Fuga di mezzanotte, la storia di Douglas Allum e George Tudor
di Piero Ricci
di Piero Ricci
Un segnale nell'etere digitale
Che internet colleghi geograficamente è assodato, ma la storia di questa pagina rappresenta come colleghi anche tra epoche diverse. Quando ero giovane otteni la licenza di radiotelegrafista e radioperatore (IK2PCI) e la ricerca tra le frequenze radio di un segnale lontano e il successivo contatto mi dava un emozione indescrivibile. Il tempo é passato e l’ avvento di internet ha spodestato l’utilizzo della radio. Navigando su Internet su un forum specializzato inglese individuo una richiesta di aiuto che riguarda la storia che vado a narrare.
Douglas Allum e George Tudor erano due soldati britannici che dopo la cattura in Libia e vari campi di smistamento raggiunsero la collocazione definitiva nel sottocampo di prigionia della Sforzesca vicino a Vigevano. Da qui riuscirono a darsi alla macchia dopo l'armistizio grazie all’aiuto di una famiglia italiana, i Bazzano, che li nascosero per circa due mesi, fino a quando tramite un'organizzazione clandestina riuscirono a fuggire in Svizzera e infine tornare in Inghilterra. Se fossero finiti nelle mani dei tedeschi la loro destinazione sarebbe sicuramente stata un campo di lavoro in Germania da dove solo una parte fece ritorno. Douglas parlò al figlio Bruce sempre di questa famiglia contadina gentile e premurosa che l’aiutò a tornare ed il desiderio di reincontrali rimase sempre con lui. Come detto dal figlio Bruce, la sua nascita dipende tutto sommato anche dai Bazzano che salvarono il padre dalla deportazione in Germania.
Douglas Allum e George Tudor erano due soldati britannici che dopo la cattura in Libia e vari campi di smistamento raggiunsero la collocazione definitiva nel sottocampo di prigionia della Sforzesca vicino a Vigevano. Da qui riuscirono a darsi alla macchia dopo l'armistizio grazie all’aiuto di una famiglia italiana, i Bazzano, che li nascosero per circa due mesi, fino a quando tramite un'organizzazione clandestina riuscirono a fuggire in Svizzera e infine tornare in Inghilterra. Se fossero finiti nelle mani dei tedeschi la loro destinazione sarebbe sicuramente stata un campo di lavoro in Germania da dove solo una parte fece ritorno. Douglas parlò al figlio Bruce sempre di questa famiglia contadina gentile e premurosa che l’aiutò a tornare ed il desiderio di reincontrali rimase sempre con lui. Come detto dal figlio Bruce, la sua nascita dipende tutto sommato anche dai Bazzano che salvarono il padre dalla deportazione in Germania.
Il campo di lavoro 146 di Mortara
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Un breve cenno merita il Campo di Lavoro 146 di Mortara. Molta confusione e stata fatta nel parogonare questi campi ai campi di internamento o addiritturra ai campi di sterminio tedeschi. Occorre sgomberare il campo da pericolose confusioni simili. Come tutte le nazioni belligeranti l’esigenza di gestire i prigionieri, improvvisamente numerosi dopo alcuni successi di breve periodo, soprattutto in Africa, combaciava con un'agricoltura domestica ormai priva di forza lavoro. Il campo di Mortara nasce fondamentalmente con questo scopo, smistare i prigionieri in cascine dove sfamarli e utilizzarli produttivamente. Per molti soldati questa situazione di prigionia era quasi piacevoli se paragonata al periodo precedente di combattenti. Lo testimonieranno gli stessi militari in diverse interviste nel dopoguerra. Il campo 146 di Mortara aveva alle sue dipendenze una trentina di “satelliti”, fondamentalmente cascine dove i prigionieri venivano accompagnati per lavorare. Sopra è riportata un'imprecisa lista dei campi. Per il lettore interessato rimando al bellissimo volume "Prigionieri di Guerra in Lomellina, Campo di Lavoro N.146", di Giuseppe Zucca.
La ricerca dei Bazzano: interviene il Grac
Il forte debito morale che il padre Douglas rimarcò sempre al figlio, portò Bruce a cercare i Bazzano per poterli conoscere. Vicissitudini della vita e difficolta a sviluppare i contatti senza internet portano questa ricerca ad arenarsi per oltre settantanni. E solo il 30 giugno 2017, giorno del mio compleanno, che riesco a intercettare una messaggio galleggiante nell'oceano di internet in cui Bruce cerca informazioni sui Bazzano e a cui alcuni ricercatori hanno dato seguito senza pero identificare molto. Bruce invia a corredo della ricerca alcune foto che il padre gli ha lasciato e che rappresentano Douglas e George insieme alla famiglia Bazzano.
Pagine Bianche
Visto che non si parla di aerei e che i metal detector qui non aiutano, la prima fonte, sembrerà banale, ma sono proprio le "pagine bianche". Ricercando "Bazzano" incontro una trentina di nomi tra Vigevano e Mortara. Comincio le telefonate e le prime sono tra il sorpreso e lo stupito. C'è chi mi dice che di prigionieri inglesi non ha mai saputo nulla; poi raggiungo la Signora Pierangela Bazzano che, seppur ignara degli eventi, rimane colpita quando gli descrivo zia Caterina. Mi chiede di inviarle via Whatsapp le foto. Nel pomeriggio mi ricontatta e mi suggerisce di chiamare la cugina Margherita Bazzano. Nel citare la cascina mi indica potenzialmente la Cascina Carrarola che era gestita ai tempi dai Bazzano.
Successo !
Contatto la Sig.ra Margherita in serata ed è una telefonata emozionante e allo stesso tempo commovente. Emozionante perche la Sig.ra Margherita conferma che sono sulla traccia giusta, commovente perché afferma di aver visto la foto della sua nonna di cui ne aveva solo una, quella al cimitero. In merito alla cascina indica però che trattarsi di un altra, in specifico della Cascina Salsiccia, di proprieta della famiglia Marchesani che suggerisce di contattare per avere piu informazioni. Foto riquadro a sinistra: Margherita Bazzano
Il Sig Paolo Marchesani
Quando a Settembre riesco a contattare la famiglia Marchesani, che tuttora vive alla Cascina Salsiccia, mi viene indicato di contattare il signor Paolo, che è parente stretto dei Bazzano. Paolo è stato addirittura cresciuto da loro e seppur non testimone oculare degli eventi ha sempre sentito queste storie raccontate dalla Famiglia Bazzano. Quando infatti lo raggiungo telefonicamente l’emozione è grande nell’individuare che oltre a conoscere molti dettagli degli eventi, il gentilissimo signor Marchesani possiede dei documenti che comprovano la storia e con solerzia mi invia il "certificato" di riconoscenza inviato alla Famiglia Bazzano alla fine del conflitto dall'amministrazione alleata, firmato dal generale Alexander. Marchesani mi spiega poi che in realta la cascina dove i prigionieri furono nascosti non e una di quelle citate prima ma in realta è la Cascina Raggia, sita a pochissime centinaia di metri dal campo di lavoro e che sorprendentemente risulta conservata esattamente come era nel 1943.
21 Agosto 2017, si chiude il cerchio
In questa serata però avviene l’evento piu significativo della storia: Marchesani m'invia una scansione di una foto in suo possesso e noto che è la medesima di quella esposta sul web da Bruce per le sue ricerche. E’ la prova finale che dimostra la correttezza della scoperta. Posto la foto su internet al forum di discussione ed inizialmente Bruce non comprende come mai sto inviando a lui una delle foto che mi aveva mandato...
La commozione di Bruce
Quando realizza invece che questa foto non e mai andata in Inghilterra ma e rimasta in Italia per ben 74 anni, la commozione travolge Bruce. I contatti che precedentemente erano stati solo via Internet si allargano ad una meravigliosa telefonata dove finalmente le parole e la voce trasmettono i forti sentimenti che avvolgono questa storia.
Il colpo di scena: la scoperta del Tesoro
Mentre pianifico una visita alla cascina in questione, per un'intervista al signor Marchesani, accompagnato dal professor Zucca, autore del libro "I prigionieri di Guerra in Lomellina Campo di Lavoro 146", e il signor Savini esperto di storia locale, avviene l’incredibile. Marchesani nel mettere ordine in uno scantinato di sua proprietà individua un contenitore esternamente ammuffito che attira la sua curiosità e lo apre: dentro scopre che vi sono libri, oggetti, mappe e addirittura una scacchiera costruita utilizzando le latte delle razioni miltari, appartenenti ai due soldati inglesi. Su una copertina di quaderno c'è la scritta "Douglas Allum". Appena avuta la possibilità di avere qualche immagine del contenuto della cassetta invio le immagini a Bruce e... la sua commozione raggiunge le stelle.
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Le conferme di Bruce
Ma come erano pervenuti questi testi ai prigionieri? E proprio Bruce ad inviarci alcuni documenti che mostrano come fossero stati recapitati questi oggetti e generi di conforto ai prigionieri tramite l’intervento della Croce Rossa.
La vista alla Cascina Raggia
Domenica 29 ottobre finalmente visitiamo la Cascina Raggia. Marchesani ci indica il solaio dove si nascondevano i prigionieri. Poi riprendiamo alcune immagini cercando di essere fedeli alla prospettiva delle foto scattate nel 1943 da Douglas e Bruce. A ricordo di questo incontro, di comune accordo con i presenti che appaiono in video, si eseguono alcune riprese come pro memoria (in fondo all'articolo è possibile vedere il filmato).
Sopra: la Cascina Raggia oggi, sostanzialmente immutata. Si noti la data di costruzione sotto i comignoli, 1883; l'ultima foto di destra mostra la finestra del solaio dove passavano la notte i fuggiaschi, mentre durante il giorno stavano nascosti alla vista nella campagna tra i fossi e gli arbusti.
Sotto: le foto sono state riprese dalla stessa prospettiva ma a più di settantanni l'una dall'altra, sullo sfondo Cascina Raggia.
Sotto: le foto sono state riprese dalla stessa prospettiva ma a più di settantanni l'una dall'altra, sullo sfondo Cascina Raggia.
Londra
Il giorno 30 di Ottobre, dopo la visita alla Cascina Raggia, per ragioni lavorative raggiungo Londra, e finalmente incontro Bruce, funzionario del ministero della Difesa. Con cui condivido una piacevole birra al pub parlando di tante cose. Dalle foto la somiglianza con il papà è evidente. E' un incontro breve, entrambi abbiamo poco tempo, ma è evidente a tutti e due che ci sarà un prossimo incontro, questa volta in Italia, alla Cascina Raggia...
Alcuni punti interrogativi rimangono
Non è però tutto finito qui, nella ricerca compaiono due altri nomi di soldati, John Gallop e Ernest Cox. I racconti parlano di altri prigionieri ospitati presso la Cascina Raggia. Riusciremo a scopire chi erano? E quelle foto stampate con addirittura il nome a secco del fotografo, come e possibile fossero state fatte sviluppare antecedentemente alla fuga con i conseguenti rischi? La ricerca non si ferma qui, andremo in fondo ...
Fuga di mezzanotte
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Douglas Allum e George Tudor erano due "signalmen", ovvero appartenenti al Royal Corps of Signals, un corpo di specialisti tecnici addetti a varie funzioni tra cui il mantenimento delle comunicazioni tra i vari dislocamenti dei reparti. Douglas e George vennero catturati il 28 dicembre 1942 dalle truppe tedesche ad Agedabia, in Libia. Tradotti in Italia a Fermo, vengono internati presso il campo di prigionia di Servigliano (una vecchia struttura che gìa svolse questo compito durante la Grande Guerra). Dopo 14 mesi di prigionia il 3 giugno 1943, furono trasferiti al campo PG 146 / XVIII P.M. 3100, detto Sforzesca, situato nel territorio comunale di Vigevano. Qui i prigionieri venivano prelevati al mattino dalle guardie e accompagnati nelle vicine aziende agricole per svolgere molteplici lavori, sempre sotto scorta la sera rientravano nel campo della Sforzesca. Il lavoro nei campi era duro, ma almeno riuscivano a mettere insieme senza troppe difficoltà un paio di pasti al giorno, grazie alla generosità dei contadini per i quali lavoravano. Douglas e George intanto studiavano bene il territorio procacciandosi informazioni di qualsiasi genere che potessero servire ad un'eventuale fuga...
L'occasione insperata gliela forniscono proprio i loro carcerieri, che con il confusionario Armistizio dell'otto settembre, rimangono senza ordini e, sulle tracce dei loro comandi superiori, si sfaldano. I prigionieri il nove settembre sono praticamente liberi. I tedeschi reagiranno rapidamente per riprendere la situazione, ma ai reclusi fu sufficiente un giorno di libertà per sparire nella campagna dalla quale era difficile trovarli. Molti furono ricatturati nei giorni successivi, altri riuscirono a nascondersi cercando di dirigersi a sud per tentare di raggiungere le forze alleate.
Douglas e George non si allontanarono troppo dal campo di prigionia, avevano un progetto: raggiunsero una fattoria molto piccola non lontano dal campo, gestita dalla famiglia Bazzano, nella quale i prigionieri non avevano mai lavorato. I due pensavano che agli abitanti di questa piccola fattoria avrebbero fatto comodo quattro braccia in più per lavorare nei campi. Devono essere stati convincenti perchè il fattore accetta subito la loro offerta ed in cambio li sfama e li protegge. Certo, il rischio era elevato per entrambi: se scoperti i due prigionieri avevano una destinazione certa, campo di concentramento in Germania; e i Bazzano rischiavano anche di più: per chi aiutava i fuggiaschi era prevista la fucilazione sul posto. Con molta circospezione la vita continuava nella piccola fattoria e i due inglesi si inserirono talmente bene nel lavoro e nei rapporti con la famiglia che consumavano i pasti sulla stessa tavola dei Bazzano. Quando la situazione presentava qualche cosa di strano veniva dato l'allarme e i due si dileguavano. La cosa andò avanti per due mesi e mezzo, ma poiché le rappresaglie per chiunque aiutasse i prigionieri di guerra erano terribili, divenne chiaro che prima o poi qualcuno avrebbe scoperto la situazione e magari avvisato i tedeschi, mettendo in serio pericolo i Bazzano. George e Douglas decisero che era giunto il momento di porre fine una situazione insostenibile per i rischi che comportava, soprattutto per la famiglia che li nascondeva. Ne parlarono con i Bazzano i quali si dettero immediatamente da fare fornendo loro vestiti civili e cercando contatti con personaggi che si sapeva facenti parti di organizzazioni clandestine col compito di aiutare i prigionieri alleati ad un espatrio nella vicina Svizzera. Trovarono un contatto che gli fornì una guida in grado di condurli, attraverso valichi segreti, nella vicina Svizzera. Il 15 novembre 1943, poco dopo mezzogiorno, George e Douglas si vestirono con abiti scuri tradizionali e gli impermeabili forniti dai Bazzano, con una fiaschetta di brandy ciascuno, lasciarono la fattoria in bicicletta e seguirono una ragazza a una distanza che non suggerisse connessione tra di loro se fermati e interrogati. Il percorso li portò a Vigevano, attraverso il fiume Ticino, ad Abbiategrasso dove la loro guida depositò la bicicletta contro un muro e loro fecero lo stesso.
Poi la seguirono su una carrozza del tram molto affollata, portandoli vicino alla stazione centrale di Milano, arrivando verso le 4, proprio mentre si stava facendo buio. La loro guida ottenne i biglietti, che vennero fatti scivolare verso di loro e la seguirono attraverso la barriera sul treno, molto scarsamente illuminato a causa dei regolamenti di oscuramento. Douglas e George al tempo non compresero che in quel treno c'erano altri fuggiaschi sparpagliati tra i passeggeri. Giunti a Varese si ritrovarono in un gruppo che ora contava circa una dozzina di persone che lasciavano il treno e si diressero verso una carrozza in disuso su un binario di raccordo dove si nascosero per la notte. La mattina salirono a bordo di un treno locale formato da carri ferroviari e arrivarono a Cittiglio, dove si unirono alcuni soldati italiani. Alla stazione successiva vicino a Laveno, i fuggiaschi scesero e si allontanarono senza dare nell'occhio verso la campagna. Verso sera il gruppetto aumentò di numero, ora erano in una ventina.
Quando si fece buio arrivarono le due guide di montagana e si misero in marcia. Partirono in fila indiana, una guida che conduceva davanti mentre l'altra chiudeva la colonna. Era buio pesto e si doveva seguire da vicino la persona che precedeva per non perdersi. Il sentiero attraversava boschi, campi, villaggi , case isolate, da dove a tratti s'alzava un fuorioso latrare di cani che creavano ulteriore ansia alla comitiva clandestina.
A tratti le guide segnalavano pericolo e allora il gruppo si doveva momentaneamente disperdere e stare nascosto in silenzio. Attraversarono con molta circospezione un ponte apparentemente incustodito su un ruscello. A metà circa del percorso che sembrava senza fine, George si rese conto che non poteva tenere il passo con gli altri. La guida resposabile della colonna decise allora di lasciarlo in una casa incontrata sul percorso con la speranza che potesse proseuire una volta rimessosi. Gli lasciarono istruzioni sul sentiero da seguire e l'abbandonarono in un granaio.
Alla fine, stremati dalle continue salite e discese, graffiati dalle sterpaglie, arrivarono nelle vicinanze della frontiera dove il terreno era particolarmente boscoso.
Essendo l'ultimo del gruppo, Douglas fu l'ultimo ad attraversare il sentiero aperto prima del filo spinato ma prima di farlo restituì una pistola alla guida, compiaciuto che non fosse stato necessario usarla!
Il fitto bosco offriva protezione, tranne che sul sentiero, che seguiva vicino alla recinzione alta, cablata, di confine su cui erano montate le campane per dare un allarme se manomessa in qualche modo. Il sentiero, regolarmente pattugliato, avrebbe dovuto essere attraversato rapidamente verso un fosso che era coperto da cespugli accanto alla recinzione e in un preciso punto indicato dalle guide.
Vicino alla recinzione c'era un tubo di drenaggio dell'acqua, con aperture alle estremità fissate da una griglia a lucchetto. Il tubo di drenaggio era abbastanza grande da permettere a un uomo di strisciare e fortunatamente aveva pochissima acqua al momento. Alle 4.30 del mattino e nell'oscurità riuscirono a scivolare sul sentiero due o tre alla volta, poi nel tubo che era abbastanza grande da strisciarci a carponi.
A uno a uno si arrampicarono. Douglas era l'ultimo e l'ansia di venire scoperto da una guardia di frontiera proprio ora lo terrorizzava. Ma la sua fortuna non gli voltò le spalle e riuscì ad emergere dal tombino in territorio svizzero, dove fu accolto da una guardia che lo condusse al posto comando di Fornasette. Anche George raggiunse Bellinzona e in seguito andò all'ospedale di Wiesendangen.
Sia Douglas che George rimasero in Svizzera fino all'ottobre 1944, tornando in Inghilterra all'inizio di novembre e congedati nel maggio 1946.
Nel giugno del 1946 Douglas ricevette un biglietto dalla famiglia Bazzano. Non si sa se abbia risposto. Nel frattempo aveva perso i contatti col suo compagno di avventura George. Douglas ha sempre sentito un debito di gratitudine verso la famiglia Bazzano: gente buona e coraggiosa che avevano rischiato la vita per aiutarlo.
Nel dopoguerra Douglas riprese a lavorare nel suo paese, si sposò nel 1964 ed ebbe tre figli e quattro nipoti. È morto il 6 novembre 2014 all'età di 93 anni.
L'occasione insperata gliela forniscono proprio i loro carcerieri, che con il confusionario Armistizio dell'otto settembre, rimangono senza ordini e, sulle tracce dei loro comandi superiori, si sfaldano. I prigionieri il nove settembre sono praticamente liberi. I tedeschi reagiranno rapidamente per riprendere la situazione, ma ai reclusi fu sufficiente un giorno di libertà per sparire nella campagna dalla quale era difficile trovarli. Molti furono ricatturati nei giorni successivi, altri riuscirono a nascondersi cercando di dirigersi a sud per tentare di raggiungere le forze alleate.
Douglas e George non si allontanarono troppo dal campo di prigionia, avevano un progetto: raggiunsero una fattoria molto piccola non lontano dal campo, gestita dalla famiglia Bazzano, nella quale i prigionieri non avevano mai lavorato. I due pensavano che agli abitanti di questa piccola fattoria avrebbero fatto comodo quattro braccia in più per lavorare nei campi. Devono essere stati convincenti perchè il fattore accetta subito la loro offerta ed in cambio li sfama e li protegge. Certo, il rischio era elevato per entrambi: se scoperti i due prigionieri avevano una destinazione certa, campo di concentramento in Germania; e i Bazzano rischiavano anche di più: per chi aiutava i fuggiaschi era prevista la fucilazione sul posto. Con molta circospezione la vita continuava nella piccola fattoria e i due inglesi si inserirono talmente bene nel lavoro e nei rapporti con la famiglia che consumavano i pasti sulla stessa tavola dei Bazzano. Quando la situazione presentava qualche cosa di strano veniva dato l'allarme e i due si dileguavano. La cosa andò avanti per due mesi e mezzo, ma poiché le rappresaglie per chiunque aiutasse i prigionieri di guerra erano terribili, divenne chiaro che prima o poi qualcuno avrebbe scoperto la situazione e magari avvisato i tedeschi, mettendo in serio pericolo i Bazzano. George e Douglas decisero che era giunto il momento di porre fine una situazione insostenibile per i rischi che comportava, soprattutto per la famiglia che li nascondeva. Ne parlarono con i Bazzano i quali si dettero immediatamente da fare fornendo loro vestiti civili e cercando contatti con personaggi che si sapeva facenti parti di organizzazioni clandestine col compito di aiutare i prigionieri alleati ad un espatrio nella vicina Svizzera. Trovarono un contatto che gli fornì una guida in grado di condurli, attraverso valichi segreti, nella vicina Svizzera. Il 15 novembre 1943, poco dopo mezzogiorno, George e Douglas si vestirono con abiti scuri tradizionali e gli impermeabili forniti dai Bazzano, con una fiaschetta di brandy ciascuno, lasciarono la fattoria in bicicletta e seguirono una ragazza a una distanza che non suggerisse connessione tra di loro se fermati e interrogati. Il percorso li portò a Vigevano, attraverso il fiume Ticino, ad Abbiategrasso dove la loro guida depositò la bicicletta contro un muro e loro fecero lo stesso.
Poi la seguirono su una carrozza del tram molto affollata, portandoli vicino alla stazione centrale di Milano, arrivando verso le 4, proprio mentre si stava facendo buio. La loro guida ottenne i biglietti, che vennero fatti scivolare verso di loro e la seguirono attraverso la barriera sul treno, molto scarsamente illuminato a causa dei regolamenti di oscuramento. Douglas e George al tempo non compresero che in quel treno c'erano altri fuggiaschi sparpagliati tra i passeggeri. Giunti a Varese si ritrovarono in un gruppo che ora contava circa una dozzina di persone che lasciavano il treno e si diressero verso una carrozza in disuso su un binario di raccordo dove si nascosero per la notte. La mattina salirono a bordo di un treno locale formato da carri ferroviari e arrivarono a Cittiglio, dove si unirono alcuni soldati italiani. Alla stazione successiva vicino a Laveno, i fuggiaschi scesero e si allontanarono senza dare nell'occhio verso la campagna. Verso sera il gruppetto aumentò di numero, ora erano in una ventina.
Quando si fece buio arrivarono le due guide di montagana e si misero in marcia. Partirono in fila indiana, una guida che conduceva davanti mentre l'altra chiudeva la colonna. Era buio pesto e si doveva seguire da vicino la persona che precedeva per non perdersi. Il sentiero attraversava boschi, campi, villaggi , case isolate, da dove a tratti s'alzava un fuorioso latrare di cani che creavano ulteriore ansia alla comitiva clandestina.
A tratti le guide segnalavano pericolo e allora il gruppo si doveva momentaneamente disperdere e stare nascosto in silenzio. Attraversarono con molta circospezione un ponte apparentemente incustodito su un ruscello. A metà circa del percorso che sembrava senza fine, George si rese conto che non poteva tenere il passo con gli altri. La guida resposabile della colonna decise allora di lasciarlo in una casa incontrata sul percorso con la speranza che potesse proseuire una volta rimessosi. Gli lasciarono istruzioni sul sentiero da seguire e l'abbandonarono in un granaio.
Alla fine, stremati dalle continue salite e discese, graffiati dalle sterpaglie, arrivarono nelle vicinanze della frontiera dove il terreno era particolarmente boscoso.
Essendo l'ultimo del gruppo, Douglas fu l'ultimo ad attraversare il sentiero aperto prima del filo spinato ma prima di farlo restituì una pistola alla guida, compiaciuto che non fosse stato necessario usarla!
Il fitto bosco offriva protezione, tranne che sul sentiero, che seguiva vicino alla recinzione alta, cablata, di confine su cui erano montate le campane per dare un allarme se manomessa in qualche modo. Il sentiero, regolarmente pattugliato, avrebbe dovuto essere attraversato rapidamente verso un fosso che era coperto da cespugli accanto alla recinzione e in un preciso punto indicato dalle guide.
Vicino alla recinzione c'era un tubo di drenaggio dell'acqua, con aperture alle estremità fissate da una griglia a lucchetto. Il tubo di drenaggio era abbastanza grande da permettere a un uomo di strisciare e fortunatamente aveva pochissima acqua al momento. Alle 4.30 del mattino e nell'oscurità riuscirono a scivolare sul sentiero due o tre alla volta, poi nel tubo che era abbastanza grande da strisciarci a carponi.
A uno a uno si arrampicarono. Douglas era l'ultimo e l'ansia di venire scoperto da una guardia di frontiera proprio ora lo terrorizzava. Ma la sua fortuna non gli voltò le spalle e riuscì ad emergere dal tombino in territorio svizzero, dove fu accolto da una guardia che lo condusse al posto comando di Fornasette. Anche George raggiunse Bellinzona e in seguito andò all'ospedale di Wiesendangen.
Sia Douglas che George rimasero in Svizzera fino all'ottobre 1944, tornando in Inghilterra all'inizio di novembre e congedati nel maggio 1946.
Nel giugno del 1946 Douglas ricevette un biglietto dalla famiglia Bazzano. Non si sa se abbia risposto. Nel frattempo aveva perso i contatti col suo compagno di avventura George. Douglas ha sempre sentito un debito di gratitudine verso la famiglia Bazzano: gente buona e coraggiosa che avevano rischiato la vita per aiutarlo.
Nel dopoguerra Douglas riprese a lavorare nel suo paese, si sposò nel 1964 ed ebbe tre figli e quattro nipoti. È morto il 6 novembre 2014 all'età di 93 anni.
Un cenno sull'organizzazione clandestina "Giuseppe Bacigaluppi"
Giuseppe Baciagaluppi era un ingegnere italiano ed era impiegato dalla F.A.C.E., la filiale italiana del gigante americano Standard Electric Corporation, che aveva una fabbrica a Milano e produceva apparecchiature per le telecomunicazioni. Parlava correntemente l'inglese, era sposato con una cittadina inglese. La coppia viveva in una grande casa a Milano e aveva anche una casa per le vacanze a Calde sulle rive del Lago Maggiore, vicina al confine tra Italia e Svizzera.
Non sorprende quindi che subito dopo l'Armistizio lui e sua moglie avessero deciso di creare una rete per aiutare i prigionieri di guerra alleati che vagavano nei pressi della loro casa a Milano, per farli arrivare in Svizzera, attraverso il Lago Maggiore. Reclutò membri del suo staff di fabbrica e locali simpatizzanti per la causa e mise in atto un'organizzazione per gestire l'espatrio di quanti si trovassero in pericolo nella Repubblica di Salò. Ricevette anche fondi dal CLN nord Italia per svolgere questo compito. All'organizzazione partecipavano anche, come membri attivi e preziosi, John Peck dell'Australia e George Patterson del Canada.
Baciagaluppi prima di essere tradito da un collega e arrestato dalla Gestapo il 4 aprile 1944, aveva già aiutato con la sua organizzazione centinaia di prigionieri di guerra alleati. Rinchiuso nel carcere di San Vittore in Milano, riuscì a fuggire fortunosamente l'8 luglio 1944 e raggiungere la Svizzera stabilendosi a Lugano, da dove poteva ancora aiutare quanti volessero espatriare. Baciagaluppi era conosciuto sotto il nome di battaglia di "Ig Rossi", "Anfossi" e "Joe". La zona dove operò la sua organizzazione era alquanto vasta e suddivisa in quattro settori, ognuno di questi aveva una via di fuga principale e altre secondarie:
1. Piemonte via Val d'Ossola e Luino;
2. Lombardia via Brescia, Bergamo e Varese;
3 Emilia via Lago Maggiore;
4. Veneto via Brescia, Bergamo, Lago di Como e Valtellina.
La rete clandestina che operò a Milano ha aiutato 965 prigionieri di guerra a raggiungere la Svizzera e i fondi spesi in questi sforzi ammontano a 7.800.000 di lire. I dettagli dei fatti sono riportati nel documento "Rapporto finale sull'attivita svolta dal CNLAI in favore di ex prigionieri di guerra alleanti", pubblicato su "Il Movimento di Liberazione in Italia", n. 33 del novembre 1954. L'organizzazione Bacciagaluppi ha fatto ampio uso del sistema ferroviario del Nord Italia. Per un buon resoconto in inglese delle sue attività partigiane e dei suoi modus operandi, si veda anche "A Strange Alliance" di Roger Absalom. Giuseppe Baciagaluppi fu infine arrestato e internato dagli svizzeri nel gennaio 1945, ma fuggì di nuovo nella Francia liberata.
Baciagaluppi fu proposto per una decorazione al governo britannico per il suo eccezionale aiuto alla causa alleata, ma fu respinto per il motivo che non era appropriato onorare un cittadino italiano.
Non sorprende quindi che subito dopo l'Armistizio lui e sua moglie avessero deciso di creare una rete per aiutare i prigionieri di guerra alleati che vagavano nei pressi della loro casa a Milano, per farli arrivare in Svizzera, attraverso il Lago Maggiore. Reclutò membri del suo staff di fabbrica e locali simpatizzanti per la causa e mise in atto un'organizzazione per gestire l'espatrio di quanti si trovassero in pericolo nella Repubblica di Salò. Ricevette anche fondi dal CLN nord Italia per svolgere questo compito. All'organizzazione partecipavano anche, come membri attivi e preziosi, John Peck dell'Australia e George Patterson del Canada.
Baciagaluppi prima di essere tradito da un collega e arrestato dalla Gestapo il 4 aprile 1944, aveva già aiutato con la sua organizzazione centinaia di prigionieri di guerra alleati. Rinchiuso nel carcere di San Vittore in Milano, riuscì a fuggire fortunosamente l'8 luglio 1944 e raggiungere la Svizzera stabilendosi a Lugano, da dove poteva ancora aiutare quanti volessero espatriare. Baciagaluppi era conosciuto sotto il nome di battaglia di "Ig Rossi", "Anfossi" e "Joe". La zona dove operò la sua organizzazione era alquanto vasta e suddivisa in quattro settori, ognuno di questi aveva una via di fuga principale e altre secondarie:
1. Piemonte via Val d'Ossola e Luino;
2. Lombardia via Brescia, Bergamo e Varese;
3 Emilia via Lago Maggiore;
4. Veneto via Brescia, Bergamo, Lago di Como e Valtellina.
La rete clandestina che operò a Milano ha aiutato 965 prigionieri di guerra a raggiungere la Svizzera e i fondi spesi in questi sforzi ammontano a 7.800.000 di lire. I dettagli dei fatti sono riportati nel documento "Rapporto finale sull'attivita svolta dal CNLAI in favore di ex prigionieri di guerra alleanti", pubblicato su "Il Movimento di Liberazione in Italia", n. 33 del novembre 1954. L'organizzazione Bacciagaluppi ha fatto ampio uso del sistema ferroviario del Nord Italia. Per un buon resoconto in inglese delle sue attività partigiane e dei suoi modus operandi, si veda anche "A Strange Alliance" di Roger Absalom. Giuseppe Baciagaluppi fu infine arrestato e internato dagli svizzeri nel gennaio 1945, ma fuggì di nuovo nella Francia liberata.
Baciagaluppi fu proposto per una decorazione al governo britannico per il suo eccezionale aiuto alla causa alleata, ma fu respinto per il motivo che non era appropriato onorare un cittadino italiano.
Il video della ricerca