Le imprese del sottotenente pilota Domenico Lusardi
Nel cimitero di Carmiano riposa il pilota Domenico Lusardi insignito di medaglia di argento al Valore Militare, e di Bronzo e Oro al Valore Aeronautico, inoltre dal 7 febbraio 1968 collocato nel ruolo d'Onore, per le coraggiose imprese compiute nel corso della seconda guerra mondiale in Africa Orientale. È oggi sepolto sotto quella terra che era abituato a vedere dal cielo quando si divertiva a spaventare i famigliari compiendo ogni sorta di acrobazie che ancora oggi vengono ricordate e descritte da chi le ha vedute. Nato a Piacenza l'11 maggio 1911 raggiunti i 18 anni fu aviere volontario nella aeronautica in qualità di allievo sergente del corso speciale di pilotaggio aereo. Nell'agosto del 1931 fu nominato pilota su apparecchio Balilla e successivamente pilota militare su aeroplano Fiat CR20. Alla fine del 1936 fu in servizio presso il Regio aeroporto di Ciampino nord. Nel 1941 il sottotenente Lusardi, è addetto con un velivolo Caproni Ca133, ai voli tra l'Italia e l'Africa.
Foto a sinistra: Domenico Lusardi in divisa da pilota (archivio Luigi Buratti, Fiorenzuola Val d'Arda). |
Il volo Gondar-Gedda
Nel 1941 il sottotenente Lusardi, è addetto con un velivolo Caproni Ca133, ai voli tra l'Italia e l'Africa.
L'offensiva inglese sul territorio dell'Africa Orientale Italiana stava travolgendo ogni difesa, e anche a Gondar ci si rendeva conto che l'occupazione nemica non poteva essere lontana. Il generale Nasi non poteva più utilizzare l'aviazione ormai esausta di mezzi e di carburante. Occorreva salvare il salvabile, ma la madre patria era troppo lontana, e se era impossibile sperare di ricevere aiuti, era quasi altrettanto azzardato pensare di farvi giungere uomini e materiale. Vi erano però alcuni importanti documenti segreti riguardanti gli ufficiali italiani della colonia, che dovevano essere fatti pervenire personalmente al ministro degli esteri conte Galeazze Ciano. Il generale, che ben conosceva le doti di navigatore del S. Tenente Lusardi, gli affida l'incarico di rientrare in patria col suo Ca133 e con i documenti. La prospettiva di una trasvolata piena di incognite e di rischi di carattere tecnico e militare è quanto di meglio si poteva presentare a Lusardi che col suo equipaggio di sei uomini, è pronto a partire. Il tutto avrebbe dovuto apparire come un volo di linea civile. Infatti, non essendo possibile attraversare l'Africa d'un balzo, l'aeroplano doveva necessariamente atterrare in zona neutrale, e, per poter proseguire secondo le convenzioni internazionali, non si doveva generare alcun sospetto di appartenenza militare. Alle ore 1,30 del 15 giugno 1941, sul campo di Gondar, i motori del CA133 sono già in funzione. L'equipaggio è al suo posto. Il Ca133 era un trimotore ad ala alta, con carrello fisso ed eliche bipala; i due motori laterali erano sospesi ad una incastellatura collocata al di sotto delle ali. L'aspetto esteriore era quello di un vero e proprio cassone, già fin da allora vecchio e superato. Poteva raggiungere la velocità massima di 230 Km. orari alla quota di 2000 m., ma la sua velocità di crociera si aggirava sui 170; era comunque fidato e tenace come un vecchio cane da riporto. Volando sui quattromila metri, Lusardi incontra piovaschi e temporali, sorvola l'altopiano etiopico, attraversa il territorio occupato dal nemico, ed è finalmente sul mar Rosso. Ma la costa dell'Arabia Saudita è già in vista, e l'aereo può atterrare esausto a Gedda sul deserto, alle 8,15. Presso le autorità arabe Lusardi si giustifica attribuendo l'atterraggio a forza maggiore, ma tutti vengono internati per avere violato le norme che vietavano di prendere terra nello Stato senza preventiva autorizzazione. Gli abiti civili e i passaporti opportunamente addomesticati non lasciano ritenere che si tratti di militari, cosicché gli aviatori vengono alloggiati presso la villa del figlio primogenito di Ibn Saud re dell'Arabia. Dalla palazzina, Lusardi poteva osservare il profilo del suo Caproni disegnarsi lontano sulla sabbia del deserto arabo ove era stato lasciato. Architetta uno stratagemma. Con una certa indifferenza discorrendo un po' in arabo, un po' in Italiano riesce a far allentare la vigilanza dei suoi carcerieri e al tramonto all'ora della preghiera degli arabi può raggiungere, camuffato da venditore ambulante, il suo aereo e una carovana di mercanti dai quali riesce ad ottenere, in cambio di preziosi che erano stati ben nascosti nel velivolo, la promessa di avere del carburante. I carovanieri sono di parola e gli consegnano alcuni recipienti pieni di benzina. Aiutato dal motorista, col favore del buio raggiunge il suo aereo e seppellisce nella sabbia il carburante, ripetendo l'operazione per diverse notti fino a raggiungere il quantitativo occorrente. Ormai era al quarto mese del suo internamento. Le autorità arabe non avevano ancora concesso il nulla osta alla ripresa del viaggio. Come caricare la benzina? Il comandante chiede ed ottiene di poter ispezionare l'aeroplano sotto il pretesto di ripulirlo e rimetterne a punto l'efficienza, poiché il sole, la sabbia e la salsedine dovevano averlo ridotto piuttosto male; e così gli arabi lo lasciano fare. Ma intanto era l'occasione buona per dissotterrare la benzina e fare il massimo rifornimento. Aiutato dall'equipaggio, provvede ad una accurata revisione e carica dodicimila litri di carburante (il massimo consentito erano settemila litri). Salgono a bordo, il Comandante Lusardi, tira al petto i comandi, ma la corsa non accenna a tramutarsi in volo. Per di più il tubo di scappamento del motore centrale, corroso dalla salsedine, con tutte quelle vibrazioni, si era staccato. Le fiamme dello scarico, non più convogliate, fanno corona al motore disturbando la visibilità, non tuttavia al punto da impedire al pilota di notare sul terreno, avanti a sé, un rilevamento: quasi un arginello messo lì apposta dalla provvidenza a fare da trampolino di lancio. Lusardi vi punta deciso sotto gli sguardi dell'equipaggio inorridito e stupefatto. L'aeroplano è come catapultato in alto, si tiene in aria a fatica ma volta, vola basso sul mare, e il peso è tale (10 quintali oltre il massimo consentito) che per circa un'ora si mantiene all'altezza di cento metri fino a che il consumo del carburante non lo alleggerisce consentendogli di fare più quota, in direzione di Berna, oltre duemila chilometri più avanti (si noti che il volo più lungo che avrebbe potuto fare un Ca133 si valutava sui 1400 Km.). Sono le ore 18. Regolato il regime del motore, le fiamme vengono contenute. A mezzanotte sorvola il Nilo inseguito da una debole reazione contraerea. Alle 5,30 restava solo mezz'ora di carburante. Allora esce di sotto la coltre di nubi per eseguire la navigazione a vista, e si accorge di sorvolare il porto di Tobruk. Subito si apre contro di lui il nutrito fuoco delle batterie costiere. L'aereo viene colpito in più parti (verranno poi contati 74 fori dovuti al tiro contraereo). Il motore centrale ne ha risentito più che le altre parti. Lusardi toglie i contatti, ma il motore ha un ritorno di fiamma e l'aereo comincia a cadere sopra l'aeroporto. Da terra vedono la fiammata e cessano il tiro. L'aeroplano sembra veramente perduto, ma Lusardi sa il fatto suo. A pochi metri da terra da tutta manetta. Il motore riprende a tirare che è una meraviglia, e l'aeroplano viene raddrizzato a soli tre metri dal terreno, nel bel mezzo dell'aeroporto occupato dagli inglesi, per filare via a tutto gas inseguito dalle centinaia di traccianti che le mitragliere del campo avevano ripreso a sgranare.
Una macabra scoperta
Presto l'apparecchio è fuori tiro, ma deve atterrare nel deserto libico per mancanza di carburante, trenta chilometri a sud di Ain el Gazala. Ma per essere al sicuro si doveva raggiungere Derna. Per questo, non restavano altro che le gambe e il senso dell'orientamento del comandante perché non vi erano carte topografiche, e la bussola del'aereo si era smagnetizzata. Sotto il sibilare dei proiettili che gli inglesi inviavano ai tedeschi, e viceversa, Lusardi e i suoi uomini seppel-liscono nella sabbia la cassetta dei documenti alla distanza di 50 metri prendendo come punto di riferimento l'asse longitudinale dell'aereo. Quindi si dividono nelle due direzioni ritenute possibili per raggiungere Derna, orientandosi sull'osservazione delle stelle. Lusardi con Caputo e De Caro dirigono a nord; Barilli e Di Biagio a nord-est. Chi fosse stato più fortunato avrebbe fatto disporre le ricerche per gli altri.
19 ottobre 1941. Il «Caproni 133» successivamente giunto a Roma viene esaminato dagli ufficiali dell'aeronautica, in particolare vengono osservati i fori: quello su cruscotto che mise fuori uso la bussola e il secondo che mandò in frantumi il parabrezza sinistro.
Raccolte le provviste rimaste, si pongono in marcia; ma,' dopo un giorno, sembra di vivere in un incubo angoscioso. Il pericolo della disidratazione comincia a prospettarsi per l'esaurimento della riserva d'acqua. Il secondo giorno la situazione diventa più drammatica. Si tenta persine di dissetarsi con la propria orina. Ad un certo punto incontrano uno strano segnale infisso nella sabbia: un trave bene squadrato contornato da pietre. Il pensiero che possa trattarsi di un pozzo ricoperto infonde nuova speranza ai nostri che, insieme, si buttano a rimuovere i sassi e a scavare a piene mani; ma non era che una sepoltura, e ben presto Lusardi si ritrova a rivoltare un teschio dalle vuote occhiaia. Ogni tanto sembrava che l'infinito silenzio fosse rotto dal lontano abbaiare di un cane. I tre uomini avevano ascoltato trattenendo il fiato, e quando furono certi che si trattava proprio di un cane, si convinsero altrettanto bene che bisognava marciare nella direzione da cui proveniva quel suono appena percettibile. Ma tutto si fondeva nell'immensità dello spazio, e non potevano essere certi di procedere nella direzione giusta. La terza notte erano allo stremo delle forze, e ciascuno sentiva di essere prossimo alla fine. Ma ad un tratto, quel cane che da diverso tempo non si era più fatto sentire, comincia a latrare. Questa volta è molto vicino. Lusardi non esita un attimo. Con uno sforzo di cui non si credeva capace riprende il cammino mentre gli altri non ce la fanno più a muoversi. A un tratto, nel buio rotto dalle luci delle stelle, intravede la sagoma dell'animale che gli viene incontro. Lusardi cammina, quasi corre verso di esso. Il cane torna indietro inseguito dall'uomo; si ferma, abbaia, corre via. Il gioco si ripete più volte, ma Lusardi lo segue sempre, finché giunge in vista di un accampamento arabo. Viene soccorso e poi seguendo le istruzioni dei beduini riesce a raggiungere un comando tedesco, ma qui è tenuto prigioniero, non essendo egli in grado di provare la sua qualità di ufficiale italiano e non apparendo credibile la vicenda da lui vissuta. Dietro sue insistenze viene interessato il generale Aimone Cat e la sua situazione può essere finalmente chiarita e provata. Frattanto gli altri componenti l'equipaggio erano stati recuperati, e tutti possono sedere alla mensa ufficiali dove non fu mai visto mangiare e bere con tanto gusto. Ora però, occorreva recuperare l'aereo, e il giorno stesso (12 ottobre) il generale Aimone Cat lo conduce in volo di ricognizione. Il Caproni 133 viene avvistato e segnato sulla carta. Ritornata alla base, Lusardi organizza la spedizione per il rifornimento. Con un altro aereo e con una squadra di specialisti, atterra accanto al proprio apparecchio che viene rimesso a punto. Dopo aver recuperato i documenti può partire per Derna, ma vuole farlo alla guida dell'I-ETIO, che è ormai deciso a riportare in Patria, e soltanto dopo avere portato al sicuro l'apparecchio si lascia ricoverare in infermeria per rimettersi in forze. Intanto, il generale Valle aveva trasmesso al generale Aimone Cat il seguente telegramma: «Provvedi a far sì che Lusardi con il suo aereo o via mare o via Bengasi, Tripoli rientri in Italia. Quel vecchio cassone era stato revisionato da mani sapienti, ed aveva dato prova di essere migliore di tanti altri. Non c'era ragione di cambiarlo. E poi Lusardi aveva fatto voto alla Madonna di Loreto, che sarebbe tornato con quello stesso aeroplano a farle omaggio del suo casco di volo e dei suoi occhiali da pilota. Niente e nessuno gli avrebbe fatto cambiare proponimento. Si trattava soltanto di aspettare il momento più adatto per evitare l'intercettazione della caccia inglese.
L'occasione favorevole si presenta la notte del 19 ottobre quando una forte tempesta rendeva proibitivi i voli ad ogni tipo di aereo, ma non a Lusardi che la sera tra le 22 e le 23 parte da Derna con il suo equipaggio meno entusiasta di lui sulla scelta del momento e del mezzo di trasporto. Il CA 133 è squassato dal vento, ma il pilota sa come reggerlo e mantiene costantemente la prua sui gradi indicati dalla nuova bussola opportunamente compensata. L'arrivo era stato preannunciato a Lecce, ma quando la mattina gli aviatori intravedono la costa italiana, tutti sono d'accordo nell'atterrare a Brindisi il cui aeroporto era più vicino. Su questa rotta, però, il volo non era stato segnalato, e così l'apparecchio è sottoposto ai tiri della contraerea italiana che per fortuna non coglie il bersaglio I-ETIO può finalmente atterrare, questa volta un po' zoppicante perché, dulcis in fundo, al contatto con la pista, la ruota di sinistra si era afflosciata senza altra conseguenza. Il generale Valle, informato dell'atterraggio, invia subito sul posto il colonnello Battaglia a porgere il suo saluto ai trasvolatori. Alle 13 il CA-133 può partire per Roma, ma prima di far rotta sull'aeroporto dell'Urbe, sorvola il Santuario di Loreto. Da terra qualcuno alza lo sguardo incuriosito, e ad un certo momento vede qualcosa staccarsi dal velivolo e cadere: il casco e gli occhiali di volo che il pilota aveva lanciato a scioglimento del voto. L'indomani Lusardi consegnava personalmente a Ciano, alla presenza di Mussolini, la cassetta dei documenti e tutto quanto gli era stato affidato.
L'occasione favorevole si presenta la notte del 19 ottobre quando una forte tempesta rendeva proibitivi i voli ad ogni tipo di aereo, ma non a Lusardi che la sera tra le 22 e le 23 parte da Derna con il suo equipaggio meno entusiasta di lui sulla scelta del momento e del mezzo di trasporto. Il CA 133 è squassato dal vento, ma il pilota sa come reggerlo e mantiene costantemente la prua sui gradi indicati dalla nuova bussola opportunamente compensata. L'arrivo era stato preannunciato a Lecce, ma quando la mattina gli aviatori intravedono la costa italiana, tutti sono d'accordo nell'atterrare a Brindisi il cui aeroporto era più vicino. Su questa rotta, però, il volo non era stato segnalato, e così l'apparecchio è sottoposto ai tiri della contraerea italiana che per fortuna non coglie il bersaglio I-ETIO può finalmente atterrare, questa volta un po' zoppicante perché, dulcis in fundo, al contatto con la pista, la ruota di sinistra si era afflosciata senza altra conseguenza. Il generale Valle, informato dell'atterraggio, invia subito sul posto il colonnello Battaglia a porgere il suo saluto ai trasvolatori. Alle 13 il CA-133 può partire per Roma, ma prima di far rotta sull'aeroporto dell'Urbe, sorvola il Santuario di Loreto. Da terra qualcuno alza lo sguardo incuriosito, e ad un certo momento vede qualcosa staccarsi dal velivolo e cadere: il casco e gli occhiali di volo che il pilota aveva lanciato a scioglimento del voto. L'indomani Lusardi consegnava personalmente a Ciano, alla presenza di Mussolini, la cassetta dei documenti e tutto quanto gli era stato affidato.
II Caproni Ca-133 appena giunto a Roma. A terra i plichi di documenti.
Le eroiche gesta del pilota Domenico Lusardi si sono succedute nel cielo del Mar Rosso e del Mediterraneo dal 7 giugno al 18 ottobre del 1941. A Domenico Lusardi furono conferite due medaglie al Valore Aeronautico e una terza al Valore Militare. Questa la motivazione della Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico. «Pilota e navigatore di grande perizia in un momento particolarmente critico, affrontava con apparecchio non adatto per lunghi percorsi le insidie di una difficile e lunghissima rotta per raggiungere dalle più lontane terre dell'Impero, la Madre Patria. Nonostante una sosta forzata in terra straniera, la vigile sorveglianza subita, le ardue difficoltà incontrate, attrezzava il velivolo caricandolo oltre i limiti di sicurezza pur di raggiungere ad ogni costo la meta. Il suo generoso slancio, dopo epico volo, veniva coronato da successo. Dava così prova di grande capacità professionale, di ferrea volontà, di sereno e cosciente ardimento, di profondo e purissimo sentimento patrio».
Altra immagine del Caproni Ca-133 di Lusardi appena giunto a Roma. l'equipaggio posa davanti al velivolo e ai loro piedi i preziosi documenti trasportati dall'Africa (Archivio Luigi Buratti)
Note
Questo articolo è già stato pubblicato sul periodico “Il Ponte”, nella rubrica "Schegge di Storia", (supplemento de “Il Nuovo Giornale”, Direttore responsabile Gianfranco Gatti, Condirettore il Parroco Pro-tempore di Ponte dell’Olio), sui numeri: 6/93; 1/94; 2/94.
Il Grac ringrazia gli Autori della ricerca, dottor Giovanni Pilla, il ricercatore Giancarlo Anselmi e l'Editore, nella persona di Don Mauro Bianchi, per la concessione alla pubblicazione sul sito del gracpiacenza. Si ringrazia inoltre il ricercatore Pierluigi Valla per il lavoro di digitalizzazione della rivista.
Pagina pubblicata il 26 settembre 2019