Giuseppe Miserotti, il partigiano della Cementirossi di Giuseppe Zurla

Giovedì 16 ottobre 2014 a Montechino si sono svolti i funerali di Giuseppe Miserotti, il partigiano Athos, presidente per 10 anni della locale sezione ANPI di Gropparello/Carpaneto. Una cerimonia semplice e partecipata da tante persone anziani e giovani accorse per onorarlo e essere vicini ai famigliari. Io ebbi l'opportunità di conoscerlo e di apprezzarlo già negli,anni '70 perché era un collega di lavoro di un mio zio. Grazie all'impegno dell'ANPI di Gropparello che ha collaborato a promuovere la celebrazione dell'otto Agosto (ricorrenza della prima liberazione del paese) qualche tempo fa si è provveduto ad intervistare con videoregistrazioni gli ultimi protagonisti della Resistenza. Un lavoro importante e minuzioso atto a salvare la memoria quasi a compensare, almeno in parte, tutto quello che si sarebbe potuto fare solo qualche decennio prima quando tanti partigiani erano ancora vivi. In questo modo e' stato possibile riascoltare la sua testimonianza dalla quale scaturisce una storia che a quei tempi era comune a tante famiglie di montagna e che ora può dare parecchi spunti di riflessione ai giovani delle ultime generazioni. Giuseppe, classe 1920 nasce ai Frati, un gruppo di case tra Riglio e Montechino da una famiglia di braccianti agricoli primo di altri 4 fratelli e una sorella. Appena terminate le scuole elementari come primogenito di una famiglia numerosa venne subito avviato al lavoro e per lui si tratto' di accudire gli animali nella stalla. Un lavoro ingrato con paghe misere appena sufficienti alla sussistenza, nessuna tutela sindacale niente ferie e nessuna forma di TFR. Il diversivo a questo genere di vita fu la partenza per il servizio militare nel 1941, quando l'Italia era già entrata in guerra a fianco della Germania nazista. Fu destinato a un reggimento inviato in Sicilia probabilmente per contrastare lo sbarco degli alleati. Ma ecco il 25 Luglio, la caduta del fascismo e l'armistizio gestito in maniera pessima dal Re e dallo Stato Maggiore che fuggirono lasciando l'esercito senza ordini e allo sbando. Ci fu chi combatte' valorosamente e ci fu anche chi, pur in superiorità numerica, vilmente ordino' la resa e la consegna delle armi ai tedeschi. Così i soldati italiani furono catturati e chiusi su un treno che lentamente risalì la penisola con destinazione Brennero e poi i campi di concentramento in Germania. Per una serie di circostanze fortuite il convoglio fece tappa a Piacenza da dove in parecchi, e tra questi Giuseppe, gettandosi dai finestrini riuscirono a fuggire all'impazzata disperdendosi in tutte le direzioni. I fascisti, dopo lo sbandamento iniziale, si stavano riorganizzando nella appena costituita Repubblica Sociale ed emisero da subito bandi di chiamata alle armi minacciando fucilazione a chi non si fosse presentato.

A Gropparello i ras locali tra cui il farmacista e il parroco facevano forti pressioni per convincere i giovani all'arruolamento ma Giuseppe senza esitazioni seppe scegliere la strada giusta che era anche la più difficile. Se ne andò in montagna ad ingrossare le file dei ribelli, e con la sua squadra, capitanata da Timbri, si attesto' tra il passo del Pelizzone e il monte Lama. Nel suo racconto ci parla di incursioni sulla via Emilia per fare prigionieri, procurarsi armi, generi alimentari, pezzi di ricambio, medicine e quant'altro potesse servire a una comunità che andava via via ad ingrossarsi. Conosce Wladimiro Bersani, e Giuseppe Prati che successivamente prenderà il comando della divisione. Durante il primo rastrellamento estivo il suo gruppo resto' unito e riuscì a sfuggire alla cattura vagando tra la Valdarda e la Valchero in posti impervi che conoscevano bene. Nel prosieguo del racconto non ha parole d'odio per nessuno ma la voce gli s'incrina e sono momenti di forte commozione nel ricordo dei suoi compagni morti. Racconta del Griso (Felice Ziliani) e della sua grande personalità' e dei suoi paesani Bruno, Vittorio, Arturo, Gino. Nelle memorie del secondo terribile rastrellamento ai primi di gennaio tra forti nevicate ricorda ancora la traversata in fila indiana dell'Arda gelata e lo scricchiolare del ghiaccio che, ad ogni passo sembrava aprirsi per inghiottirli. A Liberazione avvenuta fu a Piacenza per la consegna delle armi a Palazzo Farnese e poi, assieme a tanti come lui, torno' semplicemente e tranquillamente al lavoro senza aspettarsi riconoscimenti di sorta. Fu assunto alla Cementirossi nel 1946 e nel 1948 sposo' la sua Maria, acquisto' un fazzoletto di terreno che ogni sera, dopo una giornata in cava a Teglio, lo vedeva impegnato nella costruzione della casa per se è per i suoi figli. Per raggiungere il posto di lavoro non c'erano mezzi pubblici, erano 2 ore a piedi tra carraie sentieri, pure in 34 anni mai una giornata d'assenza. In pensione a 60 anni nel 1980 e l'altro giorno ben 34 anni dopo un dirigente dello stabilimento era al suo funerale per testimoniare le sue integerrime qualità e la riconoscenza dell'azienda. Mi chiedo se esistano ancora personaggi del genere.
Sventolavano i tricolori nella brezza di questo dolce autunno mentre il corteo saliva al cimitero accompagnando il partigiano nel suo ultimo viaggio. Riposa in pace Giuseppe, uomo buono e giusto, e che la terra ti sia leggera.
Sventolavano i tricolori nella brezza di questo dolce autunno mentre il corteo saliva al cimitero accompagnando il partigiano nel suo ultimo viaggio. Riposa in pace Giuseppe, uomo buono e giusto, e che la terra ti sia leggera.