L'ultimo valzer del Capitano Mak, di giuseppe Zurla
In occasione delle celebrazioni per il 70esimo capita ancora di fare incontri inattesi e conoscere personaggi che, pur in posizione più defilata, sono stati a pieno titolo protagonisti della guerra di Liberazione. Uno di questi è Angelo Scacchi, piacentino Doc classe 1927 allora residente tra vicolo Cortazza, una traversa di via Borghetto da cui si accede a San Sisto, e il popolarissimo rione di Cantarana. Ultimo di un fratello e una sorella entrambi Partigiani, ho fatto la sua conoscenza il 19 Luglio a Tabiano alla commemorazione di Wladimiro Bersani, primo comandante della Resistenza piacentina. La sua storia m’interessa e ci siamo dati appuntamento dopo qualche giorno alla Cooperativa Gaetano Lupi di via Taverna. Angelo ricorda tutto con dovizia di particolari, è preciso e circostanziato. Nonostante la giovane età è stato tra i primi ad entrare nella Resistenza subito alla metà del Settembre 1943, prima con volantinaggi, poi aiutando 6 soldati Inglesi e 2 nordafricani che fuggiti dalla prigionia vagavano per la città col rischio di farsi riprendere. Assieme all’amico Piero Cella di qualche anno più anziano che abitava in via Taverna li infrattano tra i boschetti sulle rive del Trebbia alla confluenza col Po e provvedono al loro sostentamento con uscite furtive all’imbrunire per non farsi scorgere dai tedeschi o dalle spie fasciste.
Era ovviamente una sistemazione provvisoria cui in 4 posero termine riuscendo a salire su un treno e raggiungere la Svizzera confusi tra i frontalieri. A guerra finita, dopo diversi anni due di loro torneranno a Piacenza per riconoscenza verso chi li salvò. Gli altri preferirono seguire i piacentini intenzionati a raggiungere la Valnure per arruolarsi nelle file dell’Istriano, al secolo Ernesto Poldrugo, che già allora era uno dei capi più stimati. Tanto fervore ma, fino a quel momento, ancora nessuna arma tra le mani di quei volonterosi. Il Natale del 1943 venne passato fuori casa a Cogno San Savino. Nella primavera la formazione ridiscese la valle e a Farini d’Olmo si scontrò con i nazifascisti nella lunga battaglia per la conquista dell’abitato che costò la vita al Comandante Caio (Guerci Ferdinando) medaglia d’oro al valor militare. Il ragazzo di Cantarana diventa uomo con il battesimo di fuoco, nome di battaglia Bruno, e ha solo 17 anni. Dotato di un’ottima memoria parla in modo svelto inanellando ricordi tanto che si fatica a seguirne la narrazione- Nel continuo peregrinare fra i monti ha l’opportunità di conoscere personaggi leggendari, quali Emilio Canzi, e Don Giovanni Bruschi, il parroco Partigiano di Peli. E’ a Boccolo Noce in avvicinamento alla Divisione Valdarda quando per la morte di Bersani i piani cambiano e si porta in Val Tidone nella zona di Fausto ed è fra i protagonisti di uno scontro a fuoco con la Salodiana Divisione Mantova comandata dal fratello del gerarca Farinacci. Le difficoltà e i pericoli affratellano ed ecco che può contare su un nuovo amico, Basul Andrej di Poltava, Ucraina, evaso dalla prigionia, col quale condivide fame e pericoli. Gli giunge notizia che la sorella Luisa, Partigiana è stata catturata e torturata ma, anche quella che è stata liberata dalla Resistenza grazie ad uno scambio con prigionieri tedeschi.
Gli episodi su susseguono ma poi ne arriva uno abbastanza particolare. Una sera, sulle colline di Montesanto presente il famoso capitano Mak, (Archibald Donald McKenzie), il commissario politico Venturi e diversi altri combattenti fra i quali un gruppetto di russi ed olandesi si sta armeggiando attorno ad un apparecchio radio, per collegarsi a Radio Londra e si finisce per sintonizzarsi casualmente su Radio Monte Ceneri. Tra la sorpresa generale si diffondono per l’aria le note di un valzer di Strauss.
Mak si alza, ridendo s’inchina, invita un russo a ballare e subito si formano altre coppie che ondeggiano fra il terreno sconnesso nel tentativo di seguire quei ritmi allegri. Restano fermi, seduti e attoniti Angelo, che non aveva mai ballato e Venturi. E’ un momento incredibile di gioia quasi un inno alla vita e alla pace tra i crepitii delle armi che preludono alla morte. Mak morirà il 6 ottobre 1944 nei pressi di Albarola in uno scontro a fuoco e quello è stato certamente il suo ultimo valzer. Fu una straordinaria figura di ufficiale che generosamente scelse di stare fra di noi e mettere le sue capacità a disposizione dei Partigiani a differenza di altri commilitoni che preferirono tornare in Patria. Angelo ne parla con grande devozione e col rispetto che si deve a uno dei grandi che ha avuto l’opportunità di conoscere. Il colloquio è finito, ci salutiamo ed il Partigiano torna a casa dove da 5 anni vive solo, vedovo dopo 55 anni di matrimonio. Sono felice di averlo conosciuto e di aver sentito la sua storia che qui ho brevemente sintetizzato. La democrazia e la Costituzione ci vengono anche da personaggi semplici e genuinamente popolari come lui.
Mak si alza, ridendo s’inchina, invita un russo a ballare e subito si formano altre coppie che ondeggiano fra il terreno sconnesso nel tentativo di seguire quei ritmi allegri. Restano fermi, seduti e attoniti Angelo, che non aveva mai ballato e Venturi. E’ un momento incredibile di gioia quasi un inno alla vita e alla pace tra i crepitii delle armi che preludono alla morte. Mak morirà il 6 ottobre 1944 nei pressi di Albarola in uno scontro a fuoco e quello è stato certamente il suo ultimo valzer. Fu una straordinaria figura di ufficiale che generosamente scelse di stare fra di noi e mettere le sue capacità a disposizione dei Partigiani a differenza di altri commilitoni che preferirono tornare in Patria. Angelo ne parla con grande devozione e col rispetto che si deve a uno dei grandi che ha avuto l’opportunità di conoscere. Il colloquio è finito, ci salutiamo ed il Partigiano torna a casa dove da 5 anni vive solo, vedovo dopo 55 anni di matrimonio. Sono felice di averlo conosciuto e di aver sentito la sua storia che qui ho brevemente sintetizzato. La democrazia e la Costituzione ci vengono anche da personaggi semplici e genuinamente popolari come lui.