Week end in Val Boreca
C'è un luogo incantato nella nostra provincia, sconosciuto ai più perché lontano dalle consuete mete domenicali e che si è preservato nel tempo forse perché nascosto gelosamente come solo sanno esserlo i tesori veri. Un posto unico pur tra le tante peculiarità di cui è ricco il nostro territorio dove una volta giunti la prima sensazione che si prova è quella che il tempo sembra essersi fermato. Per arrivarci bisogna raggiungere gli estremi confini dei nostri limiti amministrativi dove L'Emilia s'incontra con la Liguria, la Lombardia e il Piemonte. Questo paradiso miracolosamente intatto e non ancora perduto e' la Val Boreca. Isolata geograficamente, con scarsa viabilità, circoscritta fra due catene montuose che dal crinale superiore vanno a chiudersi verso il Trebbia dove spiccano le cime più alte che sono a sud l'Alfeo e a nord il Lesima. Il verde è il colore dominante. Tutti i versanti sono coperti da folta vegetazione con piante maestose quali faggi querce e castagni secolari. Scenari ormai impossibili nei boschi cedui della media collina. Per arrivarci bisogna risalire quasi tutta la parte piacentina della statale 45, quella della Val Trebbia, che specialmente nella parte alta s'incunea negli Appennini fra panorami di rara bellezza. Il fiume discende a valle scivolando nei meandri che ha creato nei millenni e che sono autentiche meraviglie geologiche.
Solo l'incredibile e sacrilega sfrontatezza umana può pensare di profanare questi posti con sbarramenti che in poco tempo altererebbero irreparabilmente quello che la natura con le sue leggi ha costruito in millenni. Dopo Marsaglia la strada si fa sempre più tortuosa, il fondovalle più stretto e infine arrivati a Traschio si attraversa il ponte che porta sulla riva sinistra del Trebbia da dove inizia la risalita alla valle. Il fondo stradale e buono anche se la carreggiata si riduce bruscamente e i tornanti si fanno stretti e ripidi. Il primo paese e' Cerreto poi a seguire si arriva a Zerba, sede comunale, infine Vesimo, Pey e per ultimo Capannette a quota 1500. Questo versante e' sovrastato dal Lesima sulla cui cima troneggia quel grande radar sferico visibile anche dalla città nelle giornate senza foschia. Dalla parte opposta, a mezza costa sui versanti dell'Alfeo, sono 6 frazioni toccate da stretti sentieri e antiche mulattiere ma con il selciato ancora in buon stato. Per prima s'incontra Artana, da dove si prosegue per Bogli, poi Suzzi, Pizzonero, Belnome e infine Tartago. Un itinerario possibile in giornata solo ad escursionisti ben allenati. Capitai per la prima volta portato da amici circa 30 anni fa, ne fui subito colpito, e ogni volta che riesco a tornare anche per una breve visita e' sempre un'emozione.
Addentrandosi tra le viuzze dei paesini tra vecchie case, strettoie e archi in pietra si nota che numerose abitazioni sono state restaurate con cura e rese più confortevoli anche se poi per lunghi mesi restano desolatamente vuote. Ogni paese con la sua chiesetta, il piccolo cimitero e lapide dei Caduti dove sono più numerosi quelli della prima guerra mondiale. Anche in questi posti sperduti, ma una volta molto popolati, la cartolina precetto arrivava per chiamare i giovani alla difesa della Patria e dei suoi confini una volta definiti sacri e che ora, nemmeno un secolo dopo, non servono più. Un posto segnato,dalla fatica di generazioni di contadini e boscaioli dove i lupi e aquile che sono al primo posto nella catena alimentare convivono assieme alle loro prede. Ho ascoltato storie di brigantaggio di inverni durissimi, eccidi fascisti nel periodo della lotta partigiana, di un bombardamento (sembra per fuoco amico) che nell'agosto del 1944 causò 32 morti, ma, più lontano in quello spazio indefinito tra storia e leggenda si racconta dei Cartaginesi al comando di Annibale che per primi colonizzarono la valle fondando insediamenti di cui rimane traccia nella toponomastica locale. Li si riorganizzarono per scendere poi in pianura e battere i Romani nella battaglia del Trebbia combattuta alle porte della nostra città. Certo che immaginare elefanti e soldati africani su quei sentieri innevati richiede un grande sforzo d'immaginazione.
Questa è la Val Boreca che ancora oggi appare com'era anticamente e accoglie i visitatori con i suoi panorami, i grandi silenzi dei suoi boschi e dei suoi borghi disabitati. Più sotto, al fondo valle, scorre con fragore il Boreca gonfio di quella buonissima e preziosa acqua che muoveva i mulini alleviando la fatica umana, consentiva l’agricoltura e, in definitiva, permetteva la vita di uomini e animali. Il suo breve percorso termina nel Trebbia che ne trae un grande giovamento. Questa succinta cronaca vuol essere un doveroso tributo a un luogo unico e meraviglioso ed insieme un invito a una visita per i molti piacentini che non la conoscono e devono tendere a valorizzare questi patrimoni ambientali di casa nostra. Qualcosa si muove. Ora la ricettività turistica si è arricchita di alloggi con la formula del bed and breakfast che permettono soggiorni in stretto contatto alla realtà dei luoghi. Siamo stati a Cerreto dove, quando si fa notte, si vedono le stelle grandi e brillanti come non è più possibile in città, si dorme in una pace assoluta e poi al mattino capita di svegliarsi con rumori inusuali quali il fruscio del vento fra le piante, il canto degli uccelli o la lontana eco del rintocco di una campana. Si resta ammirati in silente meditazione davanti a spettacoli della natura e si prova il piacere di tornare a vivere, almeno per qualche giorno, nei ritmi e nella dimensione che era quella dei nostri avi tanti anni fa.
(Tratto da "L'urtiga, quaderni di cultura piacentina", nr 11, 2016 -www.facebook.com/urtigapiacenza-, testo di Giuseppe Zurla)
(Tratto da "L'urtiga, quaderni di cultura piacentina", nr 11, 2016 -www.facebook.com/urtigapiacenza-, testo di Giuseppe Zurla)