Monte Ronchi, Bardi, Parma. Vickers Wellington
Il Vickers Wellington fu costruito negli anni trenta dagli inglesi e trovò largo impiego, durante la seconda guerra mondiale, come bombardiere. Aveva due motori, una struttura geodetica della cellula in duralluminio ricoperta con tela laccata; lungo poco meno di venti metri, alto 5,3 metri con un'apertura alare di 26,30 metri, peso massimo al decollo 130 quintali. La velocità massima era di 400 km a 5000 metri e l'autonomia era di oltre 4000 km. L'armamento difensivo era costituito da sei ad otto mitragliatrici 303 Browning, 7,7 mm e trasportava oltre venti quintali di bombe. In operazioni l'equipaggio era composto da cinque/sei membri.
Premessa
La notizia di questo incidente il Grac l'ha assunta dal sito web tedesco www.lostaircraft.com anni orsono. Poi l'amico Antonio Cassani, dell'Associazione Traccie di Storia di Fidenza, ha inviato al Grac l'articolo apparso sulla Gazzetta di Parma il 17 agosto 2016 dal titolo "Quando nel 1943 un aereo britannico si schiantò contro il Monte Ronchi". Giunto il momento della ricerca s'è saputo, tramite un "giro" su internet, che questo aereo era già stato individuato da Francesco Sabini dell'Associazione Ricercatori Storico Aeronautica "Dogfight" (la ricerca di Sabini è visibile qui). A questo punto i componenti del Grac si son chiesti se era il caso di "ripetere" una storia già svelata. L'incertezza si è subito dissolta quando Cris ha fatto questa semplice considerazione: "I fatti storici non hanno proprietari, appartengono in eguale misura ad ognuno di noi. Il nostro sito poi non mira ad essere "specialistico", è rivolto a tutti e tratta svariati argomenti. Con più persone scrivono su uno stesso episodio tanto più esso si arricchirà di particolari e diventerà più chiaro e completo". Sotto i documenti tratti da www.lostaircraft.com.
L'incidente aereo
Il velivolo in questione è il Wellington serial number LN329, costruito dalla Vickers e appartenente alla Royal Air Force. Era in consegna al 37° Squadron, Middle East Command, della RAF. Il LN329 decolla alle 19:30 del 24 novembre 1943 da Djedeida in Tunisia (nota: l'orario aeronautico è sempre riferito all'ora GMT (Greenwich Mean Time), per cui in Italia era un'ora più tardi, due se in tempo di ora legale). Ai comandi di detto bombardiere c'è il Flight Lieutenant Rae Jessep Taaffe, pilota, s.n. 41502, neozelandese. Il resto dell'equipaggio é composto da: Flight Lieutenant Hedley William Fitch, 2° pilota s.n. J/3485, canadese; Flight Lieutenant Colin Havelock Wheatley, navigatore, s.n. J/16324, canadese; Flight Sergeant Denys William Croker, specialista, s.n. 922939, inglese; Sergeant William George Holme, mitragliere, s.n. 1325759, inglese; Sergeant John Shelton, mitragliere di coda, s.n. 1379941, inglese. Il bombardiere LN329 fa parte di uno stormo di 75 aerei, tutti Wellington e tutti decollati quella sera dalla Tunisia. Lo scopo della missione è di raggiungere Torino per mettere fuori uso una delle fabbriche Fiat tramite bombardamento massiccio. Il volo dei bombardieri prosegue regolarmente fino al traverso della Corsica, poi sul Golfo di Genova si presentano le prime avvisaglie del maltempo che avrebbero trovato. Con l'approssimarsi degli Appennini il tempo subisce un ulteriore repentino peggioramento. La formazione a questo punto è costretta a frammentarsi in piccole squadriglie e distanziarsi le une dalle altre per allontanare il pericolo di collisione. Ma anche questo espediente si rivela inadeguato per affrontare quella impressionante perturbazione atmosferica. Le squadriglie di coda, sentendo via radio le comunicazioni eccitate dei piloti sui velivoli di testa, che dichiaravano l'incapacità di mantenere la direzione causa i venti violenti, fanno in tempo ad invertire la rotta e rientrare alla base di partenza. Gli aerei più avanzati nel frattempo entrano nel cuore della tempesta, dove la violenza delle raffiche fa sinistramente scricchiolare le strutture dei Wellingtons. Ma ancor più pericolosa è la rapida formazione di ghiaccio sulle superfici portanti e sui piani di comando, capace di appesantire l'aereo e modificare i profili alari nel fare di pochi minuti, fino al blocco totale dei comandi quando il ghiaccio "salda" le cerniere fra le ali e gli alettoni. Per questi velivoli non ci sarà nessuna possibilità di scampo. Uno ad uno precipiteranno sulle montagne nella notte maledetta. Il LN329 si schianterà intorno a mezzanotte sul versante del Monte Ronchi che guarda Pilati. Il boato dello schianto sarà tale da essere udito da molti abitanti nei paesi sparsi nelle valli, nonostante fossero tappati in casa, la distanza dal punto e fuori ululasse la bufera. I sei giovani a bordo periranno all'istante. Dei 75 velivoli partiti dalla Tunisia solo una decina raggiungeranno l'obiettivo, ma solo tre di essi riusciranno a scaricare il loro carico bellico sull'obiettivo assegnato; gli altri sette non potranno sganciare in quanto le dense nubi sottraevano la fabbrica della Fiat alla vista dei puntatori. Alla conta finale mancheranno 17 bombardieri, tutti precipitati per condizioni meteo proibitive. Sarà una delle più gravi tragedie della RAF, e non per mano nemica.
Foto sopra a sinistra: Vickers Wellintons del 9° Squadron della RAF in volo nel 1938. Foto sopra a destra: catena di montaggio del Vickers Wellington MK1 a Brooklands nel 1939. Si noti la struttura geodetica della cellula, capace di conferire al velivolo una robustezza alle sollecitazioni aerodinamiche elevatissima. (Immagini tratte dal sito www.baesystems.com, giugno 2018)
I membri dell'equipaggio
L'equipaggio dell'aereo LN329 era composto da un neozelandese, due canadesi e tre inglesi; il più anziano aveva 31 anni. I corpi degli aviatori vennero seppelliti nel cimitero di Credarola e il Podestà locale volle attribuire a questi valorosi tutti gli onori. Successivamente, alla fine della guerra, gli alleati trasferirono le salme dal piccolo paese al Cimitero di Guerra di Milano, dove tutt'ora riposano. In rete il Grac ha trovato le fotografie dei due canadesi sul sito www.veterans.gc.ca, giugno 2018.
Foto sopra a sinistra: Flight Lieutenant Hedley William Fitch, sn J/3485, age 31, son of Hedley John and Rose Agnes Fitch; husband of Mary Bernadette Fitch, of Toronto, Ontario, Royal Canadian Air Force, 37° (R.A.F.) Sqdn. Foto sopra al centro: questo è lo scudetto della Royal Canadian Air Force che i piloti canadesi portavano cucito sul giubbotto da volo. Foto sopra a destra: Flight Lieutenant Navigator Colin Havelock Wheatley, sn J/16324, born June 20, 1919 Wilkie, Saskatchewan, Royal Canadian Air Force, 37 °(R.A.F.) Sqdn.
Il giorno della ricerca e del ritrovamento dei resti
Lunedì 16 luglio 2018, Cristiano, Franco e Pierlino arrivano a Porelli di Bardi, luogo di partenza studiato per l'inizio della ricerca. Secondo un copione che ha sempre dato buoni frutti, i tre cercano e trovano un abitante del luogo, cosa non scontata in quanto queste frazioni di montagna, seppur splendide, sono attualmente in stato di abbandono, come succede ovunque. La causa di questo spopolamento è principalmente dovuta alla miopia delle amministrazioni centrali e locali: tant'è. I ricercatori incontrano una signora anziana che è al corrente del fatto e anzi dice che da piccola era diventato un gioco, per i ragazzini di allora, andare alla ricerca dei frammenti del velivolo. La signora indica al gruppo di ricerca il luogo dove possono trovare i resti, ma siccome nei monti coperti da alberi non ci sono vie e numeri è praticamente impossibile dare un punto certo a voce. Ella suggerisce quindi di raggiungere l'ultimo paesino posto al termine della strada: l'abitato di Banzuolo, dove ci abita ancora una famiglia che di sicuro potrà indicare con precisione il luogo che stanno cercando quelli del Grac. Dopo aver ringraziato la gentile signora la comitiva arriva a Banzuolo, qui incontrano Francesco Sidoli, un signore sulla sessantina che indica la strada da seguire per arrivare al Wellington. Francesco si scusa di non aver tempo a portarli sul posto col suo fuoristrada perché è in partenza per incombenze personali. I tre indossano gli zaini, si armano di metal-detectors e si incamminano. Arrivano nell'area indicata da Francesco e iniziano a "scandagliare" il terreno sotto faggi maestosi. Passeranno alcune ore prima che Pierlino urli: "Trovato!". La visibilità nel sottobosco è pessima causa un cielo coperto di nubi nere e minacciose, tanto che i tre dovranno abbandonare in fretta e furia dopo meno di un'ora dal ritrovamento del primo pezzo, causa l'arrivo della pioggia battente. Indossati i parapioggia quelli del Grac rientrano a Banzuolo con premura, l'acqua che scende è davvero tanta ed è impossibile continuare il lavoro. Ritorneranno. Sotto le foto del paesino di Banzuolo e dei momenti della ricerca con i primi reperti rinvenuti.
La seconda ricerca sul lugo dell'incidente
19 luglio 2018, Cristiano e Pierlino hanno dedicato un'altra giornata alla raccolta di reperti del Wellington LN329. Sotto alcune foto scattate oggi lungo il percorso e le immagini dei frammenti rinvenuti.
"L'aereo di Monte Ronchi"
Nel libro dal titolo "Credarola, la mia parrocchia", 54 Deepfield Road, Bullbrook, Bracknell, GB, edito nel 2002, l'autore Domenico Rossi ha dedicato un capitolo all'incidente aereo qui trattato dal titolo "L'aereo di Monte Ronchi", che si trascrive integralmente di seguito. Il Grac ringrazia di cuore l'Autore. Si riporta il pensiero dell'Autore rivolto a quanti hanno permesso la realizzazione di quest'opera: "L'autore Domenico Rossi, il Parroco e i parrochiani di Credarola ringraziano infinitamente i due benefattori: Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e il Sig. Luigi Cantagalli, Presidente dell'Arti Grafiche Reggiane di Reggio Emilia, il cui congiunto contributo finanziario ha reso possibile la stampa di questa piccola opera che speriamo sia gradita ai lettori"
"Tempo fa scrissi parte di questo racconto sul giornalino bardigiano ''Il Valceno" che viene spedito in tutte le parti del mondo ove si trovano emigrati bardigiani. Letto in Canada da Adriano Chiappa, emigrato dei Pilati, destò pure in lui il ricordo e la curiosità di sapere su quella notte 24-25 novembre 1943.
La gente in quei tempi sapeva che l'aereo schiantatosi sul vertice del Monte Ronchi, apparteneva all'aviazione canadese. Perciò, stuzzicato dalla curiosità di approfondire la storia vera dell'aereo, Adriano interessò la figlia Anna a ricercare negli archivi dell'aviazione militare canadese, la provenienza di questo finora misterioso aereo del quale si conosceva solo la sua tragica fine. Anna ebbe un singolare colpo di fortuna e mi fornì la documentazione ufficiale per cui potei unire inizio e fine a questa saga, 37 anni dopo l'accaduto. Nella notte oscura e tempestosa del 24-25 novembre 1943, gli abitanti delle ville di Ronchi, Banzuolo e Porelli, riuniti davanti ai loro focolari, udirono il rombo di motori d'aereo a bassa quota. Coloro che si precipitarono fuori casa, dissero poi che volgendo lo sguardo verso il rombo dei motori, notarono la sagoma di un aereo che emanava fiamme dal retro e dopo pochi istanti udirono un grande boato mentre l'aereo si schiantava contro gli alberi alla sommità del Monte Ronchi. Nonostante la loro grande curiosità, non sfidarono la tempesta che imperversava, ma attesero l'alba prima di dirigersi sul monte. L'inizio di questo fatto si svolse il giorno 24 novembre, nella base aerea britannica di Djedeida in Nord Africa, ove la 37ma squadriglia di bombardieri "Wellington" veniva preparata per un'incursione notturna su Torino, decollando alle 19,30. L'equipaggio del nostro aereo, il "Wellington XLM 329" era formato di sei membri. Il capitano pilota, P.V. Taffe, neozelandese, il secondo pilota H.W. Fitch, canadese, il navigatore C.H. Wheasley canadese ed i mitraglieri D.N. Crocker, J. Sheldon, W.G. Holmes, britannici. Tutti giovani dai 21 ai 28 anni d'età." |
"L'aereo portava un carico di 44 bombe incendiarie ed un carico di carburante di circa 4000 litri. Dopo breve tempo dal decollo, la base ricevette rapporti di pesime condizioni climatiche che durarono per l'intera operazione. L'equipaggio di uno dei Wellington, proprio per queste condizioni fu costretto a paracadutarsi, mentre altri aerei ritornarono alla base, abbandonando la loro missione.
Il nostro Wellington XLM 329, a poco tempo dalla partenza, perdette contatto radio con la base ed il resto della squadriglia, forse per un'avaria alla loro radio trasmittente. Però, questi sei audaci giovani, soli ed isolati, incapaci di trasmettere o ricevere, proseguirono al compimento dei loro ordini verso la meta.
Il rapporto canadese del giorno definisce questo aereo scomparso per condizioni climatiche o per azione bellica nemica. Dalle testimonianze oculari che lo definirono in fiamme si potrebbe dedurre che fu colpito dalla contraerea italo-tedesca. Di certo è il fatto che non riuscì a scaricare il suo carico micidiale su Torino visto che le numerose bombe erano sparse sul Monte Ronchi dopo lo schianto.
La mattina del 25 novembre, era calma e soleggiata, definibile la calma dopo la tempesta. Come al solito, noi bambini delle elementari ci recammo alla scuola di Castagneto ove da giorni attendevamo l'arrivo di una nuova maestra. Gli alunni delle tre ville adiacienti al Monte Ronchi ci informarono sull'aereo precipitato durante la notte.
Visto che la nuova maestra non arrivava, la curiosità dei miei coetanei ci spinse ad organizzarci e recarci al luogo dello schianto, tranne per due di noi che la disciplina famigliare ci aveva proibito una tale gita. I nostri amici videro di certo il loro primo aereo a terra, ossia ciò che rimaneva di esso, e sparsi fra i rottami giacevano i corpi orribilmente mutilati dei sei membri dell'equipaggio. I nostri compagni ebbero a pentirsi per la loro curiosità dato che per mesi si svegliavano di notte avendo sognato quei cadaveri.
Alla prima luce del 25 novembre, anche gli uomini delle tre ville partirono verso la cima del monte per soddisfare la loro curiosità, ma furono profondamente turbati dallo spettacolo di tutti quei corpi straziati che trovarono. Dopo qualche ora la montagna si gremì di curiosi provenienti sia dal versante Valtoncina che dalla Valceno. Sul mezzogiorno arrivarono pure i militi repubblicani seguiti dalle autorità comunali di Bardi. Ci voleva tempo per arrivare dato che la strada rotabile finiva ai Cabriolini restando un tratto di circa due o tre chilometri in salita da affrontarsi a piedi per raggiungere la sommità del Monte Ronchi.
Il dottore Liborio Schittone, ufficiale medico del comune, era dell'opinione di seppellire i caduti immediatamente sul luogo per evitare ulteriori infezioni, ma il podestà Berni non fu concorde con lui dicendo, fino a ieri erano truppe nemiche, oggi sono esseri umani defunti e perciò degni di sepoltura dignitosa. Avendo preso questa decisione, si rivolse ai militari ordinando loro di ritornare in paese, requisire sei muli e sei bare portandole sulla montagna per sistemarvi i cadaveri degli aviatori.
All'arrivo delle bare, gli abitanti di Ronchi, Banzuolo e Porelli, attaccarono i buoi alle slitte e portarono le bare nel cimitero di Credarola ma non furono sepolte immediatamente dato che il nostro parroco, Don Dorino Ferrari, volle rendere a loro un servizio funebre in chiesa e lo fece il giorno seguente nel modo dettato dalla circostanza anche se non si conosceva se i defunti erano di fede cattolica."
Il nostro Wellington XLM 329, a poco tempo dalla partenza, perdette contatto radio con la base ed il resto della squadriglia, forse per un'avaria alla loro radio trasmittente. Però, questi sei audaci giovani, soli ed isolati, incapaci di trasmettere o ricevere, proseguirono al compimento dei loro ordini verso la meta.
Il rapporto canadese del giorno definisce questo aereo scomparso per condizioni climatiche o per azione bellica nemica. Dalle testimonianze oculari che lo definirono in fiamme si potrebbe dedurre che fu colpito dalla contraerea italo-tedesca. Di certo è il fatto che non riuscì a scaricare il suo carico micidiale su Torino visto che le numerose bombe erano sparse sul Monte Ronchi dopo lo schianto.
La mattina del 25 novembre, era calma e soleggiata, definibile la calma dopo la tempesta. Come al solito, noi bambini delle elementari ci recammo alla scuola di Castagneto ove da giorni attendevamo l'arrivo di una nuova maestra. Gli alunni delle tre ville adiacienti al Monte Ronchi ci informarono sull'aereo precipitato durante la notte.
Visto che la nuova maestra non arrivava, la curiosità dei miei coetanei ci spinse ad organizzarci e recarci al luogo dello schianto, tranne per due di noi che la disciplina famigliare ci aveva proibito una tale gita. I nostri amici videro di certo il loro primo aereo a terra, ossia ciò che rimaneva di esso, e sparsi fra i rottami giacevano i corpi orribilmente mutilati dei sei membri dell'equipaggio. I nostri compagni ebbero a pentirsi per la loro curiosità dato che per mesi si svegliavano di notte avendo sognato quei cadaveri.
Alla prima luce del 25 novembre, anche gli uomini delle tre ville partirono verso la cima del monte per soddisfare la loro curiosità, ma furono profondamente turbati dallo spettacolo di tutti quei corpi straziati che trovarono. Dopo qualche ora la montagna si gremì di curiosi provenienti sia dal versante Valtoncina che dalla Valceno. Sul mezzogiorno arrivarono pure i militi repubblicani seguiti dalle autorità comunali di Bardi. Ci voleva tempo per arrivare dato che la strada rotabile finiva ai Cabriolini restando un tratto di circa due o tre chilometri in salita da affrontarsi a piedi per raggiungere la sommità del Monte Ronchi.
Il dottore Liborio Schittone, ufficiale medico del comune, era dell'opinione di seppellire i caduti immediatamente sul luogo per evitare ulteriori infezioni, ma il podestà Berni non fu concorde con lui dicendo, fino a ieri erano truppe nemiche, oggi sono esseri umani defunti e perciò degni di sepoltura dignitosa. Avendo preso questa decisione, si rivolse ai militari ordinando loro di ritornare in paese, requisire sei muli e sei bare portandole sulla montagna per sistemarvi i cadaveri degli aviatori.
All'arrivo delle bare, gli abitanti di Ronchi, Banzuolo e Porelli, attaccarono i buoi alle slitte e portarono le bare nel cimitero di Credarola ma non furono sepolte immediatamente dato che il nostro parroco, Don Dorino Ferrari, volle rendere a loro un servizio funebre in chiesa e lo fece il giorno seguente nel modo dettato dalla circostanza anche se non si conosceva se i defunti erano di fede cattolica."
"Il giorno dell'interramento, la nostra chiesa era piena zeppa. Le sei bare furono poste lungo la navata della chiesa, ciscuna scortata da due militi repubblicani con armi presentate.
Terminate le esequie, ci dirigemmo verso il cimitero che distava circa mezzo chilometro dalla chiesa. Indubbiamente, tale processione sarà stata unica nella storia della nostra antica parrocchia di Credarola, dubito che sei persone siano mai state in precedenza interrate nello stesso giorno nel cimitero nuovo.
Nel cimitero si trovava pronta una fossa comune nella parte non consacrata, ove normalmente venivano interrati i bambini decessi senza il sacramento del battesimo.
Calate le bare nella fossa, si svolse un'azione che non si crederebbe possibile nella cattiveria della guerra: i militi repubblicani, schierati presso la fossa, resero ai caduti gli onori militari come fossero loro compagni. Forse aveva servito l'esempio umanitario del nostro podestà.
Riguardo ai resti dell'aereo, per primo scomparvero le mitragliatrici occultate da aspiranti partigiani, il cui movimento si stava organizzando. Salirono gli artificieri militari che disinnescarono le numerose bombe. I rottami dell'aereo, gradualmente scomparvero nelle successive settimane: i nostri contadini abituati alla scarsità di tutto non perdettero l'opportunità di riciclaggio finchè sul monte rimasero solo gli alberi falciati durante lo schianto.
Scomparse le parti servibili a qualche scopo, rimasero però numerose pallottole inesplose, sparpagliate ovunque sul monte che divennero una fonte di caccia al tesoro per noi bambini. La nostra fantasia ci portò ad un gioco piuttosto pericoloso: cioè di accendere un fuoco nel bosco gettandovi una manciata di pallotole, poi svelti al riparo in attesa delle esplosioni che ci divertivano un mondo.
Come testimoniammo noi parrochiani di Credarola, il rapporto dell'aeronautica canadese conferma che i militari addetti al recupero dei loro caduti arrivarono a Credarola nel dicembre 1945, disseppellirono le salme dei loro aviatori che furono trasportate al loro riposo eterno nel cimitero militare alleato di Milano."
Terminate le esequie, ci dirigemmo verso il cimitero che distava circa mezzo chilometro dalla chiesa. Indubbiamente, tale processione sarà stata unica nella storia della nostra antica parrocchia di Credarola, dubito che sei persone siano mai state in precedenza interrate nello stesso giorno nel cimitero nuovo.
Nel cimitero si trovava pronta una fossa comune nella parte non consacrata, ove normalmente venivano interrati i bambini decessi senza il sacramento del battesimo.
Calate le bare nella fossa, si svolse un'azione che non si crederebbe possibile nella cattiveria della guerra: i militi repubblicani, schierati presso la fossa, resero ai caduti gli onori militari come fossero loro compagni. Forse aveva servito l'esempio umanitario del nostro podestà.
Riguardo ai resti dell'aereo, per primo scomparvero le mitragliatrici occultate da aspiranti partigiani, il cui movimento si stava organizzando. Salirono gli artificieri militari che disinnescarono le numerose bombe. I rottami dell'aereo, gradualmente scomparvero nelle successive settimane: i nostri contadini abituati alla scarsità di tutto non perdettero l'opportunità di riciclaggio finchè sul monte rimasero solo gli alberi falciati durante lo schianto.
Scomparse le parti servibili a qualche scopo, rimasero però numerose pallottole inesplose, sparpagliate ovunque sul monte che divennero una fonte di caccia al tesoro per noi bambini. La nostra fantasia ci portò ad un gioco piuttosto pericoloso: cioè di accendere un fuoco nel bosco gettandovi una manciata di pallotole, poi svelti al riparo in attesa delle esplosioni che ci divertivano un mondo.
Come testimoniammo noi parrochiani di Credarola, il rapporto dell'aeronautica canadese conferma che i militari addetti al recupero dei loro caduti arrivarono a Credarola nel dicembre 1945, disseppellirono le salme dei loro aviatori che furono trasportate al loro riposo eterno nel cimitero militare alleato di Milano."
Milan War Cemetery
Come sopra detto le salme degli aviatori deceduti in questo incidente furono traslate a fine guerra nel Cimitero di Guerra Inglese di Milano. Sotto l'elenco dei militari morti e le coordinate delle tombe. (Dati tratti nel giugno del 2018 dal sito www.wikisicily.com/milano)
Il quarto Wellington ritrovato dal Grac
Questo velivolo è il quarto Wellington ritrovato dal Grac; come per gli altri tre la data della caduta è la notte del 24/25 novembre 1943 e, stando alle testimonianze e ai documenti, anche l'orario dovrebbe essere, minuto più minuto meno, lo stesso: attorno alla mezzanotte. Il motivo dell'incidente fu per tutti e quattro: "condimeteo avverse". Sotto i links per raggiungere le pagine degli altri tre aerei ritrovati.
Ancora un "rastrellamento" sul Monte Ronchi
Il 2 agosto 2018 Arrigo e Pierlino hanno compiuto un altro "rastrellamento" con i cerca-metalli per arricchire l'archivio del Grac. Oggi è stato rinvenuto il reperto più "prezioso" di tutte le uscite fin qui fatte: il quadrante dell'anemometro tarato in mph. Si tratta di uno strumento posto in cabina di pilotaggio che misura la velocità relativa dell'aeromobile tramite la pressione dinamica. Sotto le immagini della ricerca effettuata oggi e le foto degli oggetti ritrovati.
27 agosto 2018, di nuovo sul Monte Ronchi
Oggi Andrew, Arrigo e Pierlino sono ritornati sul luogo dell'incidente del Wellington alla ricerca di ulteriori reperti. La raccolta è stata soddisfacente. Il pezzo più interessante è uno strumento di segnalazione quantità carburante per serbatoi supplementari, che venivano riempiti per missioni di guerra a lungo raggio, come in questo caso. Ancora non si sono trovate colate metalliche che certificherebbero l'incendio riportato dai testimoni. A dire il vero il primo giorno di ricerca s'è recuperato un pezzo di plexiglas con il caratteristico annerimento da incendio. Probabilmente non s'è ancora individuato il punto esatto dove le temperature elevate fecero fondere i metalli. Sotto le immagini della giornata e gli oggetti rinvenuti.