"Un giorno faranno la guerra e nessuno ci andrà" (1)
di Pierlino Bergonzi
di Pierlino Bergonzi
"La guerra garantisce sempre a tutti i contendenti un risultato certo: i cimiteri di guerra" (2)
Il sigaro e il fucilatore
Dopo la disfatta di Caporetto, il 2 novembre 1917 Cadorna nomina il generale Andrea Graziani “Ispettore Generale del Movimento di Sgombero delle truppe in ritirata tra Piave e Brenta”, col compito di "ristabilire la disciplina" nei reparti. Graziani non perde tempo e, per dimostrare al suo capo quanto era in gamba, il giorno dopo, 3 novembre, ispezionando le truppe del 1° Reggimento di Artiglieria da montagna, vede un artigliere col sigaro in bocca e nota che prontamente non se lo toglie quando gli passa davanti. Per questa "gravissima insubordinazione" emette subito la "salutare sentenza" e ne ordina l'immediata fucilazione, che avviene qualche ora dopo nella Piazza di Noventa Padovana. Nel 1915 Graziani fu decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare per “...fulgido esempio ai suoi dipendenti di virtù e valore militare”. Aderì al fascismo e il 18 agosto 1923 divenne Luogotenente Generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (grado equivalente a Generale di Divisione dell’Esercito).
"Quando chi sta in alto parla di pace, la gente comune sa che ci sarà la guerra. Quando chi sta in alto maledice la guerra, le cartoline precetto sono già state compilate" (3)
Un cannone sull'Adamello
Tattiche di guerra che oggi farebbero sorridere, ma che durante la Grande Guerra erano crudeli realtà, come trascinare un cannone d'artiglieria pesante su Testa Croce nel Gruppo dell'Adamello. Il pezzo campale pesante, denominato 149G, dal peso di oltre sessanta quintali, giunse a Edolo in ferrovia il 9 febbraio 1916; poi venne trasportato con carri fino a Malga Caldea in Val d'Avio, quota 1580 metri. Da qui venne separato in due pezzi e fissato su due slitte speciali costruite per l'occasione. Poi con la sola forza umana di centinaia di soldati venne trainato sul ghiaccio per arrivare al Rifugio Garibaldi, 2535 metri, il 17 aprile. Il 27 aprile raggiunse Passo Venerecolo a 3236 metri, un'altezza mai raggiunta da un pezzo d'artiglieria così potente e pesante. Successivamente fu trascinato atttraverso la Vedretta del Mandrone e finalmente raggiunse Testa Croce, da dove entrò in azione a metà giugno contro le postazioni austriache sul Corno di Cavento. Sotto le immagini del cannone oggi e una foto d'epoca ripresa durante il trasporto.
"Qui gli alpini trovarono un altro nemico implacabile... L'inverno durava otto mesi ininterrotti, con nevicate abbondanti da ottobre a maggio ed altezze medie della neve dai 10 ai 12 metri. Il freddo, nemico quotidiano e implacabile, oscillava mediamente in questo periodo dai meno 10 ai meno 15 con punte notturne da meno 25 ed anche oltre. In questo "inferno bianco" alpini italiani, Kaiserschutzen austriaci ed altri soldati imperiali, oltre a combattersi fra loro, dovevano anche tenere testa agli elementi scatenati dalla natura, fra cui le implacabili e micidiali valanghe che, in proporzione, causarono più vittime che non gli effetti dei veri e propri combattimenti." ("Guerra Bianca in Adamello, guida al museo di Temù", di John Ceruti, 1990)
"Io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre" (4)
"Magari ci fossero tanti topi come sul fronte italiano" (*)
A dire queste parole fu un prigioniero italiano al campo di Mauthausen nel 1918 che, come tanti altri militari del Regio Esercito, si dedicava alla caccia dei ratti per poi cibarsene. I prigionieri italiani, a differenza degli inglesi e francesi, che furono supportati dai loro governi, non ricevevano nessun aiuto dal governo italiano. Per i nostri generali erano considerati dei vili che si erano arresi al nemico e pertanto era giusto che soffrissero. Non solo, per la stessa cinica e infima ragione, in molti casi fu boicottata anche la Croce Rossa Internazionale e i pacchi inviati dai famigliari. D’Annunzio e il Comando Supremo bollarono i nostri militari catturati con l’epiteto di “imboscati d’oltralpe”. Non così per gli ufficiali, i quali vivevano separati dai soldati e ricevevano un altro trattamento; prendevano anche lo stipendio mensile pari al grado avversario e a loro venivano regolarmente inoltrati pacchi viveri dall'Italia; in caso di necessità potevano acquistare cibo nelle botteghe del paese, infatti era concesso loro un paio di "libere uscite" alla settimana. Scriveva nel suo diario Carlo Salsa, ufficiale d'artiglieria e prigioniero dopo Caporetto a Theresienstadt:
"Al campo della truppa, prossimo al nostro, sono concentrati 15.000 soldati: ne muoiono circa 70 al giorno per fame. Spesso questi morti non vengono denunciati subito per poter fruire della loro razione di rancio, i compagni li tengono nascosti sotto i pagliericci fino a che il processo di decomposizione non rende insopportabile la loro presenza." (**)
"Al campo della truppa, prossimo al nostro, sono concentrati 15.000 soldati: ne muoiono circa 70 al giorno per fame. Spesso questi morti non vengono denunciati subito per poter fruire della loro razione di rancio, i compagni li tengono nascosti sotto i pagliericci fino a che il processo di decomposizione non rende insopportabile la loro presenza." (**)
Su 600 mila prigionieri italiani, 100 mila morirono di stenti, il quintuplo dei prigionieri delle altre nazioni.
Il 18 gennaio 1916 il cardinale Raffaele Scapinelli di Leguigno, Pro-Nunzio apostolico a Vienna, visita i prigionieri di guerra italiani a Mauthausen e nella sua dettagliatissima relazione tirando le somme scrive:
"...Credo di poter affermare, che in tutto l’assieme il trattamento dei prigionieri è buono, e che il Governo da parte sua fa tutto il possibile per non dare motivo a lagnanze..." (***)
"...Credo di poter affermare, che in tutto l’assieme il trattamento dei prigionieri è buono, e che il Governo da parte sua fa tutto il possibile per non dare motivo a lagnanze..." (***)
Le foto sopra sono state scattate dal capitano medico Francescantonio Daniele Michele, internato a Mauthausen, e tratte dal libro "Mauthausen 1918, una tragedia dimenticata", di Gian Paolo Bertelli, edito sul sito http://www.picocavalieri.org.
Riferimenti per la compilazione dell'articolo "Magari ci fossero tanti topi come sul fronte italiano": Paolo Antolini in www.storiaememoriadibologna.it; "I prigionieri italiani dopo Caporetto", di Camillo Pavan, Treviso 2001; "Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra", di Giovanna Procacci, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2000; www.digilander.libero.it; www.lagrandeguerraperlascuola.it; “Calvario di Guerra”, di Francescantonio Daniele Michele, Alpes editore, 1932; “Calvario d’oltr’Alpi – appunti e note di 29 mesi di prigionia in Austria-Ungheria”, di Eugenio Masucci e Leopoldo Riccardi di Lantosca, Roma 1918; "Prima dell'alba", di Paolo Malaguti, Editore Neri Pozza, 2017; "Prigionieri dimenticati. Cellelager 1917-1918", di Giovanni Re, Mursia Editore, 2011.
(*) "Mauthausen 1918" di Gian Paolo Bertelli, op. cit.
(**) Paolo Antolini in www.storiaememoriadibologna.it
(***) "Mauthausen 1918" di Gian Paolo Bertelli, op. cit.
Riferimenti per la compilazione dell'articolo "Magari ci fossero tanti topi come sul fronte italiano": Paolo Antolini in www.storiaememoriadibologna.it; "I prigionieri italiani dopo Caporetto", di Camillo Pavan, Treviso 2001; "Soldati e prigionieri italiani nella Grande Guerra", di Giovanna Procacci, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2000; www.digilander.libero.it; www.lagrandeguerraperlascuola.it; “Calvario di Guerra”, di Francescantonio Daniele Michele, Alpes editore, 1932; “Calvario d’oltr’Alpi – appunti e note di 29 mesi di prigionia in Austria-Ungheria”, di Eugenio Masucci e Leopoldo Riccardi di Lantosca, Roma 1918; "Prima dell'alba", di Paolo Malaguti, Editore Neri Pozza, 2017; "Prigionieri dimenticati. Cellelager 1917-1918", di Giovanni Re, Mursia Editore, 2011.
(*) "Mauthausen 1918" di Gian Paolo Bertelli, op. cit.
(**) Paolo Antolini in www.storiaememoriadibologna.it
(***) "Mauthausen 1918" di Gian Paolo Bertelli, op. cit.
"Come cominciano le guerre? I diplomatici raccontano bugie ai giornalisti, poi credono a quello che leggono" (5)
Via Cadorna a Orgosolo
Spesso si legge il nome della via o della piazza che si percorre senza pensare chi era il personaggio alla quale è stata dedicata. Nell'immaginario collettivo è scontato che se a un tale hanno dedicato una via/piazza pubblica sia stato una personalità di rilievo in senso positivo. Ma non sempre è così. Nel caso specifico del generale Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito nella Prima Guerra Mondiale, non è affatto così: si trattava di una persona crudele che considerava i suoi uomini come pezze da piedi e li faceva fucilare con estrema facilità in "onore alla disciplina"; financo accusarli di codardia per mascherare le sue incapacità strategiche (per approfondimenti sul generale Cadorna si veda la pagina di Repetti qui). Gli abitanti di Orgosolo hanno voluto specificare, proprio sotto la targa del nome, chi era il personaggio al quale lo Stato ha dedicato una via nel loro paese. Non si può che ammirare la lungimiranza e il coraggio di questo fiero Popolo Sardo. (Foto Quinto Boi, febbraio 2018)
"La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire!" (6)
Rivergaro 1918: canta e muori
Il soldato Pasquale Lasocca il 28 gennaio 1918 si trova nella prigione del Reggimento a Pieve Dugliara di Rivergaro. Per ingannare il tempo intona una canzonaccia che ha come tema la guerra. Gli altri "reclusi" si divertono e condividono. Richiamato dal teatrino arriva l'aspirante ufficiale Antonio Jadocicco del 1° Reparto di Istruzione di Rivergaro e ordina di cessare immediatamente il canto. Pasquale, forse non sente, forse non vuole smettere, prosegue con la sua esibizione canora. Jadocicco estrae la pistola dalla fondina, gliela punta alla testa, tira il grilletto. Pasquale si accascia in una pozza di sangue: non canterà mai più! L'aspirante ufficiale viene arrestato: deve rispondere di omicidio volontario. Al processo l'imputato sostiene che l'ha fatto perchè Pasquale cantava una canzone che "suonava atroce offesa al comandante supremo del nostro esercito". Jadocicco vien assolto dal giudice, generale cav. Rondi, per "inesistenza di reato". Il quotidiano "Libertà" di Piacenza apprezza la sentenza.
Cfr. "Grande Guerra, dopo la ritirata di Caporetto, disertori e fucilazioni nel piacentino", di Ippolito Negri, sulla rivista "L'Urtiga, quaderni di cultura piacentina", numero 15, anno 2017; "La Grande Guerra ad un secolo dal cruciale 1917". Un bilancio, di Romano Repetti. Relazione alla conferenza dell’11 novembre 2017, organizzata dall’Anpi di Piacenza in collaborazione con l’Archivio di Stato di Piacenza.
"Non c'è niente di buono nella guerra, eccetto la sua fine" (7)
Continua...
Note
(1) Carl August Sandburg
(2) Linu ad Bartul
(3) Bertolt Brecht
(4) Oriana Fallaci
(5) Karl Kraus
(6) Albert Einstein
(7) Abraham Lincoln
(1) Carl August Sandburg
(2) Linu ad Bartul
(3) Bertolt Brecht
(4) Oriana Fallaci
(5) Karl Kraus
(6) Albert Einstein
(7) Abraham Lincoln