Granere, Bardi, Parma, Italy, Junkers Ju88
Il velivolo in questione, che si stima essere uno JU-88, si è sfracellato sul versante sud del Monte Camulara, in prossimità della vetta, in direzione dell'abitato di Granere, nella valle del Torrente Lecca.
07 novembre 2015. L'avvio di questa ricerca avviene per iniziativa di Arrigo e Cristiano che avevano già da anni nei loro fornitissimi archivi la notizia in "attesa". Arrigo e Pierlino hanno dato inizio oggi alle ricerche sul campo recandosi a Granere. La fortuna li ha assistiti ed il primo incontro è stato quello risolutivo (il buon Dio guarda sempre con misericordia chi si avventura lungo imprese di nessun valore sociale e venale). I due ricercatori conoscono Ines Biolzi, che gestisce un chiosco in mezzo alla foresta, dove passeranno due auto al giorno (ci vuole coraggio solo a pensarla un'iniziativa del genere, ma addirittura a realizzarla occorre un certo eroismo...). Ines dice subito quello che sa sull'aereo precipitato durante l'ultimo conflitto mondiale; i suoi genitori e la gente sul posto hanno raccontato più volte il fatto ai ragazzi nati nel dopo guerra... Poi aggiunge anche che suo marito (Andrea Roffi, classe 1948) conosce esattamente il punto di caduta per esserci stato più volte accompagnato dal suo babbo negli anni cinquanta. Quando arriva Andrea, che era fuori con i suoi bardigiani, si da subito disponibile ad accompagnare i ricercatori sul luogo dell'incidente. L'avventura ha inizio. Le auto montano su una stradina privata, erta e tutta a curve, in mezzo alle faggete per parecchi chilometri, fino quasi a raggiungere la sommità del Camulara; poi Andrea guida Arrigo e Pierlino sul luogo esatto dello schianto. Appena accesi gli strumenti subito si trovano i primi pezzi. Si, è caduto proprio qui: ci sono colate (significano incendio dopo l'impatto), parti di plexiglas, fili elettrici, pezzetti di bachelite, tocchi di gomma ecc.. Sotto le immagini dei luoghi della ricerca e dei pezzi rinvenuti durante l'escursione di oggi...
|
I racconti dei nativi sull'incidente aereo
E' una serata buia come la pece, nebbiosa e fredda, dell'autunno/inverno 1944 (1); gli abitanti di Granere sono nelle loro case accanto alle stufe a legna, hanno provveduto, come ogni sera, ad oscurare le loro abitazioni in maniera che dal di fuori non si veda il benché minimo chiarore proveniente dalle lanterne a petrolio e dalle candele. Fuori c'è "Pippo il ferroviere" che passa più o meno tutte le notti e se vedesse una lama di luce darebbe il via a furiosi e mortali mitragliamenti. Conviene stare alla regola per evitare guai grossi. Quando quella sera si odono i rombi dei motori lontani e poi via via sempre più vicini, tutti pensano che qualche disgraziato ha omesso di oscurare la propria dimora e si aspetta il peggio con molta ansia. Non è così, fortunamente. Sopra il cielo del Camulara i motori che girano furiosi appartengono ad un bombardiere tedesco in panne (si saprà in seguito) che tenta un atterraggio disperato sui "Prati Grandi" a ridosso del Camulara sul versante nord, vicini al Ragola. Purtroppo la manovra non ha l'esito sperato dall'equipaggio, ma quello della logica: un atterraggio forzato in montagna, per di più in notturna, significa solo funerali per gli occupanti in carlinga. Ed è ciò che accade per i tre soldati che si trovavano a bordo di quel volo. Il velivolo impatta contro il versante sud del Monte Camulara in una località chiamata "Il Pozzone" dai nativi. Esplode e si incendia a seguito del tremendo urto contro il terreno roccioso del versante (2). Gli abitanti di Granere e dei villaggi attorno accorrono sul luogo, ed appena le fiamme lo permettono si avvicinano a quel che rimaneva di quel mostro che li aveva terrorizzati poche ore prima con quei rombi sinistri e a seguire l'esplosione dell'impatto. Subito dal giorno dopo la Valle venne "invasa" da soldati tedeschi che arrivarono in forza, con autocarri e campagnole per raggiungere il luogo e recuperare le salme dei loro commilitoni. Gli abitanti del luogo aiutarono i soldati per il trasporto dei cadaveri ed alcuni pezzi del velivolo (armi di bordo per lo più) prestando i loro buoi con le lese, unico mezzo di trasporto efficiente sulle calere di queste montagne selvagge. Poi, giunti ai mezzi ruotati, avveniva il trasbordo. Il lavoro viene completato in qualche giorno. I morti vengono portati via per primi e non si sa dove, le armi ed altri parti dell'aereo seguono successivamente la stessa strada, tranne, si dice, che per un paio di ruote, ancora perfettamente funzionanti, che i tedeschi avrebbero lasciato ai valligiani in riconoscenza dell'aiuto che avevano ricevuto da essi. Magari hanno anche pensato che un paio di ruote potevano diventare un carro visto che avevano solo le lese... Di queste ruote si sa che non furono mai usate per costruire un carro, ma negli anni settanta i valligiani discussero l'argomento, visto che erano di patrimonio comune, e decisero che ne sarebbe nato una sorta di monumento a ricordo del tragico evento. Le ruote in questione furono poi vendute inopinatamente da chi le custodiva. Gli abitanti gliele fecero riacquistare appena vennero a conoscenza del fattaccio; cosa che fece subito l'improvvido venditore... Ma da lì a poco, ci fu un furto, e le ruote sparirono di nuovo...
(1) Si stima questo periodo temporale dopo aver analizzato i racconti della signora Ines, che ha riportato i fatti di cronaca così come gli sono stati consegnati dai suoi famigliari e da altri compaesani che furono testimoni al disastro. Ines dice che il tempo era freddo e nebbioso, pertanto si doveva essere nella stagione invernale. Dice anche che quando arrivarono i tedeschi per recuperare i corpi dei camerati i partigiani, che erano nascosti nel villaggio di Granere e negli altri centri abitati sparsi, per tema di innescare una battaglia tra le case del paese, con elevato rischio di conseguenze tragiche per la popolazione, lasciarono la zona. Da qui la datazione 1944, in quanto nel 1943 i partigiani erano ancora in embrione e nel 1945 le formazioni dei ribelli erano già disciolte per fine guerra.
(2) Non si può conoscere ovviamente quello che realmente è accaduto quella notte al velivolo. Il Grac ha riportato la versione del tentato atterraggio che si tramanda nei racconti dei nativi, ma è, per chi ha un minimo di conoscenze aeronautiche, inverosimile. Un comandante di volo, in caso di avaria notturna su un bombardiere, sapeva che l'unica via di salvezza erano i paracadute. E' più probabile che l'aereo si sia infilato in nube (si riferisce "tempo nebbioso" quella sera...) e i piloti abbiano perso il controllo... Si rammenta che l'entrata in nube costituisce un rischio più o meno elevato anche oggigiorno, nonostante che la strumentazione per il "volo cieco" sia di gran lunga superiore a quella di allora. Un'altra ipotesi verosimile è quella della formazione di ghiaccio sulle superfici del caccia-bombardiere, che non costituisce un problema oggi in quanto i velivoli sono dotati di sofisticati sistemi antighiaccio, ma al tempo era la causa, nelle stagioni fredde, di numerosi incidenti in quanto i congegni per evitare il depositarsi del ghiaccio sulle ali erano per lo più inaffidabili.
(2) Non si può conoscere ovviamente quello che realmente è accaduto quella notte al velivolo. Il Grac ha riportato la versione del tentato atterraggio che si tramanda nei racconti dei nativi, ma è, per chi ha un minimo di conoscenze aeronautiche, inverosimile. Un comandante di volo, in caso di avaria notturna su un bombardiere, sapeva che l'unica via di salvezza erano i paracadute. E' più probabile che l'aereo si sia infilato in nube (si riferisce "tempo nebbioso" quella sera...) e i piloti abbiano perso il controllo... Si rammenta che l'entrata in nube costituisce un rischio più o meno elevato anche oggigiorno, nonostante che la strumentazione per il "volo cieco" sia di gran lunga superiore a quella di allora. Un'altra ipotesi verosimile è quella della formazione di ghiaccio sulle superfici del caccia-bombardiere, che non costituisce un problema oggi in quanto i velivoli sono dotati di sofisticati sistemi antighiaccio, ma al tempo era la causa, nelle stagioni fredde, di numerosi incidenti in quanto i congegni per evitare il depositarsi del ghiaccio sulle ali erano per lo più inaffidabili.
12 novembre 2015. Cristiano e Pierlino hanno compiuto oggi un'altra esplorazione alla ricerca di reperti ulteriori da raccogliere ed analizzare per scoprire il tipo del velivolo e ricostruire la storia di questo incidente. Sotto le immagini della giornata e i pezzi del bombardiere ritrovati.
La pistola dal manico d'argento e l'orologio d'oro
Andrea racconta che uno dei primi ad arrivare sul luogo dell'incidente fu proprio il suo babbo, e quello che vide era orribile. La prima cosa che lo colpì fu proprio un uomo dell'equipaggio, trovato lontano dai rottami ancora fumanti, che a prima vista sembrava ancora in vita. Si avvicinò al corpo e tentò si sollevarlo con l'intenzione di metterlo in posizione seduta, ma subito si accorse che stava muovendo solo una parte del busto mentre la rimanente stava ferma. Molto impressionato dall'accaduto lasciò il corpo dove l'aveva trovato e andò via. Aveva notato, mentre eseguiva la manovra di sollevamento del busto, che il soldato aveva un orologio d'oro al polso e una pistola nella fondina alla cinta dei pantaloni. La pistola aveva le guancette del calcio color argento. "Per un attimo, racconterà molti anni dopo al figlio Andrea, ho avuto la tentazione di impadronirmi di entrambi gli oggetti: orologio d'oro e pistola col manico d'argento. Poi gli insegnamenti dei miei vecchi ebbero il sopravvento e lasciai stare". Ma non in tutti gli animi lassù accorsi prevalsero i principi della rettitudine: qualcuno asportò dal cadavere sia l'orologio d'oro sia la pistola dal calcio d'argento. Andrea dice che suo padre seppe in seguito anche chi era stato il ladro che rubò al morto, e che anche tutto il paese era a conoscenza di questo fatto. Per anni, ogni volta che si rammentava l'accaduto usciva immancabilmente la storia dell'orologio d'oro e della pistola, ma nulla di più oltre le chiacchiere. Andrea riporta che entrambi gli oggetti potrebbero addirittura essere ancora in circolazione in quanto di tanto in tanto l'argomento si ripresenta nelle conversazioni dei locali...
Apparato di trasmissione morse Lorenz A6
Luca ha riconosciuto la targhetta qui sotto; trattasi dell'apparato di trasmissione morse Lorenz-Taste T.2- Gerat Nr. 124402 A-1. Lo strumento veniva installato anche sul velivolo JU-88
08 dicembre 2015, Arrigo e Pierlino sono ritornati per la terza battuta di ricerca sul Camulara. Sotto i risultati di oggi...
Dicembre 2022, ritrovati i nomi dell'equipaggio
Nella foto sopra e in quelle sotto sono raffigurati i documenti ritrovati dal ricercatore Merli
Grazie all'impegno indefettibile del ricercatore Luca Merli, amico del Grac , nonchè collega dell'Air Crash Po, oggi è possibile conoscere i nominativi dello sfortunato equipaggio morto sul Camulara a seguito dell'incidente aereo:
JU88A-4 W.nr.800655 4D+AB 28/10/1943 Stab.I/KG.30
Equipaggio:
Maj.Alexander Frh. Von Blomberg
Uffz. Zimmermann
Uffz.Lederer
Fw.König
Fonti ricerca:Archivio L.G.M - Bundesarchiv -Ancestry