Gruppo Ricercatori Aerei Caduti Piacenza
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Quando i muri parlavano
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Lavenone, Brescia, foto ripresa nel dicembre 2016
Durante il ventennio fascista i muri delle case posti in posizione strategica, all’ingresso dei centri abitati o lungo le vie di scorrimento, venivano usati come lavagne per diffondere il verbo del Duce. Si trattò di una propaganda capillare, martellante e diffusa in ogni borgo abitato. Erano scritte a caratteri cubitali e quindi leggibili anche da lontano,  per lo più nere su fondo bianco, per meglio essere notate.  Fu un  sistema efficace per i tempi e adatto a  una popolazione dove la radio non aveva ancora una grande diffusione. Dopo la presa del potere dalla fine degli anni ’20 e per tutti gli anni ’30 il Duce affidò la propaganda del regime dapprima a Costanzo Ciano poi al figlio, e suo genero, Galeazzo sotto la cui guida il ministero della stampa e della propaganda divenne Ministero della Cultura Popolare più noto con la sigla Min.Cul.Pop. Questo ministero estrapolava dai discorsi o da scritti di Mussolini le frasi che dovevano servire allo scopo e le inviava ai Prefetti di ogni città che, in accordo con le autorità comunali, sceglievano le ubicazioni e gli spazi dove dovevano essere allocate. Di seguito un esempio del carteggio per gli accordi sulla collocazione di scritte nel Comune di Cinisello Balsamo (che si ringrazia per la cortesia). Immagini tratte dal sito www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/pietre
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Mussolini prima di darsi alla politica era giornalista e credeva molto nel potere della carta stampata a differenza di quel genio del male del ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels che per primo capì  l’importanza del mezzo radiofonico  e lo sfruttò appieno dando vita a una costruzione del consenso a tutt’oggi mai uguagliata. Da noi la radio fu usata principalmente per galvanizzare il popolo,  suscitare entusiamo intorno alle guerre coloniali e per esaltare il mito del Duce. Gli speakers avevano un piglio retorico parlavano solo di successi e di vittorie per diffondere ottimismo e tener  salda la fede nel regime. Ogni trasmissione era rigidamente controllata da una fascistissima commissione d’ascolto. Col tempo per fare il direttore di giornale bisognava essere di fede fascista o perlomeno adeguarsi. Non erano ammesse eccezioni. Scritte e trasmissioni che sembra impossibile potessero far breccia tanto erano assurde e  poco credibili, ma non dobbiamo dimenticare  il clima di allora, le piazze con adunate oceaniche per i discorsi dal balcone. Un regime crudele e straccione  con delirio di onnipotenza, parole roboanti, ma con dietro il nulla.  Otto milioni di baionette vantate come armi terribili e in parte innestate su fucili della prima guerra mondiale modello 1891. Un esercito mal comandato, mal vestito e mal nutrito, senza mezzi e armamenti all’altezza e impreparato a tutto.   Fascismo e monarchia a forza di slogan  avrebbero voluto fare di un popolo sostanzialmente pacifico e desideroso solo di mettere assieme il pranzo con la cena, una stirpe di guerrieri nel solco delle gesta dei legionari Romani.  ​
Tre manifesti che rappresentano un percorso ideale per la gioventù fascista 
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Credere e arruolarsi (notare il popolo ben vestito che accorre); Obbedire, i soldati che escono dalla caserma. L’ufficiale con binocolo e stivali, gli altri tutti alti con belle uniformi ma ancora con le fasce alle gambe residue dell’esercito 15/18; Combattere: fanteria all’assalto protetta da un carro, altri al pezzo e in trincea, senza fango, nessun caduto.
Le scritte erano supportate dai trionfali cinegiornali Luce che magnificavano le battaglie sulle Ambe della guerra in Eritrea anche quando non si riusciva ad avere la meglio sulle truppe cammellate del Negus. La disfatta e la tragedia dell’Armir nell’infinito territorio della Russia negata o tutt’al più gabellata per ripiegamento tattico. A rileggerle non viene da ridere bensì da piangere pensando all’immane catastrofe in cui precipitò il nostro Paese  anche grazie a questa propaganda che aveva convinto la maggioranza degli italiani di essere invincibili. Molte sono le scritte sopravissute al regime, i muri continuarono a parlare per decenni, ovviamente furono cancellate quelle che erano sugli edifici pubblici, mentre per quelli privati l’onere era lasciato ai singoli proprietari che vi provvedevano senza fretta in occasione di restauri. Questo ha fatto si che perfino al giorno d’oggi, dopo quasi un secolo, alcune siano ancora leggibili. Sarebbe sbagliato ritenerla una propaganda marginale, al contrario quel genere di messaggi arrivavano diretti a un popolo di pedoni e di ciclisti che, tutto sommato avevano bisogno di essere tranquillizzati e illusi.
CREDERE OBBEDIRE COMBATTERE
SALUTIAMO L’IMPERO CHE RISORGE SUI COLLI FATALI DI ROMA​
IL FASCISMO VUOL PREPARARE LE GIOVANI GENERAZIONI AL LAVORO E AL COMBATTIMENTO
LA GUERRA STA AGLI UOMINI COME LA MATERNITA’ STA ALLE DONNE
I SOLDATI ITALIANI SONO OGGI I MIGLIORI DEL MONDO
LA GIUSTIZIA SENZA LA FORZA SAREBBE UNA PAROLA PRIVA DI SIGNIFICATO
CHI NON E’ CON NOI, E’ CONTRO DI NOI
MUSSOLINI HA SEMPRE RAGIONE
MOLTI NEMICI MOLTO ONORE 
SOLO IDDIO PUO’ PIEGARE LA VOLONTA’ FASCISTA, GLI UOMINI E LE COSE MAI
E’ L’ARATRO CHE TRACCIA IL SOLCO, MA E’ LA SPADA CHE LO DIFENDE
LIBRO E MOSCHETTO FASCISTA PERFETTO​
IL FASCISTA DISDEGNA LA VITA COMODA
VINCERE E VINCEREMO
HANNO DIRITTO ALL’IMPERO I POPOLI FECONDI
IL NUMERO E’ POTENZA​ 
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ME NE FREGO​
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SALUTATE NEL DUCE IL FONDATORE DELL’IMPERO 
Sembra impossibile ma è credendo e cullandoci in questo genere di retorica che siamo precipitati nella più grande catastrofe della nostra storia. Un’entrata in guerra frettolosa per correre sul carro dei tedeschi che parevano invincibili, il Duce, senza nessuna remora, dichiarava di aver bisogno di qualche migliaio di morti per potersi sedere al tavolo della pace. Ne ebbe a dismisura, lui compreso, con in più bombardamenti sulle città, che portarono macerie e lutti  anche fra i civili.  Nonostante questa terribile esperienza a distanza di 70 anni il ventre che ha generato quei mostri è ancora fecondo. Abbiamo perfino parlamentari col busto di Mussolini sulla credenza e ogni tanto si sentono discorsi su quanto di buono il regime aveva fatto e dei treni che arrivavano in orario. Oppure l’invocazione “ Ci vorrebbe ancora il Duce!” Anche oggi quindi, nonostante tutto, c’è nostalgia dell’uomo forte ma, per fortuna, come antidoto, si può votare. Chi ha rinunciato a farlo ha fatto una scelta sbagliata, non illudiamoci di essere ormai vaccinati contro questo genere di derive. I segnali che arrivano dall’America non sono incoraggianti. Non stanchiamoci della democrazia. Quelle scritte hanno il potere di ricordarci un periodo della nostra storia di cui non possiamo essere fieri e, al tempo stesso, la forza di un ammonimento utile per non ricadere negli stessi errori.              ​
Scritte e simboli fascisti sui muri a Piacenza e dintorni
Nota: i proprietari degli immobili dove venivano posizionate le scritte avevano diritto ad un risarcimento proporzionato all’ingombro.
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Piazza Cavalli, archivio Fotocroce
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Gorreto, Val Trebbia, 2016
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Bettola, Piacenza, Santuario della Madonna della Quercia, 2016
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Questa scritta si trovava su una facciata della prima casa all'ingresso di Gropparello lato nord. L'edificio è stato abbattuto non molti anni fa per far posto ad una nuova costruzione
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Questa scritta si trovava su una facciata della prima casa all'ingresso di Gropparello lato nord. L'edificio è stato abbattuto non molti anni fa per far posto ad una nuova costruzione
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"È un grande ramo d'ulivo che io innalzo. Questo ulivo spunta da un'immensa foresta di otto milioni di baionette"; Fiorenzuola, Via Emilia Est, casa abbattuta
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"È un grande ramo d'ulivo che io innalzo. Questo ulivo spunta da un'immensa foresta di otto milioni di baionette"; Fiorenzuola, Via Emilia Est, casa abbattuta
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Archivio Castagnola Franco, Gropparello
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Fascio littorio, realizzato in legno e perfettamente conservato, Gropparello, collezione privata
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Alseno, archivio Arrigo Francani
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Groppo Ducale, ex scuola, 2016
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Provincia di Piacenza, archivio Fotocroce
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Diga del Molato, Val Tidone, 2017
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Gorreto, Val Trebbia, 2016
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Bettola, Piacenza, Santuario della Madonna della Quercia, 2016
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"Italiani di Vittorio Veneto e della Rivoluzione in piedi!", Stra di Nibbiano, 2016
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"Italiani di Vittorio Veneto e della Rivoluzione, in piedi!", Stra di Nibbiano, 2016
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Mucinasso, Piacenza, 2016
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Piacenza, 2016
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Piacenza, 2016
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Gropparello, Casa Littoria, archivio Comune
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Gropparello, Casa Littoria e Gil, archivio Vallavanti Bruno
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Gropparello, Casa Littoria e Gil, archivio Vallavanti Ugo
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Centrale alimentazione. Archivio ex Arsenale Esercito Piacenza
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Refettorio. Archivio ex Arsenale Esercito Piacenza
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Alseno, archivio Arrigo Francani
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Officina. Archivio ex Arsenale Esercito Piacenza
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Officina. Archivio ex Arsenale Esercito Piacenza
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Piazza Cavalli, archivio Fotocroce
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Diga del Molato, Val Tidone, 2017
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Gorreto, Val Trebbia, 2016
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Bettola, Piacenza, Santuario della Madonna della Quercia, 2016
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Gorreto, Val Trebbia, 2016
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Gorreto, Val Trebbia, 2016
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Mucinasso, Piacenza, 2016
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Fiorenzuola, Consorzio Agrario, abbattuto
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Fiorenzuola, Consorzio Agrario, abbattuto
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Fiorenzuola, ingresso nord ex macello, scritta scomparsa
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Gropparello, sfilata, archivio Comune
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Archivio Reggiani Jolanda, Gropparello
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Laboratorio. Archivio ex Arsenale Esercito Piacenza
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Alseno, archivio Arrigo Francani
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Alseno, archivio Arrigo Francani
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Fascio littorio elettrificato, collezione Cristiano Maggi
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Alseno, archivio Arrigo Francani
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Piacenza, archivio Fotocroce
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Diga del Molato, Val Tidone, 2017
Altrove...
Nota: le immagini relative alle scritte sui muri di Pizzighettone e dell'ex carcere sono state inviate gentilmente da Gianfranco Gambarelli, che si ringrazia. Alcune di esse sono state pubblicate anche sul suo interessante libro "Forche Galere Evasioni, storia delle carceri di Pizzighettone 1525-1977", edito dal Gruppo Volontari Mura.
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Moncalvo, Asti, archivio Ugo Pasini
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Bolzano, Palazzo degli Uffici Finanziari, 2016
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Bolzano, Palazzo degli Uffici Finanziari, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Ex carcere di Pizzighettone, celle di isolamento
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Ex carcere di Pizzighettone, corridoio delle celle
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Retorbido, Pavia, archivio Ippolito Negri
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Retorbido, Pavia, archivio Ippolito Negri
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Viguzzolo, Alessandria, 2016, archivio Ugo Pasini
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"Questa è l'epoca nella quale bisogna sentire l'orgoglio di vivere e combattere", Viguzzolo, Alessandria, 2016 archivio Ugo Pasini
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Lomazzo, Como, Arco della Pace, archivio Ugo Pasini
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Brignano Frascata, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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Torre Garofoli, Tortona, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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Villaromagnano, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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Bolzano, Palazzo degli Uffici Finanziari, 2016
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Bolzano, Palazzo degli Uffici Finanziari, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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"Credere Obbedire Combattere", ex carcere di Pizzighettone
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"I popoli forti in tempo di guerra sono temuti. I popoli deboli in tempo di pace sono trascurati, in caso di guerra corrono il rischio supremo di essere schiacciati - Mussolini 1933", ex carcere di Pizzighettone
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"La fede è una sicura bussola per ogni viaggio ideale - Mussolini 30 marzo 1927", ex carcere di Pizzighettone
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Genio Militare di Pizzighettone, 1940
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Pieveottoville, Zibello, Parma, archivio Ugo Pasini
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Pieveottoville, Zibello, Parma, archivio Ugo Pasini
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Lomazzo, Como, Arco della Pace, archivio Ugo Pasini
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San Desiderio, Godisco, Pavia, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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San Desiderio, Godiasco, Pavia, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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San Sebastiano Curone, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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Bolzano, Palazzo degli Uffici Finanziari, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Bolzano, Piazza della Vittoria, 2016
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Ex carcere di Pizzighettone, corridoio delle celle
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"Ordine disciplina autorità giustizia", muro ingresso Reclusorio Militare di Pizzighettone
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Pizzighettone, ponte sul Serio Morto, archivio Gianfranco Gambarelli
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"Tra tutte le opere che possiamo donare alla Patria, la prima e la più necessaria è quella della figliolanza", Viguzzolo, Alessandria, 2016, archivio Ugo Pasini
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"Tra tutte le opere che possiamo donare alla Patria, la prima e la più necessaria è quella della figliolanza", Viguzzolo, Alessandria, 2016, archivio Ugo Pasini
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"Il perfetto fascista è l'uomo del lavoro, del libro e del moschetto", Montaldeo, Alessandria 2010, archivio Ugo Pasini
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San Sebastiano Curone, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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San Sebastiano Curone, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
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San Sebastiano Curone, Alessandria, archivio Paolo Cebrelli di Castellar Guidobono (AL)
Metamorfosi
Le immagini qui sotto rappresentano uno scorcio di Spinetta Marengo, comune in provincia di Alessandria, prima dell'avvento del fascismo e dopo. L'edificio centrale passa di mano e da "Società Operaia" diventa "Casa Littoria". Archivio Ugo Pasini
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​"La più profonda eloquenza è nei fatti"
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Lavenone, Brescia, dicembre 2016
Non tutti i detti mussoliniani erano di carattere militante, alcuni esprimevano semplicemente nobili intenti o avvertenze di spiccato buon senso:

Adoriamo il lavoro che dà la bellezza e l'armonia alla vita
Anche con l'opera quotidiana, minuta ed oscura si fa grande la Patria
Solo con il lavoro e con la collaborazione fra tutti gli elementi della produzione si aumenterà il benessere individuale
Il popolo italiano ascolta le parole, ma giudica dai fatti
A tutto il popolo italiano una casa
Il lavoro tranquillo, ordinato, intelligente, deve diventare la norma fondamentale di vita di tutti i buoni cittadini italiani
L'obbiettivo sul terreno economico é la realizzazione di una più alta giustizia sociale per il popolo italiano
Disciplina, concordia e lavoro per la ricostruzione della Patria
La disciplina deve cominciare dall'alto se si vuole che sia rispettata in basso
La bandiera si onora degnamente in un modo solo: compiendo sempre e comunque il proprio dovere
La più profonda eloquenza è nei fatti
Eguaglianza verace e profonda di tutti gli individui di fronte al lavoro e di fronte alla Nazione​
Bisogna evitare più che sia possibile la guerra tra le classi, perchè essa nell'interno di una nazione è "distruggere"
Un popolo forte non teme la verità, la esige​
Solo dall'armonia costituita dai tre principi: capitale, tecnica e lavoro vengono le sorgenti della fortuna
Distruggere è facile, ma ricostruire è difficile
Onorate il pane, gloria dei campi, fragranza della terra, festa della vita


I propositi assennati rimanevano solitamente lettera morta, come nei tempi odierni.
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Pagina realizzata da Giuseppe Zurla e Pierlino Bergonzi. Hanno collaborato: Ugo Pasini, Silvana Caroli, Silvia Parmigiani, Arrigo Francani e Cristiano Maggi. Pagina pubblicata il 20 dicembre 2016