi con le molle quel che dice questa professoressa e non fidarti di lei".
"Lettera a una professoressa" di don Lorenzo Milani ancora non era stata scritta, ma dubito che la prof abbia "sprecato" tempo a leggere le parole di un povero prete di montagna quando poteva conferire direttamente con ben più alte Autorità. Un vero peccato perché avrebbe potuto imparare l'a b c dell'insegnamento e accendere così nell'animo dei suoi alunni l'entusiasmo di conoscere, di sapere, di crescere, di diventare adulti responsabili insomma (traguardo raggiungibile solo con un serio impegno nello studio), anziché imbambolarli e ammorbarli con le sue improbabili visioni... Per fortuna che vi erano anche professori che senza aspettar lo stimolo dei "monelli di Barbiana" già sapevano cosa fare e, senza "visioni mistiche" né puzzette sotto il naso, dedicavano tutto il loro essere per sviluppare le coscienze dei ragazzi a loro affidati. Mi piace ricordare il professore Alberto Gromi, un vero "guerriero" dell'insegnamento. Ancora oggi ogni tanto mi riscopro a pensare le sue lezioni di italiano e lo slancio spirituale che mi trasmetteva quando leggeva qualche poesia. Era il mio prof di lettere. L'unico che ha lasciato un segno nella mia anima selvaggia. Anni dopo è stato anche il preside di mia figlia al Liceo Gioia di Piacenza. Grazie infinite carissimo professore. A scuola non ho collezionato che fallimenti, ma l'amore per lo studio e l'ansia di migliorarmi in continuazione fino ad ora non mi hanno mai abbandonato. E questo lo devo anche a Lei.
"Lettera a una professoressa" di don Lorenzo Milani ancora non era stata scritta, ma dubito che la prof abbia "sprecato" tempo a leggere le parole di un povero prete di montagna quando poteva conferire direttamente con ben più alte Autorità. Un vero peccato perché avrebbe potuto imparare l'a b c dell'insegnamento e accendere così nell'animo dei suoi alunni l'entusiasmo di conoscere, di sapere, di crescere, di diventare adulti responsabili insomma (traguardo raggiungibile solo con un serio impegno nello studio), anziché imbambolarli e ammorbarli con le sue improbabili visioni... Per fortuna che vi erano anche professori che senza aspettar lo stimolo dei "monelli di Barbiana" già sapevano cosa fare e, senza "visioni mistiche" né puzzette sotto il naso, dedicavano tutto il loro essere per sviluppare le coscienze dei ragazzi a loro affidati. Mi piace ricordare il professore Alberto Gromi, un vero "guerriero" dell'insegnamento. Ancora oggi ogni tanto mi riscopro a pensare le sue lezioni di italiano e lo slancio spirituale che mi trasmetteva quando leggeva qualche poesia. Era il mio prof di lettere. L'unico che ha lasciato un segno nella mia anima selvaggia. Anni dopo è stato anche il preside di mia figlia al Liceo Gioia di Piacenza. Grazie infinite carissimo professore. A scuola non ho collezionato che fallimenti, ma l'amore per lo studio e l'ansia di migliorarmi in continuazione fino ad ora non mi hanno mai abbandonato. E questo lo devo anche a Lei.
Le memorie partigiane e di vita del ribelle "Funno"
L'amico Giuseppe Esposti, genero di Ugo, ci ha inviato il libro che "Funno" ha scritto per coloro che non potranno più ascoltare direttamente dalla sua voce i suoi racconti. Il grac ringrazia e, col permesso dei famigliari, mette a disposizione dei lettori, nel formato pdf, l'opera di Ugo. Con un semplice clic si può scaricare il libro al link sottostante.
Autobiografia, di Ugo Magnaschi | |
File Size: | 8043 kb |
File Type: |
Del partigiano Ugo Magnaschi si parla anche in queste pagine del Grac
Nota
Le foto e i video contenute in questa pagina web, sono di proprietà di Pierlino Bergonzi. Sono liberamente scaricabili e usufruibili solo per uso privato. Per ogni altro utilizzo si rimanda al regolamentato della legge sul copyright.
Pagina pubblicata il 28 settembre 2024