“Lascialo andare per le tue montagne”
di Donata Meneghelli
di Donata Meneghelli
Ora riposa tra le sue montagne, Franco Sorenti che l’Appennino piacentino e parmense lo conosceva come le sue tasche. Proprio come suo padre partigiano Giacomo Sorenti (Pipola) che, col nome di battaglia Matteotti, combatté contro i nazi-fascisti. Lui, Franco (all’anagrafe Francesco) ha invece combattuto contro un nemico invisibile – il Covid – che ce lo ha portato via, prematuramente, inaspettatamente, crudelmente, nel periodo più furioso dell’emergenza sanitaria. Lo ha sottratto alle persone che lo amavano. Ed erano tante.
Ne hanno fatto memoria in più occasioni: con una cerimonia il 13 agosto, prima che le sue spoglie mortali fossero deposte nel cimitero della sua Bore, il paese d’origine della sua famiglia, che lo aveva dato alla luce 72 anni fa. Franco era poi cresciuto a Fiorenzuola, alle case operaie di via Carducci.
Gli amici lo hanno ricordato anche con una camminata il 25 luglio da Metti di Bore a Bellagamba: c’erano 70 persone (oltre non si poteva andare, per ragioni di sicurezza). Tra i suoi amici ci sono i soci del Grac (Gruppo ricerca aerei caduti), oltre ai volontari del Museo della Resistenza di Sperongia, i Camminatori della Valtolla, la Pro Loco di Bore, le sezioni Anpi di vari territori.
Gli amici lo hanno ricordato anche camminando sulle sue orme. E a Franco sarebbe piaciuto. Lui, che dopo aver scalato da giovane il gruppo dell’Himalaya e dopo aver viaggiato per il mondo, negli ultimi anni - col suo passo tenace e mite - segnava il territorio dei suoi padri e dei Padri della Repubblica italiana. Lui, che era ansioso di poter partire per una nuova avventura - il cammino di Santiago - con l’amico Fausto Ferrari, col quale aveva dato alle stampe il libro “Sentieri escursionistici dell’alta Valdarda”.
Lui, ribattezzato comandante Pacio, persona laica e libera, “mangiapreti”, diceva di sé sorridendo, aveva in progetto di camminare verso le stelle: a Compostella, il campo delle stelle. Oggi Franco è forse una di quelle stelle, che non sta ferma e che ci guarda camminare quaggiù, sulle sue tracce. Lo vogliamo sperare.
L’ultima volta che ci vedemmo era il 4 marzo (Franco sarebbe mancato poco più di due settimane dopo): era un venerdì e ci incontrammo a distanza di sicurezza, con mascherina e senza poterci abbracciare. Ma bastavano gli occhi grigio-azzurri del Pacio a parlare. Mi consegnò il suo libro, fresco di stampa: i “Sentieri della Libertà”. Un titolo semplice e splendido. Con una dedica presa a prestito dalle parole di Piero Calamandrei:
“Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi con lo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre resistenza”.
Il libro di Franco verrà presentato sabato 12 settembre alle ore 21 a Castellarquato: nel cortile del Museo geologico Cortesi. Nel libro troverete mappe, foto indicatrici degli incroci, schede informative, immagini per riconoscere i profili dei monti e i loro nomi, ma anche documentazioni e testimonianze storiche, sui cinque sentieri partigiani che lui ha riscoperto dalla memoria: sono le stradine di montagna usate (e anzi spesso ricavate) dai partigiani della Divisione “Valdarda”. Franco, insieme ad un ristretto gruppo di amici tra cui Fausto Ferrari e Furio Ovali, li ha scoperti, tracciati, segnati.
Quello a cui è più affezionato è il sentiero di Giovanni Lo Slavo, il comandante partigiano ‘straniero’ che si innamorò di Valentina Maccini di Settesorelle (e la portò con sé in America rendendola sposa e madre) e che ebbe proprio Giacomo Sorenti come guida tra le colline dell’Alta Valdarda.
Il sentiero di Giovanni Lo Slavo è stato inserito anche nella guida nazionale edita dal CAI con RCS, pubblicata qualche anno fa. Franco ne era stato molto orgoglioso. Nel suo prezioso libro, ci sono poi i sentieri di Settesorelle – Luneto; Morfasso – Teruzzi; Guselli – Rocchetta. Ed un quinto che vedrete svelato nel libro. Franco li aveva generosamente condivisi anche su questo sito del Grac.
Conservava ancora il binocolo di suo padre Pipola e lo portava al collo, talvolta, quando accompagnava gruppi e scolaresche per quei sentieri. Un giorno accompagnò anche una mia classe (allora insegnavo all’Agraria di Fidenza) al Monte Lama e gli occhi degli studenti si accesero insieme ai suoi, a sentir parlare dei ribelli della montagna, dei lanci degli Alleati, della voglia di libertà di giovani di oltre 70 anni prima.
Con gli amici del Grac Franco aveva anche effettuato alcune ricerche e sopralluoghi. Insieme a Pierlino Bergonzi e Cristiano Maggi, nel luglio del 2018, aveva perlustrato il Monte Ronchi di Bardi, alla ricerca di reperti (poi trovati) di in areo caduto: un Vickers Wellington, un bombardiere della Raf.
Ci ha detto sua nipote Magda Censi, figlia della sorella perduta troppo presto:
“I racconti delle sue avventure nel mondo e quelli sulla storia delle nostre montagne resteranno nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di camminare insieme a lui. È stato un vero amico, ci hanno detto in molti, per noi è lo zio Franco e ci manca già immensamente. Sembra di sentire Don Giancarlo Biolzi che canta: Signore delle cime su nel paradiso lascialo andare per le tue montagne”.
Ne hanno fatto memoria in più occasioni: con una cerimonia il 13 agosto, prima che le sue spoglie mortali fossero deposte nel cimitero della sua Bore, il paese d’origine della sua famiglia, che lo aveva dato alla luce 72 anni fa. Franco era poi cresciuto a Fiorenzuola, alle case operaie di via Carducci.
Gli amici lo hanno ricordato anche con una camminata il 25 luglio da Metti di Bore a Bellagamba: c’erano 70 persone (oltre non si poteva andare, per ragioni di sicurezza). Tra i suoi amici ci sono i soci del Grac (Gruppo ricerca aerei caduti), oltre ai volontari del Museo della Resistenza di Sperongia, i Camminatori della Valtolla, la Pro Loco di Bore, le sezioni Anpi di vari territori.
Gli amici lo hanno ricordato anche camminando sulle sue orme. E a Franco sarebbe piaciuto. Lui, che dopo aver scalato da giovane il gruppo dell’Himalaya e dopo aver viaggiato per il mondo, negli ultimi anni - col suo passo tenace e mite - segnava il territorio dei suoi padri e dei Padri della Repubblica italiana. Lui, che era ansioso di poter partire per una nuova avventura - il cammino di Santiago - con l’amico Fausto Ferrari, col quale aveva dato alle stampe il libro “Sentieri escursionistici dell’alta Valdarda”.
Lui, ribattezzato comandante Pacio, persona laica e libera, “mangiapreti”, diceva di sé sorridendo, aveva in progetto di camminare verso le stelle: a Compostella, il campo delle stelle. Oggi Franco è forse una di quelle stelle, che non sta ferma e che ci guarda camminare quaggiù, sulle sue tracce. Lo vogliamo sperare.
L’ultima volta che ci vedemmo era il 4 marzo (Franco sarebbe mancato poco più di due settimane dopo): era un venerdì e ci incontrammo a distanza di sicurezza, con mascherina e senza poterci abbracciare. Ma bastavano gli occhi grigio-azzurri del Pacio a parlare. Mi consegnò il suo libro, fresco di stampa: i “Sentieri della Libertà”. Un titolo semplice e splendido. Con una dedica presa a prestito dalle parole di Piero Calamandrei:
“Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi con lo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre resistenza”.
Il libro di Franco verrà presentato sabato 12 settembre alle ore 21 a Castellarquato: nel cortile del Museo geologico Cortesi. Nel libro troverete mappe, foto indicatrici degli incroci, schede informative, immagini per riconoscere i profili dei monti e i loro nomi, ma anche documentazioni e testimonianze storiche, sui cinque sentieri partigiani che lui ha riscoperto dalla memoria: sono le stradine di montagna usate (e anzi spesso ricavate) dai partigiani della Divisione “Valdarda”. Franco, insieme ad un ristretto gruppo di amici tra cui Fausto Ferrari e Furio Ovali, li ha scoperti, tracciati, segnati.
Quello a cui è più affezionato è il sentiero di Giovanni Lo Slavo, il comandante partigiano ‘straniero’ che si innamorò di Valentina Maccini di Settesorelle (e la portò con sé in America rendendola sposa e madre) e che ebbe proprio Giacomo Sorenti come guida tra le colline dell’Alta Valdarda.
Il sentiero di Giovanni Lo Slavo è stato inserito anche nella guida nazionale edita dal CAI con RCS, pubblicata qualche anno fa. Franco ne era stato molto orgoglioso. Nel suo prezioso libro, ci sono poi i sentieri di Settesorelle – Luneto; Morfasso – Teruzzi; Guselli – Rocchetta. Ed un quinto che vedrete svelato nel libro. Franco li aveva generosamente condivisi anche su questo sito del Grac.
Conservava ancora il binocolo di suo padre Pipola e lo portava al collo, talvolta, quando accompagnava gruppi e scolaresche per quei sentieri. Un giorno accompagnò anche una mia classe (allora insegnavo all’Agraria di Fidenza) al Monte Lama e gli occhi degli studenti si accesero insieme ai suoi, a sentir parlare dei ribelli della montagna, dei lanci degli Alleati, della voglia di libertà di giovani di oltre 70 anni prima.
Con gli amici del Grac Franco aveva anche effettuato alcune ricerche e sopralluoghi. Insieme a Pierlino Bergonzi e Cristiano Maggi, nel luglio del 2018, aveva perlustrato il Monte Ronchi di Bardi, alla ricerca di reperti (poi trovati) di in areo caduto: un Vickers Wellington, un bombardiere della Raf.
Ci ha detto sua nipote Magda Censi, figlia della sorella perduta troppo presto:
“I racconti delle sue avventure nel mondo e quelli sulla storia delle nostre montagne resteranno nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di camminare insieme a lui. È stato un vero amico, ci hanno detto in molti, per noi è lo zio Franco e ci manca già immensamente. Sembra di sentire Don Giancarlo Biolzi che canta: Signore delle cime su nel paradiso lascialo andare per le tue montagne”.
Foto ricordo
Nota
Su queste pagine del Grac si parla di Franco Sorenti:
Le fotografie pubblicate su questa pagina sono tratte dagli archivi di Andrew Foster, Cristiano Maggi, Donata Meneghelli e Pierlino Bergonzi.
Pagina pubblicata il 26 agosto 2020