Cattura di Mezzanotte
Albert Frank Myhill e i fatti di Rosasco
di Piero Ricci
Albert Frank Myhill e i fatti di Rosasco
di Piero Ricci
Talvolta la storia va ricostruita da fonti esterne. In questa pagina ci occupiamo di un prigioniero inglese che venne catturato in Africa dai tedeschi e poi trasferito in un campo di detenzione vicino a Mortara. Dopo l'otto settembre riesce a fuggire ma viene ripreso e spedito in Germania. Nel periodo di detenzione in Italia si trovava a Rosasco (Pavia). Di Rosasco l'inglese mantenne un bel ricordo fino ad arrivare a chiamare la propria casa in Inghilterra col nome di “ Rosasco”.
Mezzanotte
Mezzanotte, definita l’ora dell’amore in una nota canzone, significa libertà per alcuni e prigionia per altri. L’appassionato lettore, se ne abbiamo, ricorderà che il precedente articolo relativo alla prigionia e successivo riparo in Svizzera era intitolato “Fuga di Mezzanotte” e non dimenticherà che le vicissitudini dei prigionieri si concludeva, come in un bel film, a sciare sulle piste di Adelboden (vedi foto), dove era presente un centro di raccolta per ex prigionieri. La foto che avevamo recuperato e che riproponiamo testimonia questo fortunato esito anche se l’evidente magrezza degli individui lascia comprendere le vicende complesse che gli stessi avevano attraversato . Qui il link per leggere la pagina "Fuga di mezzanotte".
Ma il cosi detto lieto fine non era decisamente scontato; per molti altri soldati la fine delle sofferenze arriverà solo al termine del conflitto. Questi militi sfortunati trascorreranno un altro anno e mezzo nei campi di prigionia in Germania, nel periodo più’ difficile per quel paese. Infatti molti prigionieri vennero catturati pochi mesi dopo la fuga dal campo. E questa e’ la storia che oggi racconteremo.
La foto sopra descrive meglio di qualsiasi altra cosa la delusione e l ‘amarezza di questi giovani soldati neozelandesi che dopo aver assaporato un barlume di libertà a seguito degli eventi dell’8 settembre si ritrovano stipati su un carro bestiame in direzione Germania. La foto in questione presumibilmente è stata scattata nei giorni successivi all’otto settembre, visto l’abbigliamento leggero degli stessi. Nel nostro caso la cattura avviene però a mezzanotte del 23 dicembre 1943.
E’ infatti dalla cartolina di prigionia allegata che identifichiamo l’inizio di una storia che con la nostra ricerca tentiamo di ricostruire ed allargarla dando una prospettiva ad eventi che sebben iniziati in Africa e finiti in Germania passano molto vicino a noi. La cartolina esprime tutto quello che la foto precedente del treno mostra senza parole.
Ecco una breve traduzione:
“Cara Joyce, dopo essere stato libero per circa 4 mesi sono di nuovo un prigioniero di guerra. Sono stato catturato a mezzanotte del 23.12.1943. Solo 2 giorni prima di Natale, una bella sfortuna. Ma non manca molto ancora a quando ritorneremo insieme . Con tutto il mio amore . Albert “
Ecco una breve traduzione:
“Cara Joyce, dopo essere stato libero per circa 4 mesi sono di nuovo un prigioniero di guerra. Sono stato catturato a mezzanotte del 23.12.1943. Solo 2 giorni prima di Natale, una bella sfortuna. Ma non manca molto ancora a quando ritorneremo insieme . Con tutto il mio amore . Albert “
Albert Frank Myhill
Chi è Albert che scrive una cartolina cosi commovente e piena di storia e significato e cosa c’entra il Grac con lui? O meglio chi era visto che e’ scomparso nel 2001. E’ sempre tramite internet dove captiamo un'altra richiesta di tracciare eventi del passato. Questa volta l’approccio non e’ casuale: il contatto ci arriva direttamente tramite una ricercatrice inglese basata in Italia, che indirizza Sarita, la figlia di Albert, a contattarci per poter ottenere più informazioni circa il periodo di prigionia e di occultamento dopo l’8 settembre. Come avrete già notato il Grac non si occupa solo di aerei caduti e non disdegna di uscire dal piacentino. Ci teniamo pero’ a insistere che su questa tematica esiste una autorità’ in merito che è indiscutibilmente il Prof Zucca, che con il suo libro sull'argomento in questione ha raccontato in modo esaustivo le vicende di questi prigionieri.
Il libro del Professor Zucca ha affrontato in maniera completa la tematica ed a questo testo rimandiamo chiunque voglia approfondire. Noi ci limitiamo ad aiutare i parenti nelle ricerche e raccontare qualche episodio. Abbiamo recentemente proposto al caro professore di tradurre il libro in inglese per renderlo disponibile a tutto il mondo anglosassone visto il valore che riveste.
Ma ritorniamo ad Albert. Egli fu prigioniero di guerra in Italia e lo si desume dalla prima cartolina dal campo di prigionia 59 di Servigliano (campo di smistamento) per poi finire all'ormai noto Campo 146 di Mortara; più esattamente nel campo satellite o sotto campo di Rosasco. Qui Albert godeva, al pari degli altri prigionieri, di una discreta libertà. Dopo l’8 settembre fugge come gli altri, ma viene catturato alla mezzanotte del 23 dicembre 1943 e da qui inviato in Germania allo Stalag 4f presso Hartmansdorf vicino a Chemnitz, dove viene poi liberato alla fine del conflitto. Albert era un membro del Reggimento 65esimo AntiCarro della Royal Artillery. Della permanenza a Rosasco Albert ci lascia due cose importanti: un foglio con tre indirizzi e una meravigliosa foto di mondine abbracciate e sorridenti. E da qui partiamo alla ricostruzione degli eventi e fatti di Rosasco.
Norfolk Yeomanry (The King's Own Royal Regiment) 65th (Norfolk Yeomanry) Anti-Tank Regiment, RA
Andiamo con ordine. Albert Frank Myhill, come già detto, appartiene 65esimo Reggimento Anti Carro dell’Artiglieria Reale,(Norflok Yeomanry ), anticamente discendente da reparti di cavalleggeri. Albert e’ nato nel marzo del 1920 e ha 3 fratelli. Da Bury in Inghilterra il reggimento si sposta a Cipro per essere poi dislocato al Cairo e da qui nel deserto Africano tra Egitto e Libia. E’ probabile che prenda parte alla "Operazione Crusader", nome dell'offensiva militare britannica sferrata nel novembre 1941. L'aggressione, accuratamente organizzata con l'apporto di grandi quantità di mezzi e materiali moderni, venne fortemente contrastata dalle forze italo-tedesche del generale Rommel e non raggiunse tutti gli obiettivi previsti. Fu pero’ la prima vittoria degli Alleati in Africa. La battaglia ebbe un'enormità di eventi intensissimi nei giorni di fine novembre. Nella storiografia italiana si definisce "La Battaglia della Marmarica".
Albert e’ riportato come disperso il 1 dicembre del 1941. Per lui la guerra è finita e comincia la prigionia. La Cartolina qui sotto e’ uno dei pochi documenti che abbiamo recuperato grazie a Sarita. La cartolina è datata 1 ottobre 1942, quindi quasi un anno dopo la cattura arriva al campo di prigionia e smistamento di Servigliano.
Il campo di Servigliano
Come anticipato riteniamo che Albert venga destinato al Campo di lavoro di Rosasco attorno all’aprile 1943.
Rosasco
Abbiamo pertanto visto che la destinazione dopo Servigliano portano Albert al Campo 146 di Mortara e precisamente al sottocampo di Rosasco. Ricordiamo la carenza di manodopera maschile nell’agricoltura a seguito del conflitto e l’idea di rimpiazzarla con i prigionieri. E’ per questo motivo che Albert viene mandato a Rosasco. Qui la coltivazione del riso richiede manodopera da affiancare alle mondine.
Di quel periodo abbiamo solo la foto qui sopra e una lista di nomi femminili. Da qui partiamo con il tentativo di dare maggior sostanza alla storia. La foto è davvero un documento incredibile tanto da sembrare un dipinto. Da questa foto possiamo trarre molteplici prospettive e conclusioni. Il primo punto è che la stessa è stata conservata da Albert attraverso tutte le sue traversie, significando che per lui esprimeva davvero qualcosa di bello ed importante. Secondo, la foto ci mostra una gioventù che sebbene in tempi durissimi e di lavoro massacrante riesce ancora a sorridere e che ha voglia di vivere. Terzo, esprime le radici della nostra terra e della nostra cultura, un cultura fatta di lavoro e di tolleranza, elemento quest’ultimo che emergerà chiaramente nella descrizione dei fatti di Rosasco.
Il contatto
Ammetto di non conoscere Rosasco anzi di confonderlo con Rosate. Guardando meglio mi accorgo che è un piccolo paesino all’estremita’ nord della Lomellina ai confini con il Vercellese. Non c’e’ dubbio, e la foto precedente lo conferma, siamo nella patria del Riso! Come procedere? Mi affido alle autorità’ chiamando direttamente in Municipio. Mi risponde la Polizia Municipale, cerco di argomentare la cosa dando un po’ di sostanza, ma mi accorgo che la faccenda dei prigionieri non sia una novità’. Trovo immediatamente la disponibilità alla collaborazione e, colpo di fortuna, mi viene presentato un signore che diventerà il deus ex machina dell'intera vicenda.
Il comandante Walter Pallanza
Come nella precedente analoga ricostruzione storica, la fortuna di ritrovare notizie e dettagli si materializza con l'aiuto di un personaggio chiave, che in questo caso è Valter Pallanza, responsabile della Polizia Municipale di Rosasco. Walter, cultore di storia locale, in breve tempo rintraccia documenti, fotografie, informazioni e testimoni. Devo quindi esprimere un sincero ringraziamento per tutto quello che ha fatto. Grazie davvero Signor Valter!
Una tradizione di prigionieri
E ‘ proprio grazie al comandante Pallanza che identificando i luoghi relativi alla “ detenzione “ e impiego lavorativo, scopriamo un primo particolare davvero sorprendente. Rosasco, come già’ accennato, ora è un paesino di sole seicento anime; ma durante la guerra contava circa duemila persone. Negli anni della Grande Guerra a Rosasco venne allestito un campo per prigionieri austriaci, che probabilmente venivano anch'essi impiegati come forza lavoro in agricoltura. E’ quindi immaginabile che l’arrivo di un nuovo contingente, tra l’altro abbastanza corposo (approssimativamente un centinaio di persone), venga accolto con il favore della popolazione, poiché la forza lavorativa era scarsissima. Nel primo contatto che abbiamo con il sig.Valter gli sottomettiamo la lista di persone che la figlia di Albert, Sarita, ci aveva presentato. L'elenco è rappresentato nell'immagine qui sotto. Chi sono le persone? ci sono ancora? sono conosciute? vivevano a Rosasco?
Ed e’ proprio il sig. Valter a confermarci che le persone purtroppo non ci sono più; ma sono tutte conosciute, nate e risiedute a Rosasco. E’ evidente che Albert conservo’ questo foglio portandolo in Inghilterra come ricordo del buon rapporto mantenuto con queste persone. E’ sempre tramite la ricerca appassionata di Valter che individuiamo i luoghi di soggiorno e di lavoro dei prigionieri. I "reclusi" venivano infatti alloggiati presso la Cascina Cortona appartenente alla famiglia Natale.
Foto sopra: a sinistra la Cascina Cortona, a destra la Cascina Biana, come si presentano oggigiorno
Da qui gli stessi venivano poi “scortati “ in maniera pero’ molto tranquilla, in base anche alle testimonianze dirette che abbiamo raccolto, alla loro base di lavoro alla Cascina Aie e alla Cascina Biana.
Foto sopra: Rosasco, la Cascina Aie come si presenta oggigiorno
La popolazione accoglie i militari prigionieri come dei figli, probabilmente pensando ai propri che erano ancora in guerra. Loro lavorano sodo e gli abitanti li trattano con rispetto e in alcuni casi con grande affezione. Poi nella stagione delle mondine la vita per i "detenuti" si fa ancora più piacevole e c'è da scommettere che non furono pochi a sperare che durasse quella vita, almeno fino alla fine della guerra. Ma come se la passa il nostro Albert in questo periodo? Non abbiamo documenti che ci dicano qualcosa in merito; otteniamo però delle testimonianze contenute nel diario di un prigioniero neozelandese, che ci mostra il sig. Valter. Qui sotto alcuni passi del diario avuto dal comandante Pallanza.
Laurence J. Reid H Fiji, North Africa and POW
La pagine si interrompono qui. Come citato dal traduttore il libro e’ inedito. L'originale del documento si trova al Emoirs National Army Museum – Waiorou in nuova Zelanda e sarà cura del GRAC richiedere una copia integrale per completare il racconto. Come avrete notato però gli eventi cambiano la sorte dei prigionieri.
L’8 settembre
Come per i soldati italiani, i tragici eventi successivi all’8 settembre si ripercuotono anche sui prigionieri. Il giorno 9 i carcerieri abbandonano la loro posizione e i prigionieri si scoprano improvvisamente liberi, senza sapere bene cosa fare e dove andare. Ed e’ forse qui che la solidarietà della popolazione emerge in maniera più’ consistente. Dalle testimonianze dirette che riportiamo alla fine della pagina risulta evidente la grande umanità con cui la gente del paese aiuta chi decide di rimanere. Per costoro viene trovato un alloggio e assicurati i pasti. Occorre sempre inquadrare gli eventi considerando i pericoli a cui la gente comune era sottoposta. I tedeschi e le ricostituite milizie fasciste cercavano i prigionieri capillarmente.
La caccia ai fuggitivi era iniziata e aiutarli o nasconderli portava grossi rischi qui due volantini che non lasciano dubbi.
Cosa succede ad Albert? Lo deduciamo dal precedente racconto, dalla cartolina iniziale e dalle testimonianze dirette. Riesce probabilmente a nascondersi grazie al supporto della popolazione e vive vicino ad una tragica vicenda che segna il paese di Rosasco.
La vicenda di Angelo Beia ed il tumulto popolare
Il fatto avviene il 4 dicembre del 1943. Tre squadristi a caccia di prigionieri transitano dal mulino Sant'Antonio presso Rosasco...
Foto sopra: il mulino sito in Via Mulini come si presenta in data odierna
Gli squadristi individuano vettovaglie all’interno dello stesso e appostandosi imbrogliano 6 prigionieri inglesi che arrivando scambiano uno degli stessi come il loro benefattore. Nel tentativo di arrestarli alcuni si dileguano mentre il mugnaio del paese che aiutava i prigionieri, Angelo Beia, minaccia gli squadristi con il forcone. Nel parapiglia che ne segue parte una raffica di mitra che colpisce un prigioniero. Gli squadristi che riescono a fermare tre prigionieri, ne chiudono due nei locali del comune e portano il terzo, ferito, a Mortara dove cercando rinforzi. I due prigionieri rinchiusi in Municipio vengono liberati da alcuni abitanti, capeggiati dallo stesso Beia, che penetrano nell'edificio e prelevano di forza i due. Nel frattempo ritornano gli squadristi con i rinforzi; tra questi anche sottufficiali tedeschi. Appena saputo della liberazione dei prigionieri si mettono sulle tracce dell' “ anglofilo sobillatore “ Angelo Beia. In breve lo raggiungono e il Beia, alla vista delle milizie, tenta la fuga; ma un tedesco fa partire una scarica dal suo mitra ferendolo gravemente. Morira’ il 7 settembre del 1943 all’ospedale di Mortara. Il paese viene duramente punito con il coprifuoco e il mulino viene chiuso.
Dov’era Albert? fu coinvolto nei fatti citati? La domanda e’ inevitabile. Se non fu coinvolto direttamente nei fatti lo venne a sapere visto che a Rosasco ci rimane fino al 23 dicembre del 1943, quando sopraggiunge la cattura. E’ infatti dall’uccisione di Beia che Rosasco viene identificato come un paese "difficile" e viene sottoposto a controlli particolari. Alcuni prigionieri presumibilmente tramite le varie organizzazioni seguendo il corso dell’Agogna riescono a fuggire verso la Svizzera. C’e’ pero’ chi viene catturato ed Albert finisce nelle mani tedesche la fatidica notte del 23 dicembre 1944 .
11 Settembre 2018
E’ l’11 Settembre ed andiamo a Rosasco per incontrare alcuni testimoni. Ci vengono presentati all’interno della sede comunale oltre all’avvocato Luigi Rivolta, che sebbene non testimone oculare in qualità di cultore della materia ha raccolto testimonianze precise nel passato.
Intervista all'avvocato Luigi Rivolta
Intervista al signor Martinoli Giovanni
L’incontro piu’ sorprendente è con un “giovanotto” di soli 92 anni che all'incontro arriva in bicicletta. Il sig. Giovanni Martinoli. Lui i prigionieri li vide bene da ragazzo e tra l’altro dopo il conflitto con uno di questi rimase in contatto addirittura andandolo a trovare in Inghilterra. Ne pubblichiamo la foto ed una bella cartolina che l ‘ex prigioniero Myers scrisse al suo amico Giovanni.
Dai nostri records risulta che lo stesso Myers venne catturato e inviato in Germania . E probabile fosse assieme ad Albert.
Sarita a Rosasco
Venerdi 28 Settembre, sempre con l’immancabile aiuto del sig.Valter, la sede Municipale di Rosasco viene aperta per accogliere Sarita e Derek Porter che tracciando le orme del padre vengono a visitare Rosasco. Siamo in compagnia del prof. Zucca, del sig.Martinoli e della sig.ra Lorraine Jones, cittadina inglese che ci aiuta come traduttrice (la signora abita a Rosasco in Via Angelo Beia). Che coincidenze. La serata e’ molto interessante si portano in calce le interviste fatte a Sarita , Derek e al prof. Zucca, dove abbiamo cercato di raccontare la storia sotto i vari punti di vista. Il giorno dopo i Porter con la grande disponibilità del sig. Valter e della Sig Lorraine visiteranno le varie cascine e andranno sulla tomba di Rosita. Momenti di grande emozione per tutti in memoria di Albert.
Intervista a Sarita Porter
Intervista a Derek Porter
Intervista al Prof .Giuseppe Zucca