Sant'Imento e la signora Marazzi
Nella infinita piatta della pianura padana, a pochi chilometri da Piacenza in direzione ovest fra un reticolo di strade strette ma a fondo buono, si adagiano le case di Santimento; un paese che divide la sua urbanizzazione tra i comuni di Calendasco e Rottofreno. Campi di mais a perdita d’occhio, frumento, erba, avena e anche colture orticole. Data questa morfologia il posto non poteva che essere a vocazione agricola pure se negli anni passati visse importanti fasti industriali.
Foto sopra sinistra: Trattore a testa calda modello UTC4, questa trattrice ad olio pesante nel mese di maggio sel 1924 vinse il primo premio alla fiera di macchine agricole di Ferrara. Foto sopra destra: la famiglia Pietro Bubba, in piedi da sinistra: Salvatore, Federico, Zelinda, Santina; seduti da sinistra: Cav. Pietro, Artemio, Seconda, Carolina Maggi.
Era la sede della Pietro Bubba, un’industria meccanica che arrivò ad impiegare 1000 operai. Vi si costruivano macchine da impiegare in agricoltura per velocizzare i processi e alleviare la fatica umana. Così in un posto anonimo e defilato rispetto ai grandi borghi industriali del nord grazie all’ingegno di meccanci autodidatti con una passionaccia per la meccanica nacquero le prime sgusciatrici (1896), nel 1900 uscirono poi le trebbiatrici e sfogliatrici per granoturco. A queste macchine si aggiungono le presse, le sgranatrici e le trancie pesta paglia. Dal 1919 al 1921, elaborando un progetto del 1913, la Bubba realizza quello che senza altro è il fiore all’occhiello della produzione: un massiccio trattore, l’UTC (Ulisse Trattore Case), denominato a “testa calda”, poiché per avviarlo occorreva riscaldare con uno straccio imbevuto di petrolio una sorta di barilotto posizionato proprio davanti al corpo macchina. Con questi prime rudimentali macchine si poteva arare e mettere in moto la trebbiatrice che riceveva la forza dal motore attraverso una cinghia di cuoio. Anche altre industrie nazionali misero in commercio trattori con questa tecnologia. Ora tutto ciò è finito ma a imperituro ricordo di quegli avvenimenti nella piazza, al posto del solito monumento a un paesano illustre, troneggia una di queste prime macchine che tanta meraviglia suscitarono meno di un secolo fa.
Il monumento a ricordo di Pietro Bubba
Nella bella piazza davanti alla chiesa di Santimento il Comune di Rottofreno, nel 2009, ha eretto un monumento a ricordo di Pietro Bubba, sulla targa si legge: "A Pietro Bubba, fonte di lavoro e benessere per la comunità di Santimento a cui dedicò con innata generosità il proprio genio, ideando e realizzando macchine agricole avanzatissime nella tecnica e rinomate nel mondo già agli albori del XX secolo, con vanto e prestigio per il suo paese e per l'Italia anche oltre i confini nazionali. Nel 160° Anniversario della nascita dell'illustre concittadino, Santimento e l'Amministrazione Comunale grati posero a perenne ricordo. Santimento XX settembre 2009."
Siamo arrivati fin qui per una visita alla signora Santa Luisa Marazzi figlia di un meccanico, che insieme a due fratelli riparava macchine per l’agricoltura in una piccola officina qui in paese. Un’azienda artigianale sorta nel cortile di casa, ma che nel 1950 ha ideato e realizzati due trattorini denominati "Grillo", utilizzando due motori della Fiat 1500. La signora ci riceve nella sua grande casa che si affaccia direttamente sulla strada dove vive sola, quando tanti anni fa vi abitavano ben 13 persone. Stanze fresche, arredate con gusto e mobilio del primo novecento. Non si è mai sposata ed è orgogliosa di aver potuto accudire il padre gravemente malato per ben 20 anni. Nella vita ha aiutato l’azienda famigliare scrivendo lettere a clienti e fornitori, fatture e contabilità, era qualcosa di più che un’impiegata, la immaginiamo al lavoro in l’ufficio attenta e scrupolosa, certamente una di cui ci si poteva fidare ciecamente. Col tempo è diventata custode e curatrice della storia della famiglia e ci mostra con fierezza un album pieno di ricordi, foto, lettere, stralci di quotidiani, un’intera vita che scorre assieme alle pagine.
Nel tempo libero, e ora ne ha tanto di più, ha avuto modo di coltivare sogni d’arte e si è messa a dipingere realizzando una cospicua produzione, che ora ha ordinato in bella mostra nelle pareti dell’ex officina di casa. Ha ritratto tutto un paese dal macellaio all’ortolano, dall’autista di corriere al parroco e poi tanti e tanti bambini che ridono felici. Sono piccoli quadri a colori acrilici dalle tinte piene e squillanti, non c’è nessun spazio per la malinconia. Ci offre qualcosa ma non in casa così che ha modo di mostrarci il paese e dove passeggiando con lei riusciamo a percepire l’affetto che ha per il posto che l’ha vista nascere. Ci mostra orgogliosa la chiesa barocca del 600 con un quadro del Ghittoni e il castello, ultimo residuo del medioevo, in tempo passato parzialmente degradato a caseificio. Ci indica un grande edificio a 2 piani, l’ex asilo ormai desolatamente chiuso per mancanza di bambini. Nel nostro breve giro non abbiamo visto nuovi insediamenti, attualmente i residenti non arrivano alle 500 unità. I quartieri dormitorio si fermano prima, appena passato il Trebbia, nella fascia tra San Nicolo, Rivatrebbia e Mamago. I rari passanti la salutano familiarmente con il tu che lei ricambia chiamandoli per nome. Deplora che i carri agricoli sfreccino per le vie senza un po’ di rispetto, la disturba la tracotanza della maleducazione. Ci congeda con un decisa stretta di mano guardandoci ben in viso con due occhi vivissimi e scrutatori. Siamo consapevoli di essere stati al cospetto di un personaggio di un'altra epoca portatrice di valori sempre più difficili da trovare in questo mondo distratto e superficiale. Addio Santa Marazzi, la salutiamo con gratitudine augurandole serenità e salute.
Il castello di Sant'Imento
Le prime notizie di questo castello risalgono al 1291. I signori erano i "Toscani". Successivamente fu di proprietà di Alberto Scoto. Nel 1303 passò al vescovo Ugo Pillori. Nel 1449 il castello divenne feudo della famiglia Arcelli, che lo tenne fino al 1482, quando ripassò al Vescovado di Piacenza e rimase fino al tardo Ottocento, poi fu venduto a privati.
La storia di un paese scritta col pennello
La Signora Marazzi si definisce "Una dilettante della pittura che si misura con la rittrattistica, lavorando sui volti, sui ricordi di momenti di vita della gente del suo paese, prima che il tempo (ormai avaro) ne sbiadisca e ne cancelli ogni immagine". Nei disegni della Marazzi si respira la semplicità e la serenità della vita di campagna. Quanto colore nei suoi quadri! E poi i personaggi che ti guardano e spesso sorridono. A quei tempi si doveva vivere felici a Santimento. C'e' tutto il paese in posa, si avverte il sapore di una belle epoque che nel dopoguerra anche noi abbiamo vissuto senza nemmeno rendercene conto. Intere comunita' che sono scomparse assieme a un altro modo di vivere piu' povero ma piu' solidale, in poche parole migliore del nostro attuale.
Testo di Giuseppe Zurla; fotografie di Luigi Buratti e Pierlino Bergonzi; le foto storiche sono state tratte dall'archivio Marazzi di Santimento