Don Pietro Castellano, il parroco di Negruzzo scomparso nella bufera
di Ugo Pasini
di Ugo Pasini
Don Pietro Castellano, nato a Sarezzano (AL) nel 1888, parroco di Negruzzo nell'alta Val Staffora, a fine febbraio dell'anno 1924, torna al paese natio per celebrare le nozze del fratello Luigi, più giovane di lui di tre anni. Si ferma giusto il tempo necessario, lunedì 3 marzo è gia sulla strada del ritorno attraverso i monti, a piedi naturalmente; si era impegnato a rientrare in parrocchia per le funzioni del giorno seguente, martedì delle Ceneri. Lungo il tragitto si ferma per una sosta di ristoro presso il parroco di Selvapiana. Ma al momento di riprendere il viaggio il tempo, già imbronciato prima, peggiora ulteriormente e minaccia neve. Il prevosto di Selvapiana ed anche alcuni valligiani cercano di convincerlo a restare li, a non avventurarsi con quel tempo minaccioso, anche considerando le poche ore di luce che ancora ci sono prima che cali il buio nero. Don Pietro ascolta con attenzione i consigli di buon senso, ma l'impegno che avrà l'indomani nella sua chiesa ha il sopravvento e decide di partire, confidando sulla sua buona tempra e la buona conoscenza dei luoghi. Si avvia lungo la mulattiera nei boschi di Forotondo per poi valicare il Monte Boglelio e scendere quindi a Negruzzo. Mentre sta attraversando la dorsale del Boglelio però, il tempo, già brutto, si trasforma in una violentissima bufera di neve. Impossibile proseguire: non ci si vede ad un palmo, la neve che entra fin sotto i vestiti con la violenza del vento che urla. Conviene fermarsi. Trova un anfratto e cerca di ripararsi alla meglio in attesa che cali la tempesta. Ma la tormenta non s'acquieta e prosegue per ore, fino a coprire tutto di bianco, anche Pietro.
Lo ritroveranno accovacciato senza vita, accanto al suo bagaglio, in quel ricovero naturale di fortuna, solo dopo dieci giorni di affannose ricerche, quando la neve sciogliendosi permetterà di avvistarlo. Viene rinvenuto all'una del pomeriggio del 10 marzo, poco sotto il valico, in località "Bagneu", a circa 300 metri dall'attuale rifugio. La salma viene trasportata, con una lesa, nel Municipio di Forotondo (allora era Comune), dove si allestisce una camera ardente improvvisata. La domenica successiva, 16 marzo 1924, avviene la sepoltura nel cimitero del suo paese natio, Sarezzano, in una splendida giornata di sole.
Nel 2002 fu posto un piccolo monumento, il "Sasso", in località Languione, comune di Santa Margherita Staffora, per ricordare il sacrificio di questo Pastore d'anime, morto assiderato per servizio. Il nipote Bruno, nato dal matrimonio (da lui officiato) fra Adelina e suo fratello Luigi, diverrà un ribelle della resistenza armata e morrà sui monti nel 1945, a vent'anni. Il suo nome di battaglia era "Bufera".
Nel 2002 fu posto un piccolo monumento, il "Sasso", in località Languione, comune di Santa Margherita Staffora, per ricordare il sacrificio di questo Pastore d'anime, morto assiderato per servizio. Il nipote Bruno, nato dal matrimonio (da lui officiato) fra Adelina e suo fratello Luigi, diverrà un ribelle della resistenza armata e morrà sui monti nel 1945, a vent'anni. Il suo nome di battaglia era "Bufera".
Sopra: monumento (con le targhe) eretto nel 2002 a memoria di Don Pietro Castellano, posto in località Languione, comune di Santa Margherita Staffora .
A lato: la tragica notizia riportata da "IL POPOLO" il 14 marzo 1924. Sotto: Il Rifugio Monte Boglelio, costruito in località "Laguiòn" (uno dei primi alberghi/rifugio sulle nostre montagne) venne inaugurato nel 1928. Durante la guerra diventerà il quartier generale dei partigiani della zona, ma durante un rastrellamento i nazifascisti lo incendiarono e distrussero. |
Nel tardo autunno del 1943 il Rifugio Belvedere fu anche ricovero saltuario e clandestino per una quindicina di soldati inglesi fuggiti dopo l'otto settembre 1943 dal campo di detenzione di Gavi. Gli inglesi sopravvivevano grazie all'aiuto dei contadini ed abitanti dei luoghi: mangiavano quando potevano e dormivano dove capitava. Fra questi vi era Louis Pontes, sudafricano, chiamato "Indio", individuo capace e scaltro che sempre riusciva a fuggire dalle imboscate che le Brigate Nere compivano di frequente in zona per dar loro la caccia. La sera del 17 gennaio 1944 ci fu un'ennesima retata da parte dei fascisti che circondarono alcune case nella borgata di Lunassi, dove un delatore avrebbe detto loro che vi si trovavano due inglesi. Le famiglie che ospitavano i due fuggiaschi li avvisarono di fuggire immediatamente. L'"Indio", nonostante fosse a letto per la febbre, balzò dalla finestra e in un amen si dileguò facendo perdere le sue tracce, mentre il suo fidato amico di avventura, certo Robert Edighoffer, fu catturato dai fascisti che lo passarono subito per le armi. In realtà Robert Edighoffer era di Strasburgo, arruolato a forza dai tedeschi perché combattesse per loro. Dopo l'otto settembre però si "arruolò", questa volta volontario, con gli inglesi.