Forotondo, Fabbrica Curone, (AL). Bristol Beaufighter
Il Bristol Beaufighter era un aereo da caccia pesante inglese costruito dalla Bristol Aeroplane Company. Questo velivolo venne impiegato su quasi tutti i fronti della seconda guerra mondiale. Era un mezzo molto affidabile per la motorizzazione, per la sua manovrabilità e autonomia. Aveva le seguenti dimensioni: lunghezza 12,6 metri; apertura alare 17,65; altezza 4,84; peso massimo al decollo quasi 120 quintali. Poteva volare per circa 3000 chilometri, alla massima velocità superava i 500 k/h; era armato da quattro cannoni Hispano MK II calibro 20 mm, montava una Browning 7,7 mm; nella stiva poteva portare 2 bombe da 250 lb; nei supporti subalari trovavano posto otto razzi da 60 lb. La casa costruttrice ne produsse circa 6000 esemplari.
Nota di redazione: il tipo di aeroplano caduto a Forotondo è al momento sconosciuto; ma è costume del Grac fare una stima da subito (finora è stato di buon auspicio) con i pochi elementi a disposizione: il Beu volava quasi esclusivamente di notte; aveva due uomini come equipaggio; era un bimotore; montava cannoncini da 20 mm; era molto diffuso in questo tipo di operazione notturna: intruder... Tutte caratteristiche presenti nell'incidente di Forotondo.
Nota di redazione: il tipo di aeroplano caduto a Forotondo è al momento sconosciuto; ma è costume del Grac fare una stima da subito (finora è stato di buon auspicio) con i pochi elementi a disposizione: il Beu volava quasi esclusivamente di notte; aveva due uomini come equipaggio; era un bimotore; montava cannoncini da 20 mm; era molto diffuso in questo tipo di operazione notturna: intruder... Tutte caratteristiche presenti nell'incidente di Forotondo.
Description: English aircrew of No. 16 Squadron SAAF and No. 227 Squadron RAF sitting in front of a Bristol Beaufighter at Biferno, Italy. Date Taken: on 14 August 1944. Author: Royal Air Force official photographer, Trievnor J (Fg Off)
La notizia
La conoscenza di questo incidente aereo, accaduto nel comune Fabbrica Curone durante la guerra viene dall'amico e sostenitore del Grac Ugo Pasini di Viguzzolo, Alessandria. Ugo, fin da bambino, frequentava la Val Curone e proprio allora sentì parlare per la prima volta di un aereo che cadde in una notte d'estate durante la guerra, in una località impervia sui monti, non lontana da Forotondo. Successivamente, dopo alcune ricerche effettuate sul web, il Grac scopre un "appello" di A. Flavio Nebiacolombo, il quale lancia una richiesta di aiuto per ritrovare i nomi dei due aviatori morti nella caduta del velivolo al fine di costruire un monumento ed onorare degnamente chi ha offerto la propria giovane vita per liberare l'Italia dal tallone d'acciaio del nazifascismo. Nobili intenzioni che il Grac condivide insieme anche a Gianni Zanelli, un gentiluomo del posto che accompagnerà i ricercatori al ritrovamento dei resti dell'aereo. Nebiacolombo nel suo "appello" del 2014 scrive che l'aereo si presentò da dietro la dorsale del Giarolo alle ore 22 circa, sembrava avvolto da fiamme vive... la rotta del velivolo era da ovest verso est... e con questa direzione andava a schiantarsi sul versante del monte Boglelio, in un bosco di faggi, causando un boato e subito fiamme altissime, poco dopo seguirono anche esplosioni che durarono tutta la notte e fino al giorno seguente. Il giorno dopo i partigiani recuperarono due salme (una di queste apparteneva ad un afroamericano) che trasferirono al cimitero locale. Dalla carlinga (quello che rimaneva) i ribelli recuperarono casse di munizioni e armi leggere. Sparse attorno al punto di impatto furono rinvenute molte munizioni del cannoncino da venti millimetri. Le salme dei due militari vennero recuperate da personale militare USA, alcuni anni dopo la guerra. Come sempre accade, ci sono diverse varianti per lo stesso fatto: alcuni dicono che i corpi siano stati recuperati alla fine degli anni cinquanta e traslati nel cimitero militare statunitense di San Martino Carano, Mirandola, provincia di Modena, inaugurato ufficialmente il 4 luglio 1946.
Altre fonti
Sul piccolo ma esaustivo libro, scritto da Alessandro Disperati, dal titolo "Forotondo", stampato nel giugno 2013, alle pagine 29 e 30 si legge: "Tra i fatti curiosi accaduti a Forotondo, nel corso degli anni, va inoltre segnalato che un aereo ricognitore che periodicamente transitava nella zona, solitamente di notte, per portare viveri ai partigiani, fu poi trovato abbattuto nei boschi di Forotondo. L'aereo, americano, fu ritrovato a circa 1100 metri di altitudine, nei boschi alle spalle del nostro piccolo paese. Nell'esplosione prese fuoco e il pilota, insieme ad un altro passeggero, morirono e furono tumulati nel piccolo cimitero di Forotondo. Negli anni cinquanta il consolato americano ha provveduto al recupero delle due salme. Rimangono ancora oggi un mistero le cause dell'abbattimento dell'aereo. Fu forse mitragliato dalle forze nemiche, non nella zona di Forotondo dove però precipitò, forse nel tentativo di un atterraggio di fortuna dopo essere stato colpito."
Localizzati i resti del velivolo
Dopo anni di paziente "lavoro diplomatico" portato avanti con passione e tenacia da Ugo, finalmente sabato 27 giugno 2020 il Grac ha dato inizio alle operazioni di ricerca dell'aereo caduto a Forotondo durante la guerra. La spedizione del Grac era composta da Piero Ricci e Ugo Pasini; condotti dalla guida locale Gianni Zanelli, memoria storica del luogo. Punto di ritrovo nella piazzetta di Forotondo di buonora. Una volta riuniti, Zanelli prende il comando e, per aspri sentieri e svariati chilometri, accompagna i ricercatori sul luogo dove avvenne il disastro aereo quella notte di agosto del 1944. Qui entra in azione la parte operativa del gruppo: Piero Ricci, che in pochi minuti di lavoro con il suo metal detector certifica che su quell'aerea vi sono reperti metallici di sicura provenienza aeronautica. Dato il poco tempo a disposizione, Piero si limita a verificare le coordinate GPS e inviare rapporto alla sede del Grac. Per oggi basta così, ma l'intenzione è di ritornare e trovare altro materiale che serva alla identificazione del tipo di aereo e nel contempo lavorare sul web nei database americani ed inglesi per rintracciare i nominativi degli aviatori che si trovavano a bordo in quella sfortunata missione di guerra.
Qui sotto alcune immagini della ricerca del 27 giugno 2020 e i reperti rinvenuti: una maglia dei proietti per il cannone da 20, una colata che certifica l'incendio, dichiarato dai racconti fatti dai testimoni, altri pezzi non identificabili ma certamente appartenenti a un mezzo volante, vista la natura di alluminio e la rivettatura tipica.
Qui sotto alcune immagini della ricerca del 27 giugno 2020 e i reperti rinvenuti: una maglia dei proietti per il cannone da 20, una colata che certifica l'incendio, dichiarato dai racconti fatti dai testimoni, altri pezzi non identificabili ma certamente appartenenti a un mezzo volante, vista la natura di alluminio e la rivettatura tipica.
Sui monti un paesino da fiaba: Forotondo
Forotondo è stata una favola vera vissuta tra i monti: aria pura, silenzio di chiesa, notti limpide dove si toccavano le stelle, mestieri sani, vita monastica, tempo per riflettere e per rispondere alle domande dell'anima: "Da dove vieni? Dove sei diretto?". La sorte che ha subito questo posto fatato negli ultimi sessant'anni è una fotocopia di quanto è accaduto in tutti i paesini del nostro fantastico appennino: spopolamento selvaggio al limite della desertificazione per raggiungere il "benessere" nelle grandi città. Nelle metropoli tutto è capovolto rispetto alla fiaba lasciata, ma indietro non si torna. Amministratori ciechi anziché frenare l'esodo lo incentivarono ed ancora fanno così: incapaci di convincere che la qualità della vita qui è migliore che in via Montenapoleone, perché non lo sanno essi stessi o non ci credono, si limitano a sopravvivere, a seguire il flusso. Questo non si chiama governare, ma essere al traino... Da qualche tempo poi hanno scoperto la gallina dalle uova d'oro: la seconda casa, e giù tasse spropositate. In alcuni comuni si paga l'IMU anche sui terreni fabbricabili: un'aberrazione. Di fronte a tanto ardire, si ha la sensazione di essere sudditi in balia dell'avidità dello "Sceriffo di Nottingham" piuttosto che Cittadini Sovrani di una Repubblica. Risultato: chi aveva un tetto malandato, quarant'anni fa lo faceva riparare, pur sapendo che non vi sarebbe mai ritornato a dormire in quell'edificio, ma lo faceva per una sorta di pudore, di rispetto verso i suoi vecchi, alla sua storia personale; oggi, per lo stesso motivo (rispetto verso se stesso), lo lascia andare e la casa dirocca: l'unica strada per non pagarci più balzelli dai nomi simili a malattie. L'unica strada per sfuggire alle vessazioni di miopi burocrati. Chi ha intenzione di acquistare una casetta per le vacanze se ne guarda bene perché sarebbe si proprietario dei muri, ma nel contempo dovrebbe pagare l'affitto al comune.
Non occorre un profeta per dire che i nostri villaggi sugli Appennini, a meno di un rapido e radicale cambiamento di rotta, attuato da uomini all'altezza della sfida, corrono il rischio di diventare tutti come la foto qui sopra. Purtroppo non si vedono in giro né si notano all'orizzonte Comandanti e Nostromi capaci di tanto... Ancora qualche generazione e, morti i testimoni, le importanti vite vissute in questi posti troveranno il giusto rilievo solo nella memoria del buon Dio.
I reperti conservati dalla gente del posto
Quello che è successo qui a Forotondo è lo stesso copione messo in atto ovunque precipitò un aereo in quel periodo di guerra. La gente era alla fame, il metallo, qualsiasi metallo, era un bene prezioso. Erano tempi nei quali il governo aveva perfino fatto censire, per ogni abitazione, le inferriate, i cancelli, i portoni di ferro, le recinzioni ecc., per avere, in caso di estrema necessità, la possibilità di reperire altro metallo, sottraendolo ai proprietari privati.
Dopo che il velivolo si era schiantato, i primi ad arrivare sul luogo dell'incidente erano gli abitanti dei dintorni, i quali, per le ragioni sopra dette, asportavano quanto potevano nel minor tempo possibile, prima dell'arrivo delle autorità, che potevano essere tedeschi, repubblichini o partigiani. Lo "spolpamento" della preda riprendeva non appena le autorità si allontanavano. In località impervie di solito i nazifascisti o partigiani che erano, si limitavano a togliere le armi di bordo e null'altro. L'asportazione da parte della gente era un'attività alquanto rischiosa... In una valle piacentina, durante il lavoro di "predazione" su un velivolo appena caduto, un tale del posto fece incetta di nastri da mitragliatrice e colpi del cannoncino di bordo, che poi nascose sotto l'erba della sua cascina. Tempo dopo arrivarono i tedeschi in cerca di "ribelli" e dettero fuoco alla cascina (la prassi era alquanto diffusa...): pochi minuti e quando il fuoco arrivò a scaldare le cartucce iniziò un concerto di botti forti e più forti a seconda della munizione che stava esplodendo: 7,7 o 20 mm; i proietti fischiavano in ogni direzione, panico. Il cielo volle che non vi fossero feriti tra le truppe germaniche. Il proprietario della cascina, autore del misfatto, se la cavò addossando la colpa ai partigiani e rimettendoci "solo" una cascina piena d'erba...
Si prendeva su ogni pezzo trasportabile a mano; una volta a casa poi, ogni singolo oggetto, veniva adattato, dall'inventiva di guerra, per servire nella vita di tutti i giorni: coperchi per pentole, zappe, parapetti, torchietti per la pasta, porte, tettoie ecc.
Dopo che il velivolo si era schiantato, i primi ad arrivare sul luogo dell'incidente erano gli abitanti dei dintorni, i quali, per le ragioni sopra dette, asportavano quanto potevano nel minor tempo possibile, prima dell'arrivo delle autorità, che potevano essere tedeschi, repubblichini o partigiani. Lo "spolpamento" della preda riprendeva non appena le autorità si allontanavano. In località impervie di solito i nazifascisti o partigiani che erano, si limitavano a togliere le armi di bordo e null'altro. L'asportazione da parte della gente era un'attività alquanto rischiosa... In una valle piacentina, durante il lavoro di "predazione" su un velivolo appena caduto, un tale del posto fece incetta di nastri da mitragliatrice e colpi del cannoncino di bordo, che poi nascose sotto l'erba della sua cascina. Tempo dopo arrivarono i tedeschi in cerca di "ribelli" e dettero fuoco alla cascina (la prassi era alquanto diffusa...): pochi minuti e quando il fuoco arrivò a scaldare le cartucce iniziò un concerto di botti forti e più forti a seconda della munizione che stava esplodendo: 7,7 o 20 mm; i proietti fischiavano in ogni direzione, panico. Il cielo volle che non vi fossero feriti tra le truppe germaniche. Il proprietario della cascina, autore del misfatto, se la cavò addossando la colpa ai partigiani e rimettendoci "solo" una cascina piena d'erba...
Si prendeva su ogni pezzo trasportabile a mano; una volta a casa poi, ogni singolo oggetto, veniva adattato, dall'inventiva di guerra, per servire nella vita di tutti i giorni: coperchi per pentole, zappe, parapetti, torchietti per la pasta, porte, tettoie ecc.
Foto sopra a sinistra: lamiera appartenente all'aereo caduto a Forotondo nel 1944, di proprietà del signor Gianni Zanelli. Foto sopra a destra: lamiera appartenente allo stesso aereo; proprietario il signor Matteo Leddi, un giovane storico di Viguzzolo (AL).
Un testimone oculare
Il nostro instancabile Ugo Pasini ha rintracciato un testimone che ha visto l'aereo cadere. Si tratta di Anselmo Dallocchio, classe 1930, nato a Morigliassi e qui residente all'epoca del fatto. Morigliassi si trova in linea ottica a circa quattro chilometri da Fotorondo, spostato un poco più a nord e sul versante opposto del Curone.
Anselmo racconta:
"Quella sera eravamo sull'aia di casa nostra a "pelare la meliga" *, quando improvvisamente sentiamo un rumore di aereo che si stava avvicinando, tutti alziamo gli occhi verso l'alto per individuarlo. Un attimo dopo vediamo in cielo, verso Genova, un fuoco, e la sagoma di un aeroplano che da destra andava a sinistra (da ovest verso est), si sentivano dei rumori strani, come di un motore che funzionasse male. Il velivolo continuava a scendere e poco dopo lo vediamo schiantarsi sul versante del Monte Boglelio, poco sopra Forotondo, provocando un forte boato e un grande incendio. In seguito iniziamo a sentire piccole esplosioni, che hanno proseguito per tutta la notte, erano evidentemente i proiettili che avvolti dalle fiamme scoppiavano. Il mattino seguente molti valligiani sono sul posto e in mezzo ai rottami rinvengono due corpi semi bruciati. Si diceva che fossero un inglese e un irlandese. I due piloti sono stati sepolti nel cimitero di Forotondo, dove sono rimasti per molti anni. Successivamente pare siano stati prelevati dalle autorità e traslati altrove, ma non saprei dove.".
* Nei paesini di montagna, fino agli anni cinquanta, la raccolta del granoturco avveniva manualmente: ogni singola pannocchia veniva staccata dalla pianta e posta in contenitori portati a braccio, da qui sul carro a trazione animale e poi si trasportava a casa, dove il raccolto veniva impilato nel cortile. Qui si lasciava qualche tempo per la maturazione e poi, con l'aiuto dei componenti delle famiglie vicine, seduti a cerchio attorno alla pila di pannocchie, si "sbucciavano" una per una con l'aiuto di un punteruolo di legno. Questo non era considerato un lavoro vero e proprio ma una specie di socializzazione, un divertimento, veniva infatti svolto esclusivamente nel "tempo libero", di sera dopo cena. Al proprietario di turno correva l'obbligo di stappare qualche buona bottiglia di vino... Una volta sfogliate, le pannocchie di mais venivano impilate da una parte mentre i "rivestimenti", cartocci e barba, dall'altra. Erano serate di allegria, dove vecchi e adulti lavoravano, chiacchieravano e talvolta cantavano, mentre i bambini si rincorrevano e usavano le pile di cartocci come piscina dove buttarsi; e i giovanotti guardavano con interesse le ragazze della loro età, ovviamente contraccambiatati. Il tutto alla luce della luna o di qualche candela.
Anselmo racconta:
"Quella sera eravamo sull'aia di casa nostra a "pelare la meliga" *, quando improvvisamente sentiamo un rumore di aereo che si stava avvicinando, tutti alziamo gli occhi verso l'alto per individuarlo. Un attimo dopo vediamo in cielo, verso Genova, un fuoco, e la sagoma di un aeroplano che da destra andava a sinistra (da ovest verso est), si sentivano dei rumori strani, come di un motore che funzionasse male. Il velivolo continuava a scendere e poco dopo lo vediamo schiantarsi sul versante del Monte Boglelio, poco sopra Forotondo, provocando un forte boato e un grande incendio. In seguito iniziamo a sentire piccole esplosioni, che hanno proseguito per tutta la notte, erano evidentemente i proiettili che avvolti dalle fiamme scoppiavano. Il mattino seguente molti valligiani sono sul posto e in mezzo ai rottami rinvengono due corpi semi bruciati. Si diceva che fossero un inglese e un irlandese. I due piloti sono stati sepolti nel cimitero di Forotondo, dove sono rimasti per molti anni. Successivamente pare siano stati prelevati dalle autorità e traslati altrove, ma non saprei dove.".
* Nei paesini di montagna, fino agli anni cinquanta, la raccolta del granoturco avveniva manualmente: ogni singola pannocchia veniva staccata dalla pianta e posta in contenitori portati a braccio, da qui sul carro a trazione animale e poi si trasportava a casa, dove il raccolto veniva impilato nel cortile. Qui si lasciava qualche tempo per la maturazione e poi, con l'aiuto dei componenti delle famiglie vicine, seduti a cerchio attorno alla pila di pannocchie, si "sbucciavano" una per una con l'aiuto di un punteruolo di legno. Questo non era considerato un lavoro vero e proprio ma una specie di socializzazione, un divertimento, veniva infatti svolto esclusivamente nel "tempo libero", di sera dopo cena. Al proprietario di turno correva l'obbligo di stappare qualche buona bottiglia di vino... Una volta sfogliate, le pannocchie di mais venivano impilate da una parte mentre i "rivestimenti", cartocci e barba, dall'altra. Erano serate di allegria, dove vecchi e adulti lavoravano, chiacchieravano e talvolta cantavano, mentre i bambini si rincorrevano e usavano le pile di cartocci come piscina dove buttarsi; e i giovanotti guardavano con interesse le ragazze della loro età, ovviamente contraccambiatati. Il tutto alla luce della luna o di qualche candela.
Inizio della ricerca organizzata
Dopo la ricognizione fatta da Piero per individuare il posto il 27 giugno scorso, oggi, 6 luglio 2020, il Grac si è presentato con le "truppe" quasi al completo: Arrigo, Cristiano, Marco, Piero e Stefano. Cinque ricercatori che sanno il fatto loro e che si sono messi subito al lavoro per “setacciare” palmo a palmo l'aerea indicata dalla guida locale Gianni Zanelli. Nel bosco, sotto gli alti faggi, oggi non si sentono le melodie della natura, ma solo il "concerto" del Grac. Le note emesse dagli strumenti di ricerca sono monotone, stridule, sgraziate e spesso disturbanti, specie quando si sentono in un luogo incantato come questo; ma per i ricercatori, i vari bip bip, vengono percepiti come una sinfonia molto gradita, capace di provocare loro forti emozioni. Al contrario di un vero musicista, che deve manovrare con maestria corde, tasti e fiato, il ricercatore "governa" il suo “arnese musicale” col solo spirito e si concentra per trasmettere ad esso la sua speranza, il suo desiderio, le sue suppliche; e quando lo strumento "canta", il ricercatore si sente appagato perché significa che sotto terra c'è qualcosa che potrebbe svelare un segreto... Da come suona il piccolo altoparlante dell’aggeggio si capisce se è un pezzo piccino o grande, se è ferro o metallo "nobile". Quando il suono è forte e "nobile" il momento diventa magico, anche gli altri si fermano e volgono lo sguardo al ricercatore fortunato, che, carico di aspettative, trepidante, adagio adagio, con delicatezza, dissotterra un frammento di storia...
Sotto le immagini della ricerca avvenuta oggi e alcuni dei reperti ritrovati dai ricercatori del Grac.
Fra i reperti ritrovati oggi, non ci sono "pezzi chiave" per determinare con assoluta precisione il tipo di velivolo, che rimane, come stimato, per le caratteristiche dell'incidente, un bimotore inglese: il Bristol Beaufighter. I bossoli del cannoncino di bordo del 20 ritrovati rafforzano la tesi, cosi come il rinvenimento dei bossoli del 303, i quali sono pure compatibili con le mitraglie che installava a bordo questo caccia-bombardiere. Non vi sono tra i reperti che sparute fusioni, ma sappiamo dai testimoni che ha bruciato a lungo. Questo irrilevante numero di colate dichiara che non siamo ancora sul centro dello schianto, ma in periferia, dove il calore delle fiamme non era così violento. Un altro dato che ci dicono i reperti rinvenuti oggi è che non è il punto dove s'è schiantata la cabina di pilotaggio: non si sono trovati plexiglas, strumenti, pezzi riconducibili a leve di comando o seggiolini piloti, parti elettriche, fusibili ecc. Occorreranno altre uscite prima di avere un quadro chiaro della dislocazione dei resti e delle parti di esso.
Nota
Le foto presenti in questa pagina appartengono agli archivi di Ugo Pasini, Piero Ricci, Stefano Terret, Arrigo Francani, Cristiano Maggi, Pierlino Bergonzi
Pagina pubblicata il 01 agosto 2020