Monte Alfeo, Ottone, Piacenza. Junkers Ju88
Lo Junker JU-88, nell'immagine sotto, è stato uno dei cavalli di battaglia della Luftwaffe. Svolgeva vari compiti nel campo bellico: bombardiere, caccia notturno, ricognitore, bombardiere in picchiata e come aerosilurante, per attacchi alle navi. Poteva volare per 2000 km, la velocità massima era di oltre 400 km ora. Era lungo circa 15 metri, largo 20 ed alto 5; a vuoto pesava circa 100 quintali e a pieno carico massimo, al decollo il peso poteva arrivare a 140 quintali. Era armato con una mitraglia MG-131 da 13 mm posta nella parte superiore della fusoliera e due MG-81 da 7,92 mm in posizione ventrale. Negli appositi vani della stiva ci stavano una decina di bombe ed altre 8 erano agganciate esternamente. L'equipaggio era generalmente costituito da quattro persone.
Il Grac è venuto a conoscenza di questo velivolo grazie a Fabio Lavezzoli di La Spezia che ha scritto al Gruppo segnalando il fatto. Fabio ha detto che la notizia l'ha avuta dal padre Silvano, che al tempo del disastro aereo abitava a Valsigiara. Silvano è nato nel 1943 ad Ottone e da bambino ascoltava attentissimo tutti i racconti che facevano i grandi. Un giorno sente parlare dell'incidente aeronautico sull'Alfeo e insieme ad altri coetanei decidono di andare alla ricerca dell'aereo caduto. Lo trovano, la gioia è grande. Portano a casa anche alcuni pezzi di lamiera che Silvano custodirà per molti anni a ricordo dell'evento straordinario. Silvano indica come località della caduta Prà Cò, sopra l'abitato di Campi. L'informazione si rivelerà esatta.
Inizio della ricerca
Il 29 ottobre 2016 Arrigo e Pierlino alle nove erano ad Ottone al Bar centrale. Qui hanno conosciuto la gentile signora Roberta che li ha indirizzati dal suo babbo Angelo, abitante a Cabosa. I due ricercatori raggiungono il paesino e incontrano il signor Angelo. Angelo, nato a Ottone nel 1928, all'epoca della vicenda era un ragazzino e fissò in modo indelebile tutta la sequenza degli avvenimenti nei giorni del disastro aviatorio, avvenuto sulle pendici dell'Alfeo, non distante da dove abitava. I ricordi sono lucidissimi, l'unica incertezza è sull'anno: 1943 o 1944. Il fatto accadde durante una notte d'estate. Il mattino successivo al disastro con alcuni amici raggiunse il luogo dell'incidente; non riuscirono ad avvicinarsi ai rottami a causa del fuoco che divampava alto tutt'intorno alla carcassa. Inoltre, l'area, già dalle prime luci di quel giorno, era presidiata dal maresciallo dei carabinieri locale e da militari che non lasciavano passare nessuno. Di morti non ve ne erano ed Angelo sentì dire che gli occupanti dell'aereo erano tedeschi e che si erano lanciati col paracadute. I ragazzi ritornarono sul posto ogni giorno spinti dalla grande curiosità, ma solo dopo quattro giorni poterono girare senza difficoltà tra i resti. In alcuni punti il terreno era ancora caldo a testimoniare il furioso incendio durato giorni che distrusse non solo quel che rimaneva del velivolo dopo lo schianto, ma anche decine e decine di grosse piante di faggio. E furono proprio queste piante a sprigionare un calore tale da far incendiare le piante vicine, propagando cosi l'incendio a tutto il bosco. Chi aveva veduto il velivolo appena prima che precipitasse diceva che era già come una palla di fuoco nel cielo buio. Dopo l'accaduto i vecchi mettevano in guardia i bambini e dicevano loro di stare assolutamente distanti dai rottami dell'aereo perché potevano scoppiare, ma si sa che per dei ragazzini di quell'età un divieto aumentava solamente la loro voglia di curiosare attorno ai resti. Fu così che Angelo ed i suoi compagni inventarono un gioco pericolosissimo: raccoglievano le munizioni inesplose e poi, acceso un fuocherello, gliele gettavano dentro e si andavano a mettere al riparo attendendo il botto... I loro Angeli Custodi devono aver avuto molto da fare in quei mesi di guerra sull'Alfeo...
Dopo aver ascoltato con attenzione i racconti di Angelo, i due ricercatori caricano attrezzature e tascapani in spalla e si dirigono verso il luogo indicato. Percorrono il sentiero che da Campi sale sull'Alfeo per una mezz'ora, poi incontrano un cacciatore di cinghiali che li avverte della battuta di caccia in atto proprio nell'area dove sono diretti per la ricerca dei resti del bombardiere. Inquadrata la situazione, i due decidono saggiamente che proprio non era il caso di proseguire e invertono la marcia per il ritorno a valle. Ci sarà sicuramente una prossima volta...
Dopo aver ascoltato con attenzione i racconti di Angelo, i due ricercatori caricano attrezzature e tascapani in spalla e si dirigono verso il luogo indicato. Percorrono il sentiero che da Campi sale sull'Alfeo per una mezz'ora, poi incontrano un cacciatore di cinghiali che li avverte della battuta di caccia in atto proprio nell'area dove sono diretti per la ricerca dei resti del bombardiere. Inquadrata la situazione, i due decidono saggiamente che proprio non era il caso di proseguire e invertono la marcia per il ritorno a valle. Ci sarà sicuramente una prossima volta...
In vetta all'Alfeo
10 novembre 2016, Maurizio e Pierlino oggi sono stati in escursione sull'Alfeo, percorrendo il sentiero che da Bertone conduce alla cima. L'Alfeo è una montagna imponente messa a spartiacque tra la Val Boreca e la Val Trebbia. Dalla vetta si gode un panorama splendido e nelle giornate terse si vedono le Alpi e il mare. Il sentiero per raggiungere la sommità è agevole e non faticoso: vale la pena di percorrerlo per ammirare le bellezze della natura selvaggia. Non si rimane delusi!
F o u n d !
16 febbraio 2017. Approfittando del mite inverno e dell'assenza di neve in quota, Andrew e Pierlino oggi hanno ricominciato, con successo, la ricerca del velivolo caduto sul versante nord dell'Alfeo. Arrivati di buon ora a Costa di Campi, i due hanno lasciato il mezzo e, indossati gli zaini e preso gli strumenti di ricerca, hanno proseguito per sentieri fino a raggiungere "Pra Cò", il pianoro sottostante la vetta dell'Alfeo. Nell'impresa s'è aggiunto anche Birba, un magnifico esemplare di cane, incrocio tra un pastore e un border collie, che ha scortato la piccola comitiva per tutto il giorno, non lasciando i ricercatori nemmeno per un minuto. Andrew e Pierlino all'ora di pranzo hanno poi diviso il loro pasto con il fedele scudiero. La ricerca è avvenuta secondo le indicazioni che aveva dato Angelo, ma ci sono volute ben cinque ore di "spazzolamenti" per individuare il primo pezzo con assoluta certezza.
Dalle 09:30 alle 14:30 i due ricercatori continuano senza sosta ad "agitare" i metaldetectors, ma non trovano segnali di materiali aeronautici, solo qualche bullone ed una vecchia chiave. Lo scoramento sta per prendere il posto della speranza. Poi un'idea: telefonano ad Angelo per farsi rispiegare il luogo esatto. Si tratta però di dire ad Angelo dove si trovano. Trasmettere, via telefono, la posizione di un punto situato in mezzo ai boschi è un'impresa assolutamente fallimentare. Ma Angelo, profondo conoscitore di ogni punto della sua montagna, intuisce dove possono trovarsi i due: "Spostatevi più a valle, in direzione di Valsigiara, dove la pendenza è più forte...". Dopo la telefonata gli animi si riprendono e i ricercatori ritornano sui passi di qualche ora prima, sul bordo del canalone, "dove la pendenza è più forte".
Al mattino erano già arrivati fin qui, ma si erano fermati. Era parso loro saggio non proseguire, data l'impossibilità di stare in piedi senza appigli ben saldi. Invece era proprio lì, in quel posto da capre alpine, che avrebbero trovato i primi frammenti dell'aereo. E' stato Andrew a segnalare il primo ritrovamento: "Found!".
Muovendosi con moltissima cautela Andrew e Pierlino raccolgono diversi reperti del velivolo: lavorano con una sola mano perché con l'altra devono tenersi a un ramo di faggio; ci si può spostare solo se vicino c'è un altra pianta cui aggrapparsi. L'unico che si muove con disinvoltura e agilità è Birba, che sta un po' con uno un po' con l'altro, concedendosi qualche sonnellino su minute cenge.
Sul far della sera la comitiva riprende la via del ritorno per raggiungere l'auto a Costa. Qui Birba scopre d'averla fatta grossa: i suoi padroni in ansia sono lì. Lo stavano cercavano da quasi dieci ore. Ma Birba non sembra troppo pentito; in fondo anche lui ha trascorso una bellissima avventura con il Grac... Sotto, le immagini della giornata di ricerca e i reperti rinvenuti.
Dalle 09:30 alle 14:30 i due ricercatori continuano senza sosta ad "agitare" i metaldetectors, ma non trovano segnali di materiali aeronautici, solo qualche bullone ed una vecchia chiave. Lo scoramento sta per prendere il posto della speranza. Poi un'idea: telefonano ad Angelo per farsi rispiegare il luogo esatto. Si tratta però di dire ad Angelo dove si trovano. Trasmettere, via telefono, la posizione di un punto situato in mezzo ai boschi è un'impresa assolutamente fallimentare. Ma Angelo, profondo conoscitore di ogni punto della sua montagna, intuisce dove possono trovarsi i due: "Spostatevi più a valle, in direzione di Valsigiara, dove la pendenza è più forte...". Dopo la telefonata gli animi si riprendono e i ricercatori ritornano sui passi di qualche ora prima, sul bordo del canalone, "dove la pendenza è più forte".
Al mattino erano già arrivati fin qui, ma si erano fermati. Era parso loro saggio non proseguire, data l'impossibilità di stare in piedi senza appigli ben saldi. Invece era proprio lì, in quel posto da capre alpine, che avrebbero trovato i primi frammenti dell'aereo. E' stato Andrew a segnalare il primo ritrovamento: "Found!".
Muovendosi con moltissima cautela Andrew e Pierlino raccolgono diversi reperti del velivolo: lavorano con una sola mano perché con l'altra devono tenersi a un ramo di faggio; ci si può spostare solo se vicino c'è un altra pianta cui aggrapparsi. L'unico che si muove con disinvoltura e agilità è Birba, che sta un po' con uno un po' con l'altro, concedendosi qualche sonnellino su minute cenge.
Sul far della sera la comitiva riprende la via del ritorno per raggiungere l'auto a Costa. Qui Birba scopre d'averla fatta grossa: i suoi padroni in ansia sono lì. Lo stavano cercavano da quasi dieci ore. Ma Birba non sembra troppo pentito; in fondo anche lui ha trascorso una bellissima avventura con il Grac... Sotto, le immagini della giornata di ricerca e i reperti rinvenuti.
Dall'esame dei reperti ritrovati, al momento si può dire che si tratta di un velivolo tedesco: si pensa a uno JU-88, in quanto i testimoni riferiscono di più persone che si sono salvate lanciandosi col paracadute; inoltre i bossoli di mitraglia ritrovati sono compatibili con l'armamento di tale velivolo. Si può sostenere che vi è stato, dopo l'impatto del velivolo contro il versante del monte, un incendio ad altissima temperatura, come riferito da Angelo, poiché tra i reperti ci sono grumi di metalli fusi.
La "montagna sacra"
"Nel 1949 venne posto sulla vetta un primo cippo con madonnina, ad opera di alcuni giovani soci del CAI di Bolzaneto; nel 1952 il cippo fu ingrandito fino a 1,6 metri di altezza. La statua venne rovinata da un fulmine e sostituita per la prima volta su richiesta degli abitanti di Campi, Bertone e Barchi; nel 1954 venne posta la nuova statua della Madonna con Bambino, pesante ben 18 quintali e trasportata sulla vetta mediante una slitta di tronchi trainata in due giorni da quaranta buoi. Il monumento venne benedetto il 21 novembre di quell'anno, una giornata fredda e nebbiosa, dal vescovo di Bobbio, alla presenza di ben 400 fedeli. Negli anni successivi i fulmini rovinarono nuovamente la statua, che venne sostituita per l'ultima volta il 20 agosto 1971.
"Per via del suo isolamento, della sua forma elegante e della sua imponenza, il Monte Alfèo è stato sempre visto con una certa riverenza dagli abitanti della valle; in tempi antichi doveva essere una vera e propria montagna sacra. A testimonianza di ciò, durante gli scavi per porre la statua nel 1954, venne ritrovato a mezzo metro di profondità un bronzetto votivo, raffigurante un giovane offerente, oggi conservato nel Museo civico di Piacenza. Probabilmente questa statua risale al III-II secolo a.C., più o meno quando gli antichi Romani si insediarono anche nell'Appennino Ligure.
(Tratto da: http://montiliguri.weebly.com)
"Per via del suo isolamento, della sua forma elegante e della sua imponenza, il Monte Alfèo è stato sempre visto con una certa riverenza dagli abitanti della valle; in tempi antichi doveva essere una vera e propria montagna sacra. A testimonianza di ciò, durante gli scavi per porre la statua nel 1954, venne ritrovato a mezzo metro di profondità un bronzetto votivo, raffigurante un giovane offerente, oggi conservato nel Museo civico di Piacenza. Probabilmente questa statua risale al III-II secolo a.C., più o meno quando gli antichi Romani si insediarono anche nell'Appennino Ligure.
(Tratto da: http://montiliguri.weebly.com)
1954, la Madonna "sale" sull'Alfeo
Il "trasporto eccezionale" avvenne nel 1954. La statua fu caricata su una lesa (slitta costruita artigianalmente in legno) gigante e poi trainata da decine di buoi appaiati, più la forza di numerose braccia. Il tragitto con la lesa ebbe inizio a Pra Cò, dove la strada percorribile dagli automezzi terminava, e da qui lungo il pendio nord-est, quello più lieve, per arrivare in cima (si veda foto a sinistra).
Nota: le foto sopra sono tratte da www.altavaltrebbia.net, quella a fianco è dell'archivio Ugo Pasini
Il "trasporto eccezionale" avvenne nel 1954. La statua fu caricata su una lesa (slitta costruita artigianalmente in legno) gigante e poi trainata da decine di buoi appaiati, più la forza di numerose braccia. Il tragitto con la lesa ebbe inizio a Pra Cò, dove la strada percorribile dagli automezzi terminava, e da qui lungo il pendio nord-est, quello più lieve, per arrivare in cima (si veda foto a sinistra).
Nota: le foto sopra sono tratte da www.altavaltrebbia.net, quella a fianco è dell'archivio Ugo Pasini
Altre due uscite
Il 23 e il 30 giugno 2018 Arrigo e Pierlino hanno ricercato altri resti dello JU-88. Procedendo con molta cautela, assicurati dalle corde agganciate all'imbragatura, hanno lavorato svariate ore sull'impervio pendio boscoso. Alla fine il raccolto è stato buono. Sotto le immagini delle ricerche con i reperti rinvenuti.